Pascal Mannaerts è in costante movimento, una di quelle anime che trovano casa nell’esperienza del viaggio. Da quasi venticinque anni prende con sé un taccuino e una fotocamera e si avventura in viaggi indipendenti in tutto il mondo. Raggiunta la destinazione, Mannaerts si sposta con i mezzi di trasporto locali e si fa accompagnare da una guida solo se è strettamente necessario: in caso contrario fa da sé.
Autonomo anche nel suo percorso di apprendimento della fotografia, Mannaerts è un autodidatta spinto a impugnare la fotocamera dalla frenesia di immortalare le sue scoperte a spasso per il Pianeta e di catturarne l’essenza e la bellezza. A metà strada tra la fotografia di viaggio e quella documentaria, il lavoro del fotografo belga si concentra sull’essere umano, sulle interazioni con le persone e sulla rispettosa e attenta osservazione della loro cultura.
L'atmosfera travolgente della città di Varanasi
Tra le destinazioni ricorrenti di Mannaerts c’è l’India e, con l’India, la città di Varanasi. “La città di Varanasi, che conosco da quasi 25 anni, è uno dei miei luoghi preferiti sulla Terra”, ha raccontato il fotografo. “Mi sono recato in questa città per la prima volta nel 2000 – ha proseguito – e sono rimasto letteralmente sbalordito. Varanasi è uno dei luoghi che ho avuto la possibilità di visitare più volte ed è il posto che mi ha commosso di più. Ogni volta vivo la città con la stessa meraviglia e intensità, per la sua atmosfera, la spiritualità che si respira a ogni angolo della strada, il mistero, la sensazione di atemporalità, l’impressione di sentire qualcosa che appartiene a un altro livello”.
Quindici anni di fotografie tra le strade di Varanasi
A Varanasi Mannaerts ha dedicato un progetto fotografico durato quindici anni (2004-2019), che comprende scene di vita quotidiana, ma anche testimonianze o realtà molto specifiche di questo luogo che egli definisce “unico sulla Terra”. Nel sito del fotografo il progetto è introdotto da un suggestivo testo che riportiamo integralmente di seguito.
“Immaginatevi all’alba, persi in un labirinto di vicoli, quasi un chiaroscuro di una città medievale. Vi aggirate in strade strette e tortuose, chiedendovi cosa possa esserci dietro decine di porte socchiuse e senza nome che conducono al cuore di case risalenti a centinaia di anni fa. Misteriose sagome si muovono qua e là, drappeggiate in seta o avvolte in un lenzuolo bianco. Camminano in silenzio, tutte nella stessa direzione. Le seguite. In lontananza risuonano rintocchi di campane, il sacro Gange è da qualche parte in basso.
Sono le cinque del mattino e gli indù iniziano a prepararsi per fare il bagno o le abluzioni rituali. Camminate per le strade della città che si sta svegliando. Venite stregati dai canti sacri che risuonano in lontananza e non riuscite a individuarne la fonte. Una sensazione potente pervade la vostra mente quando vi rendete conto di essere arrivati nella più sacra delle città indù: Varanasi”.
Durante il suo primo viaggio in India, nel 2000, Pascal Mannaerts scattava con una fotocamera Nikon a pellicola. Quattro anni dopo visitava per la prima volta Varanasi, che lo avrebbe visto tornare regolarmente per quindici anni, talvolta accompagnato da un nuovo corpo macchina.
Al netto delle evoluzioni tecnologiche, la fotocamera di Mannaerts si è sempre rivelata curiosa e capace di scrutare ciascun dettaglio, aggirandosi a passo d’uomo in ogni arteria della città. Le immagini prodotte registrano volti, abiti tradizionali e piedi nudi che spesso camminano e a volte riposano.
Nelle vivaci composizioni collezionate nel corso di quindici viaggi c’è tutta la quotidianità di Varanasi, dai bagni rituali dei pellegrini nelle acque del sacro Gange all’alacre lavoro dei barbieri di strada.
Mannaerts punta l’obiettivo sulle innumerevoli persone incontrate, le “incornicia” con costruzioni colorate, muri dipinti, interni spogli o vicoli disordinati e scatta.
Nella sua immensa raccolta di ritratti ambientati c’è spazio per la gente del posto, per i pellegrini, per i sadhu. “Il sadhu – ha spiegato Mannaerts – è un personaggio centrale della religione indù, un asceta che rinuncia ai beni materiali per dedicarsi interamente alla sua vita spirituale. Simboli di distacco e sobrietà, i sadhu sono numerosi nella città di Varanasi e incontrarli può essere un’esperienza di grande ispirazione. Ricordo che in una mattina di pioggia, mentre le persone si riparavano sotto uno dei tetti lungo il Gange, un sadhu si distingueva dalla folla. Era in meditazione, imperturbabile dall’agitazione circostante”.
Alla nostra richiesta di descrivere nel dettaglio un’altra delle immagini che illustrano questo articolo, l’autore ha risposto raccontando come segue uno scatto risalente a giugno 2019 (pubblicato qui sotto). “Il governo indiano aveva deciso di demolire interi quartieri della città di Varanasi, che si trovavano dietro il Manikarnika ghat, il principale ghat di cremazione, per rinnovare l’area con costruzioni ultramoderne, in grado di accogliere pellegrini e turisti in modo più organizzato e confortevole. Interi quartieri sono stati rasi al suolo e i loro abitanti espropriati. Nella fotografia che ho scelto di raccontare, vediamo le rovine degli edifici appena distrutti e un uomo che rende omaggio al suo Dio in uno degli ultimi templi rimasti nel quartiere, che saranno presto restaurati”.
Sebbene Mannaerts conosca Varanasi a menadito, non c’è viaggio in cui non vi trascorra almeno dieci giorni, il tempo minimo necessario per godere – ancora una volta – del suo abbraccio misterioso, che profuma al tempo stesso di concretezza e spiritualità.
Ulteriori informazioni sul lavoro del fotografo Pascal Mannaerts sono disponibili sul suo sito parcheminsdailleurs.com.
Bio e contatti
Pascal Mannaerts (Bruxelles, 1978) è un fotografo freelance di base a Bruxelles. Spinto dalla sua inclinazione artistica e dalla grande voglia di viaggiare, ha scoperto la fotografia durante gli anni di studio e da allora registrare le avventure di viaggio è diventata una sua priorità. Sin dalla prima visita, nel 2020, Mannaerts ha provato una profonda ammirazione per l’India, in cui ha fatto spesso ritorno. I viaggi in Asia, Africa, America Latina, Nord Africa e Medio Oriente degli ultimi vent’anni gli hanno dato l’opportunità di ritrarre l’umanità nelle sue forme più forti e di vedere pubblicate le sue immagini da National Geographic, BBC, Geo, The Guardian, Le Guide du Routard, Lonely Planet, Médecins Sans Frontières e da molti giornali e riviste in tutto il mondo. Numerose mostre delle sue fotografie sono state organizzate a Parigi, in Belgio, Brasile e India, tra gli altri, da Alliance Française, Amnesty International e Les Maisons du Voyage.
Instagram: @pascalmannaerts
Sito: parcheminsdailleurs.com
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