Non sempre occorre una femme fatale per produrre fotografie dalle curve seducenti. Nel progetto intitolato The Fork, Filippo Drudi elegge la forchetta a protagonista dei suoi set fatti in casa, trasformandola con ingegno e perizia tecnica in una modella dalle personalità più inaspettate.
“Ci sediamo a tavola, riempiamo il piatto, e impugnamo una forchetta. Ognuno di noi ripete questa operazione almeno 2 volte al giorno, 730 volte all’anno. Ma quanto è stato complicato, per questo oggetto, ottenere tale posto d’onore?”. Quello che avete appena letto è l’incipit della brillante presentazione con cui l’emiliano Filippo Drudi introduce The Fork, il suo progetto fotografico realizzato con la complicità di una “modella” da sempre benvoluta nel panorama fotografico. Alla portata di tutti, valorizzata da pochi, da quasi un secolo la forchetta offre la sua sinuosa silhouette all’obiettivo di curiosi osservatori più o meno noti, passando dalla tavola di André Kertész ai cassetti aperti di Wright Morris, per finire tra le mani della prolifica Francesca Woodman, in uno dei suoi celebri autoritratti. Tutt’altro che demodé, la modella a più punte resta in auge anche anche in epoca postmoderna e contemporanea, pungolando la vena astrattista della pittrice e fotografa americana Jan Groover, la creatività surrealista dello spagnolo Chema Madoz e l’inventiva di una sconfinata distesa di amatori della fotografia analogica e digitale che ambiscono a sfidare con l’ingegno la complessità delle composizioni essenziali. Già, perché la forchetta si accaparra la scena, convive di rado con altri elementi e concede una fetta di gloria solo al suo affascinante lato oscuro, l’anima gemella a cui è indissolubilmente legata: la sua ombra.
Un approccio formale
Filippo Drudi studia la forchetta con scrupolosità, ne coglie l’eleganza, ne apprezza la simmetria e ne ipotizza la natura femminile, affascinato dalla sinuosità delle semplici linee di cui si compone. L’autore, attraverso un uso consapevole della luce, regala al suo soggetto un’incredibile varietà di look, in un tripudio di “personalità” che mai ci aspetteremmo di vedere interpretate da un oggetto di uso comune. E se lo slogan inglese “All the Gear No Idea” tormenta molti fotografi appassionati ben equipaggiati dal punto di vista dell’attrezzatura, ma a corto di spirito di inventiva, il backstage di The Fork è una fiume di creatività in piena, un ammirevole esempio di ingegno fotografico e di valorizzazione delle risorse a disposizione nello spazio limitato di un piccolo monolocale condiviso. Lampade da lettura, sciarpe rosse, quaderni, rotoli di carta igienica, scatole per le scarpe, nastri telati e carta da origami: la lista di supporti, sfondi e diffusori alternativi non manca di originalità, e Filippo Drudi fa scuola sull’arte di arrangiarsi, nonché sulla capacità di scovare utili accessori fotografici negli oggetti ai quali siamo soliti attribuire destinazioni d’uso poco attinenti alla fotografia. Insomma, se la “modella” può trovarsi nel cassetto della cucina perché non cercare validi assistenti nel resto della casa? Abbiamo contattato telematicamente l’autore, al quale abbiamo chiesto di descrivere la realizzazione di una selezione delle immagini di The Fork. La galleria completa del progetto è disponibile sul sito web filippodrudi.com
The Fork #5
“La parte più interessante di questa fotografia è, a mio avviso, la manipolazione dell’ombra, ottenuta modificando la superficie sulla quale essa veniva proiettata. Lo sfondo in piega è un quaderno a righe aperto, al quale ho sovrapposto un foglio da disegno bianco”, spiega l’autore. “Il disegno che si è generato mi è parso un carattere orientale, un ideogramma tracciato da un pennello che ho provato a enfatizzare tramite un vivace sfondo colorato. Ho ottenuto la tonalità rossa posizionando un gel dello stesso colore davanti a una torcia LED collocata a destra del soggetto. La focale impiegata mi ha consentito di evitare lo schiacciamento dei piani tipico dei teleobiettivi e di evidenziare la sinuosità delle forme. In postroduzione mi sono limitato ad applicare un filtro graduato per uniformare la luminosità dello sfondo”.
The Fork #28
“Per realizzare lo sfondo di questa immagine ho utilizzato un pannello di polistirolo – racconta Drudi – al quale ho sovrapposto un foglio bianco da disegno in formato A2 e un ritaglio di forma circolare di carta rossa da origami. Ho infilzato i rebbi della forchetta sui tre strati, in modo da farle mantenere la posizione desiderata. La tonalità gialla deriva da un foglio di carta da origami colorato posto davanti a un softbox 21×29,7cm fatto in casa e montato su una comune lampada da scrivania. Il punto di ripresa era talmente vicino da far sì che il manico della forchetta poggiasse sul bordo dell’obiettivo. Ho ottenuto la striscia nera in basso con un cartoncino nero a contatto con i rebbi, in modo da scongiurare qualsiasi riflesso. Ho scelto di abbinare un obiettivo 15-45mm a una fotocamera APS-C per avere la possibilità di ridurre la distanza di messa a fuoco e ottenere una discreta profondità di campo. Ho ottimizzato l’immagine effettuando un focus stacking di tre scatti e accentuando la linea di alteluci gialle che percorre il bordo inferiore della base dei rebbi in Adobe Photoshop”.
The Fork #9
Per Filippo Drudi, l’ideazione di questa immagine è stata molto semplice e immediata, al contrario della realizzazione che è stata una vera epopea. “Ho collocato la forchetta su un foglio bianco in formato A2, del quale ho incurvato l’estremità più vicina alla fotocamera verso il basso, e quella più lontana verso l’alto, a simulare un vero e proprio sfondo fotografico. Ho illuminato la parte inferiore con una lampada da lettura alla quale ho applicato un gel rosso, mentre per la parte superiore ho utilizzato un softbox fatto in casa e una gelatina blu. Ho optato per un punto di ripresa più basso rispetto al soggetto per ottenere l’illusione ottica di una linea orizzontale netta che separasse due superfici di colore differente.
La porzione di forchetta visibile in questa fotografia misura circa 5cm, che ripresi con un teleobiettivo e un tubo di prolunga sono difficilmente gestibili dal punto di vista della profondità di campo. Con l’aiuto di un calcolatore ho determinato la lunghezza focale ideale e la distanza sulla quale regolare la messa a fuoco. Dopo aver scattato ho ritagliato l’immagine e ho ottimizzato la nitidezza servendomi del timbro clone di Photoshop, strumento del quale mi sono potuto avvalere solo grazie alla natura grafica e bidimensionale della fotografia (sarebbe stato impensabile definire con questo procedimento i contorni di qualsiasi altra immagine)”.
- reflex full frame Nikon D610
- Nikkor 28-300mm f/3,5-5,6 a 210mm
- 5 secondi
- f/36
- 200
- treppiedi, telecomando e tubo di prolunga da 36mm
The Fork #7
In The Fork #7 la forchetta è in equilibrio su un foglio da disegno bianco poggiato su un rotolo di carta da cucina, in modo da creare una superficie curva che deforma l’ombra conferendole, ancora una volta, un aspetto orientaleggiante. Da qui deriva la scelta di proiettare un cerchio rosso sullo sfondo costituito da una scatola per le scarpe in ombra. Precisa Filippo: “Ho ottenuto lo spot con una torcia LED, una gelatina rossa e uno snoot fatto in casa con un rotolo di carta igienica. La luce principale, invece, è proiettata dall’alto da una lampada da lettura con testa a LED”.
- reflex full frame Nikon D610
- Nikkor 16-35mm f/4 a 35mm
- 0,4 secondi
- f/22
- 200
- treppiedi e telecomando
The Fork #17
Il trapezio nero nella parte superiore di questo fotogramma altro non è che una porzione di una lampada da scrivania a incandescenza, alla quale si deve la luce arancione visibile lungo il bordo inferiore del trapezio stesso. “Sul tavolo – narra l’autore – “ho creato una base d’appoggio con una cartellina di plastica rossa che rifletteva la luce della lampada sulla forchetta tingendola dello stesso colore. Ho piazzato a destra del soggetto una seconda lampada da scrivania, schermata da un panno arancione, per modificare la tonalità delle alteluci sui rebbi della forchetta, mentre lo sfondo, ancora una volta, è un foglio bianco di carta da disegno illuminato da una torcia LED con gelatina blu. In postrpoduzione sono intervenuto sulle tonalità tramite Adobe Lightroom: utilizzando lampade casalinghe con temperature colore differenti questa operazione si rende necessaria per ottenere i colori desiderati”.
Uno degli ingegnosi set allestiti da Filippo Drudi sfruttando oggetti di uso comune per contestualizzare e illuminare il soggetto.
Lo scatto, che riprende il backstage di The Fork #28, mostra un softbox fatto in casa, assemblato con cartone e nastro telato. Drudi precisa che in questa foto la forchetta non toccava l’obiettivo come invece indicato nella descrizione che l’autore ha fornito dell’immagine, in quanto la fotocamera era in standby al momento dello scatto e l’obiettivo era ritratto.
Bio
Filippo Drudi nasce a Rimini, nel 1985, e l’arte entra presto a far parte della sua vita: chitarrista da bambino, studia composizione in conservatorio e lavora come web designer e grafico freelance. Decide di dedicarsi completamente alla fotografia quando scopre il proprio equilibrio nella pratica di questa disciplina, tra i volumi di un’encicolpedia Kodak degli Anni ’80. Frequenta online i corsi della Bryan Peterson School of Photography e perfeziona l’apprendimento sotto la guida del fotografo americano Joe Baraban. Nelle sue immagini cerca colore ed energia, provando a trasformare sempre l’ordinario in qualcosa di sorprendente. I suoi progetti Chimere Urbane e Numeri sono stati esposti al Si Fest Off, nel 2014, e al Fotoconfronti Off, nel 2015.