Una barena intera, di Matteo de Mayda, è uno dei quattro lavori inediti della collettiva Nuova Generazione. Sguardi contemporanei sugli Archivi Alinari, esposta presso la Project Room di Camera – Centro italiano per la Fotografia (Torino) fino al 4 febbraio 2024.
La mostra è figlia di un progetto finalizzato a far dialogare l’immenso archivio fotografico della Fondazione Alinari – che comprende attualmente cinque milioni di fototipi – con l’approccio di alcuni protagonisti della fotografia contemporanea. Matteo de Mayda, Silvia Rosi, Giovanna Petrocchi e Leonardo Magrelli sono stati chiamati a esplorare il materiale degli Archivi per poi generare un lavoro personale, nuovo e attuale. Matteo de Mayda ci ha raccontato il processo creativo di Una barena intera, il suo progetto realizzato nella laguna di Venezia.
Cos’è una barena?
Una barena è un habitat essenziale della laguna di Venezia. Si tratta di un isolotto di fango creato dall’accumulo di detriti trasportati dai fiumi che sfociano nella laguna. Questi isolotti sono importantissimi perché offrono riparo alla flora e all’avifauna – che proprio in queste aree sverna, nidifica e si accoppia – oltre a depurare l’acqua bloccando i soggetti inquinanti e a proteggere la città di Venezia dal moto ondoso. Attualmente è in corso un grave processo di erosione delle barene per via dell’escavo dei canali portuali e della deviazione dei fiumi che sfociano nella laguna, da ricondurre a questioni puramente commerciali. Questa serie di elementi mi ha indotto a concentrarmi sulle barene e sul loro ruolo importante per l’ecosistema lagunare.
In passato avevi già dedicato il tuo lavoro alla laguna di Venezia, pubblicando anche il libro “Era mare” nel 2019. Nell’analisi degli archivi Alinari hai fatto una ricerca mirata e quindi compatibile con i tuoi interessi tematici?
Gli archivi Alinari sono immensi, dunque occorre decidere da che parte cominciare. Avere tanto materiale a disposizione è stimolante e il progetto lasciava massima libertà di espressione agli artisti coinvolti. D’altro canto, tanta libertà può spaventare, specialmente se il tempo a disposizione è ridotto, così ho preso una decisione e ho scelto di occuparmi di Venezia perché è la città in cui vivo. Spesso nel mio lavoro mi appoggio a istituzioni, associazioni o università che hanno un approccio scientifico alle tematiche ambientali. Nel caso di questo progetto ho iniziato a dialogare con We are here Venice – un’associazione con sede a Venezia che si occupa di ambiente e della conservazione del capoluogo veneto – che mi ha fornito delle letture sulla laguna che mi hanno spinto a concentrarmi sulle barene.
Per realizzare il tuo progetto hai potuto consultare solo materiale digitale o hai avuto modo di accedere fisicamente agli archivi?
Entrambe le cose. Abbiamo fatto delle visite ed è stato molto interessante. Gli archivi Alinari sono stati acquisiti due anni fa dalla Regione Toscana e da allora sono diventati pubblici. La Regione aveva messo a disposizione una villa nella quale depositare l’intero archivio, ma è stato calcolato che il peso delle lastre e di tutto il materiale fotografico avrebbe sfondato il pavimento. Così si è optato per uno spazio fuori Firenze, chiamato Art Defender, una specie di bunker con porte blindate e ossigeno controllato per evitare eccessi di umidità e garantire perfette condizioni di conservazione delle opere. Questo, sebbene le archiviste siano molto preparate e disponibili, limita l’accesso all’intero archivio perché al momento il materiale è ancora accumulato in montagne di scatoloni. Solo una parte ridotta è stata digitalizzata e mi pare di aver sentito che ci vorranno tre generazioni per digitalizzare tutto. Ad ogni modo ho fatto due visite con il supporto delle archiviste e poi ho proseguito con la ricerca online.
E quindi ti sei fatto indirizzare dalle archiviste verso il materiale relativo a Venezia?
Sì, ma sbagliando, nel senso che cercando nell’archivio foto legate a Venezia saltavano fuori immagini di ponti, di gondole, di canali: tutti soggetti lontani dal mio campo d’interesse. Con un po’ di tempo, però, sono riuscito ad aggiustare il tiro. Avendo scelto di lavorare sul tema della barena sono stato messo in contatto con Alessandro Sartori, un ornitologo che collabora con We are here Venice e che mi ha raccontato tante storie sugli uccelli che abitano la laguna. La laguna di Venezia è il sito italiano più ricco di avifauna se si prendono in considerazione non solo gli esemplari stanziali, ma anche quelli in transito durante i periodi di migrazione e svernamento.
Sartori mi ha spiegato che i censimenti degli uccelli sono importanti indicatori dello status delle barene e della laguna. A quel punto ho capito che avrei potuto basare la mia ricerca negli archivi sugli uccelli anziché limitarmi al territorio circoscritto di Venezia. Ho trovato così una serie stupenda realizzata da Coburn, un fotografo inglese di fine Ottocento che ha riprodotto in studio e fotografato degli habitat di uccelli e ho selezionato, con il supporto di Sartori, le immagini di Coburn che rappresentano le specie che effettivamente vivono o transitano nell’area della laguna di Venezia.
Il progetto si presenta in due output differenti. Ce li racconti?
Inizio con una premessa: le foto del progetto sembrano scattate da un drone, ma in realtà le ho realizzate da terra per non perdere i piccoli dettagli come le caratteristiche della flora, le impronte delle zampette degli uccelli, i rifiuti. Nella Project Room di Camera ho esposto una barena intera, proprio come dice il titolo del progetto, disponendo a terra tutti i tasselli, mentre sulla parete ci sono diverse specie di uccelli stampati su dei tessuti. Ho deciso poi di creare una seconda versione, ossia dei dittici, più pratici sia per gestire al meglio lo spazio all’interno del catalogo, sia per l’acquisizione da parte dell’Archivio, che potrà poi esporre comodamente le otto opere scelte in qualsiasi altro contesto. Nei dittici ho affiancato delle sezioni di barena a foto di uccelli di Coburn, basandomi semplicemente su quelle che mi sono sembrate delle assonanze visive.
Come hai ottenuto le inquadrature zenitali se non con il drone?
È stato complicato. Raggiungevo le barene accompagnato in barchino e scattavo con una reflex Canon Eos 5D Mark IV e una lunghezza focale di 35mm, muovendomi in una quantità d’acqua variabile. Inizialmente avevo pensato di recarmi sul posto con un treppiedi, indossando degli stivaloni per poi piantare dei paletti e creare una griglia precisa con dei fili per suddividere la scena da fotografare. L’idea si è presto rivelata assurda, perché le barene sono fatte di fango e dal momento in cui iniziavo a fotografare a quello in cui finivo (un arco di tempo di circa tre o quattro ore) la barena in cui stavo lavorando era completamente cambiata in funzione della marea e si creavano delle vere e proprie sabbie mobili. Ho usato comunque i paletti, ma non in modo così preciso: ho apprezzato il fatto che le barene mutassero continuamente e mi piaceva che alcune irregolarità si vedessero anche nelle foto. Mi sono concentrato proprio sui confini indefinibili delle barene e delle rotte migratorie degli uccelli.
Grazie a questo lavoro ho scoperto che gli ornitologi tracciano le rotte percorse dall’avifauna ed è stato entusiasmante per me sapere, ade sempio, che di recente sono stati identificati nella laguna uccelli provenienti dall’Ucraina. In mostra a Torino c’è un poster che arriva dagli archivi Alinari e ritrae un ibis sacro, che è un uccello originario dell’Egitto attualmente molto presente a Venezia per la scarsa presenza di predatori e per l’enorme disponibilità di cibo generata dai rifiuti dei turisti.
Raggiungevi i luoghi da fotografare in barchino. È fattibile per chiunque, o è un’area protetta e accessibile solo dietro richiesta di autorizzazione?
Le barene sono libere e accessibili a tutti, ma l’acqua è molto bassa e se non si è abbastanza esperti si rischia di incagliarsi. Il capitano delle esplorazioni lagunari di We are here Venice, Pietro Scarpa, è uno skipper che conosce a menadito la laguna e mi ha saputo condurre nei punti giusti.
Ti piace immaginare che in futuro qualcun altro possa mettere mano a Una barena intera aggiungendo una terza personalità a questo progetto?
Sarebbe molto bello. Io stesso mi sono emozionato pensando di lavorare sulle immagini di un fotografo di oltre cent’anni fa, specialmente in considerazione del fatto che il personale stesso degli archivi Alinari ha trovato solo tre album degli uccelli fotografati in studio da Coburn. Sarebbe una gran cosa se qualcuno rileggesse e rielaborasse in futuro il mio lavoro, anche se non nascondo le mie intenzioni di portarlo avanti anche in prima persona dopo aver scoperto tante tematiche che mi piacerebbe approfondire, ad esempio la flora delle barene.
Nuova Generazione. Sguardi contemporanei sugli Archivi Alinari, è un progetto di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia e FAF Toscana – Fondazione Alinari per la Fotografia, a cura di Giangavino Pazzola e Monica Poggi, finalizzato all’incremento del patrimonio fotografico pubblico attraverso la committenza di progetti inediti a quattro giovani artisti. Il progetto è vincitore di “Strategia Fotografia 2022”, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura per promuovere e sostenere la ricerca, i talenti e le eccellenze italiane nel campo della fotografia.
Qualcosa in più su Matteo de Mayda
Matteo de Mayda (1984, Treviso, Italia) vive a Venezia. La sua ricerca visiva è focalizzata su cause sociali e ambientali. Ha esposto il suo lavoro presso la Biennale di Venezia, MUFOCO, la Triennale di Milano, Camera Torino e il Design Museum di Londra. Nel 2019 ha pubblicato Era Mare, un libro sul fenomeno dell’acqua alta a Venezia. Nel 2020 è stato selezionato da ARTRIBUNE come miglior giovane fotografo italiano dell’anno. Nel 2021 è stato uno dei FUTURES talent selezionati da CAMERA (Centro Italiano per la Fotografia) e ha vinto l’Italian Sustainability Photo Award (ISPA) con There’s no calm after the storm. Nel 2022 ha vinto il British Journal of Photography International Award. Le sue immagini sono state pubblicate su quotidiani e riviste italiane e internazionali, tra cui The New York Times, Financial Times Magazine, Internazionale, Zeit e Vogue.