Una mostra nella città di Como accosta l’opera di Plinio il Vecchio, pensatore dell’antichità, a quella di Mario De Biasi, grande fotogiornalista del Ventesimo secolo. Un confronto tra le sensibilità di due autori che diventa un dialogo tra due modi di raccontare il mondo.
Gli anniversari sono sempre buone occasioni per riscoprire o celebrare un autore. Quest’anno cade il bimillenario della nascita di Plinio il Vecchio e il centenario di quella di Mario De Biasi, storica firma del fotogiornalismo italiano. Ma, al di là delle coincidenze, la mostra appena inaugurata a Como – città natale di Plinio e conosciuta bene da De Biasi – traccia dei parallelismi tra i due che indicano come la penna dello scrittore e l’occhio del fotografo siano stati entrambi al servizio della storia.
Dai grandi eventi epocali, passando per le vite degli uomini di potere e delle dive del cinema, fino alle meraviglie naturali: Mario De Biasi – Naturalis Historia ricorda che il ruolo del cronista, oggi come ieri, è mettere la conoscenza a disposizione della propria generazione e trasmetterla a quelle future. Eugenio Bitetti, direttore della Galleria 70 di Milano e curatore della mostra comasca assieme a Massimiliano Mondelli, offre qualche spunto per leggere un accostamento tanto inedito quanto ricco di senso.
Plinio il Vecchio raccontò il mondo e la storia ai suoi contemporanei e a molti intellettuali delle generazioni successive. A sua volta Mario De Biasi documentò luoghi ed eventi epocali come la rivolta ungherese del 1956. È lecito considerare la mostra come un dialogo tra 'colleghi' a distanza di due millenni?
È più che lecito. In fondo Plinio ha cercato di fare con la parola esattamente ciò che De Biasi ha tentato con l’immagine, rendere partecipi i propri contemporanei della complessità e meraviglia del Creato in tutti i suoi aspetti descrivibili, gratificando al tempo stesso il proprio inesauribile desiderio di conoscere. Cambiano gli strumenti, ma lo spirito e il modo di procedere sono gli stessi. E anche gli episodi cruciali: Plinio con l’eruzione del Vesuvio nel 79 dopo Cristo che segna la fine della sua esistenza, De Biasi con quella dell’Etna nel 1964, documentata la quale riesce a tornare miracolosamente vivo tra gli uomini. Chi crede nella metempsicosi non troverebbe forse stravagante ritenere che De Biasi sia stato la reincarnazione di Plinio, anche per la singolare coincidenza delle rispettive date di nascita: 23 dopo Cristo l’uno, 1923 dopo Cristo l’altro.
Con la sua Naturalis Historia Plinio portava alla scoperta della natura e delle scienze attraverso le parole, mentre le fotografie in mostra offrono un viaggio di scoperta attraverso le immagini. Come è nata l'idea di realizzare un progetto espositivo che associa due linguaggi tanto diversi tra loro?
Nel 2007 tenni la prima mostra di Mario De Biasi nella mia galleria. A lui sarebbe piaciuto che esponessi le foto sulla natura, che gli erano particolarmente care, cosa che accettai volentieri di fare. Preparando l’esposizione, mi resi facilmente conto della stringente affinità che correva tra il lavoro di De Biasi e quello di Plinio, per i motivi che ho sopra indicato, e decisi di intitolare la mostra Naturalis Historia. L’anno scorso Massimiliano Mondelli, presidente dell’Accademia Pliniana di Como e a sua volta spirito estremamente pliniano, mi chiamò dicendo di aver rintracciato il catalogo di quella mostra e di aver avuto l’idea di organizzare, su larga scala, un evento con la stessa impronta per il bimillenario di Plinio, che si celebra quest’anno. Silvia De Biasi, figlia del fotografo e curatrice dell’Archivio Mario De Biasi è stata entusiasta dell’idea e così è nata la mostra di Como.
Fotogiornalisti come De Biasi hanno potuto contare sulla stampa periodica per fare circolare i loro scatti. Oggi che l'informazione stampata sta scomparendo e spesso si sorvola sulla distinzione tra i servizi fotografici professionali e quelli amatoriali, quale futuro attende il reportage? Forse una migrazione verso i circuiti dell'arte contemporanea?
Il mondo va verso una stagnazione sempre più priva di sussulti. La storia si è fatta prevedibile, oggi un evento come la presa della Bastiglia sarebbe impensabile, ed è prevedibile anche il modo in cui questa storia viene raccontata. Narrare gli eventi attraverso l’immagine statica richiede capacità compositive e artistiche che gente come De Biasi o Capa possedevano, capacità che ci ha consegnato, più che testimonianze, icone storiche. Oggi i filmati, che sono lo strumento principe di narrazione, sono tutti uguali.
Dalla guerra del Golfo all’Ucraina cambiano solo i colori delle esplosioni. Una migrazione del fotogiornalismo verso l’arte contemporanea? Già c’è. Rassegne come il World Press Photo, di fatto una mostra fotografica che ogni anno propone insurrezioni, carestie, disastri climatici e simili attraverso lavori selezionati in base a criteri non dichiaratamente ma evidentemente estetici o estetizzanti, ne sono la chiara dimostrazione.
L'intelligenza artificiale è in grado di creare proprie narrazioni, ma solo attingendo a quanto già messole a disposizione dall'uomo. Non sarebbe stata in grado di pensare a un dialogo tra Plinio e De Biasi, se non dopo esservi stata 'costretta' da un essere umano. Anche alla luce delle esperienze della Galleria 70, è l'ibridazione tra narrazioni apparentemente non correlate il futuro della divulgazione della storia dell'arte e della cultura fotografica?
In scienza e in arte tutto è correlato, basta saper vedere i collegamenti. Plinio ha molto in comune con Leonardo, Leonardo con Dante, quindi per la proprietà transitiva potremmo riscontrare anche affinità tra Dante, Plinio e De Biasi. Infatti Dante considera presupposto dello stato di beatitudine la contemplazione, anche più dell’amore, e la contemplazione quale sommo strumento di conoscenza è il motore esplicitamente dichiarato nell’opera di Plinio e di De Biasi. L’intelligenza artificiale non mi interessa. Spero solo di non dover vedere la maturazione dei suoi funerei frutti.
Pensando alla fotografia, quali altri autori si prestano a un dialogo con i pensatori del passato remoto?
Si prestano a un dialogo con i pensatori del passato remoto tutti quegli autori la cui opera esprime il senso del sacro, elemento quasi del tutto scomparso dall’arte contemporanea. L’arte, e con essa la fotografia, è una manifestazione del profondo sentire dell’uomo, e quindi del sacro, esattamente come lo sono le idee dei grandi pensatori del passato. Un’arte che funziona per diagrammi di aggiudicazioni e NFT non può avere alcun dialogo con la civiltà umana propriamente detta, il cui corso sembra essersi arrestato bruscamente una trentina di anni fa. In fotografia, autori del tipo che ho tratteggiato esistono ancora, ma sono pochissimi. E i pochissimi che lavorano con la mia galleria sono di tale genere.