Con il libro intitolato "I Wanna Be An Influencer" Nicola Tanzini indaga sulla relazione tra la figura contemporanea dell’influencer e le recenti trasformazioni che interessano l’esperienza turistica.
Quali sono le mete turistiche scelte dagli influencer? Come reagiscono i follower (seguaci) alla scelta di tali destinazioni?
Prendendo in esame la rete virtuale di Instagram, l’autore del libro I Wanna Be An Influencer si concentra sulla capacità degli influencer – termine prevalentemente utilizzato nell’ambito delle strategie di comunicazione e marketing – di conquistare una popolarità tale da renderli capaci di influire sul comportamento e sulle scelte di un gruppo di utenti che interagiscono con il social network.
Nello specifico Tanzini (Pisa, 1964) analizza il fenomeno della mutazione delle mete turistiche e della fruizione delle stesse in base alle scelte effettuate dai personaggi di riferimento della rete. Il fotografo ha viaggiato per i luoghi più ricercati dagli influencer, e tramite una serie di appostamenti mirati, ha documentato il continuo susseguirsi di avventori a caccia dello scatto perfetto o, per meglio dire, congruo a quanto già ampiamente diffuso e approvato sul web. Tanzini ha registrato, in sostanza, il dietro le quinte delle gallerie Instagram più cliccate, rivelandone la realtà nuda e cruda.
Sono proprio i riferimenti spaziali a dettare il ritmo del libro: lo stesso luogo, immutato, si ripete per gruppi di pagine consecutive, restituendoci una prova tangibile del conformismo, quasi ossessivo, con cui i pellegrini della realtà parallela replicano un’immagine standardizzata. In quel luogo, ben lontano dal concetto di originalità e scelta individuale, sfilano figure che sembrano aderire a un rigido protocollo: il soggetto, perlopiù di giovane età, è accompagnato solo dal proprio smartphone o, nel migliore dei casi, da una vera e propria squadra di lavoro che include, talvolta, persino un fotografo professionista; le pose si somigliano, le inquadrature si ripetono. Il processo si conclude con la pubblicazione sulla piattaforma social, nella speranzosa attesa di una buona dose di consenso e popolarità.
Nel testo introduttivo di Benedetta Donato, curatrice del volume, ci si imbatte in una riflessione sull’instagrammabilità di un luogo, un valore per molti imprescindibile durante la scelta della destinazione di un viaggio. È il caso di notare, infatti, che i luoghi di destinazione eletti dagli influencer, o aspiranti tali, non hanno nulla a che fare con le mete turistiche tradizionalmente intese: il solo scopo del viaggio consiste nella dimostrazione, fotografica, di esser stati in quel posto. Donato sottolinea come il più delle volte il turista contemporaneo sia del tutto disinteressato a conoscere davvero il luogo, la sua cultura, le radici su cui poggia la sua identità. Ciò che conta è che il luogo sia riconoscibile dallo sguardo collettivo di Instagram.
Proprio sul concetto di sguardo collettivo interviene Vincenzo Nocifora, Professore Associato di Sociologia del turismo presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Roma “La Sapienza”. Il testo di Nocifora racconta la transizione da un assetto – quello del XVIII e XIX secolo – che mostrava interesse per le opere della cultura classica e per i caratteri paesaggistici di un determinato tipo di località a una situazione che privilegia – nel XX secolo – una sorta di indifferenza localizzativa.
In altre parole, oggi, ciò che attrae il potenziale turista non è più il sito in sé, ma il numero di persone che frequentano quel luogo e con le quali il turista stesso si identifica. “Il luogo – riflette Nocifora – viene ridotto a mera quinta teatrale, la cui ragione di esistere sembra essere soltanto quella di fare da sfondo, di essere etichettato per incorniciare l’esperienza degli aspiranti influencer”.
Ecco che dozzine di soggetti si alternano ai piedi dello Yick Cheong (celebre complesso di edifici popolari di Hong Kong), con una ripetitività esasperante, comprovata dalla noncuranza con cui la gente del posto prosegue nelle faccende quotidiane a due passi dal set. Digitando #yickcheongbuilding nel campo di ricerca di Instagram, su smartphone, si raggiunge una galleria che ha dell’inquietante, una specie di catalogo di prodotti in cui si passa da un modello all’altro, con un semplice scroll; lo sfondo è sempre uguale a sé stesso, e dopo qualche tap è monotonia. Non ci è dato sapere quanti sguardi si soffermano davvero sui soggetti, sulle persone; ciò che è certo è che il web pullula di blog che snocciolano consigli sugli itinerari più ambiti, e che mettono in fila le tappe obbligate, gli angoli instagrammabili fuori dal circuito turistico.
Ce n’è per tutti i gusti, persino percorsi confezionati ad hoc per chi dispone di poco tempo ma proprio non può, e non deve, rinunciare a una sessione di riprese condensata in aree urbane piccole ma ricche di sfondi acchiappaclick.
Tra queste, gli affollati campi da basket del Choi Hung Estate di Hong Kong, o i murales firmati Alex Croft che costeggiano la Hollywood Road nella stessa città. I turisti del web immortalati da Tanzini frequentano garage, aree portuali e depositi anonimi, ma senza rinunciare alle destinazioni internazionali più tradizionali di sempre, posando davanti al Colosseo, alla Fontana della Barcaccia di Piazza di Spagna (Roma) o alla celebre torre pendente di Pisa.
Per confezionare le 110 immagini di I Wanna Be An Influencer Tanzini scatta esclusivamente in bianconero, prendendo le distanze dall’universo dei filtri, del ritocco e delle alterazioni cromatiche in cui i suoi soggetti si destreggiano quotidianamente. L’autore si limita alla registrazione oggettiva della scena, vale a dire di ciò che resta celato agli occhi del pubblico, tagliato fuori dalle accurate composizioni con cui i fotografi più o meno improvvisati si adoperano per esaltare a dovere i loro modelli. Si lavora sodo per ottenere uno scatto che appaia rubato, spontaneo, ma sui social, si sa, di spontaneo c’è ben poco.
Ci si domanda, dunque, qual sia lo scopo di questo complesso e dispendioso procedimento volto a produrre immagini già ideate e abbondantemente riprodotte da altri. Per esporre il proprio punto di vista sull’argomento Alice Avallone, esperta di etnografia digitale, parte dall’analisi della relazione affettiva che si instaura con la tecnologia, e in particolare con lo smartphone. La studiosa, autrice del terzo e ultimo intervento testuale compreso nel libro, individua la propulsione del meccanismo imitativo nel desiderio di approvazione e inclusione che conduce le masse a fare un uso sempre più frequente dei social media. Protagonisti e osservatori rincorrono il sogno della felicità, della fiducia in sé, ma c’è da chiedersi se sia davvero questa la strada da percorrere per soddisfare sinceramente il proprio bisogno di appartenenza. I Wanna Be An Influencer offre, in tal senso, un ottimo spunto di analisi e riflessione.
Titolo I Wanna Be An Influencer
Autore Nicola Tanzini
A cura di Benedetta Donato
Testi di Alice Avallone, Vincenzo Nocifora
e Benedetta Donato
Formato 20x30cm
Fotografie 110 in bianco nero
Pagine 144
Lingua italiano e inglese
Prezzo 30 euro
ISBN 978-88-572-4844-8
Editore Skira
La copertina di I Wanna Be An Influencer è in cartoncino rigido viola, a tinta unita, mentre i risguardi – vale a dire gli interni di copertina, la prima e l’ultima pagina – presentano una sfumatura che va dall’arancio, al fucsia. I colori corrispondono esattamente alle cromie del logo di Instagram, e in un libro in cui il ruolo del social network è centrale supponiamo non si tratti di una pura coincidenza.
Il dorso misura 2cm, e la quarta di copertina ospita la riproduzione di una delle fotografie pubblicate all’interno del volume, in formato 13x9cm. Le 114 immagini in bianconero, stampate su una carta dalla grammatura importante, sono inframezzate dai testi a cura di Benedetta Donato, Vincenzo Nocifora e Alice Avallone.