Un video su TikTok, divenuto virale per caso, stravolge l’identità di una regione cinese al confine col Tibet. Xiangyu Long indaga con la sua fotocamera, il reportage si afferma in diversi premi internazionali ed è adesso in mostra al Festival della Fotografia Etica di Lodi.
Nel novembre 2020 il fotografo cinese Boge gira un video di sette secondi e lo pubblica su Douyin (la versione cinese dell’applicazione TikTok): dopo una manciata di ore il post è virale e il suo protagonista – un giovane pastore tibetano dall’aria innocente – si trasforma in uno dei più acclamati influencer di sempre.
Nel breve girato il diciannovenne Tenzin Tsondu, ormai meglio conosciuto come Ding Zhen, indossa abiti tradizionali e sorride timidamente a una videocamera che, da programma, avrebbe dovuto riprendere suo fratello Nima, improvvisamente obbligato a mancare l’appuntamento con il fotografo. L’aspetto innocente di Ding Zhen, incorniciato dal paesaggio incontaminato dell’altopiano del Sichuan, nella Cina sudoccidentale, ha fatto breccia nei cuori di numerosissimi utenti social facendo schizzare alle stelle la copertura dei profili del ragazzo alimentata dall’attività degli stessi fan. I follower di Ding Zhen, infatti, si adoperano spontaneamente per promuovere il loro idolo attraverso una strutturata strategia di incessante condivisione, che prevede continue pubblicazioni e rilanci dei contenuti che lo riguardano.
Di pari passo con il fenomeno della frenetica mobilitazione degli “ammiratori virtuali”, vale la pena di analizzare l’inatteso impatto sociale, culturale e persino economico che l’improvviso successo della giovane star ha avuto sulla sua terra d’origine, ossia la contea di Litang nella prefettura autonoma di Ganzi (Cina).
Mentre i giovani locali cercano notorietà emulando le abitudini social del loro nuovo idolo, l’intero assetto socio-culturale della contea sta letteralmente adeguando la propria identità alle moderne tendenze mediatiche, tanto da arrivare ad alterare persino le più radicate usanze tradizionali. Basti pensare, a tal proposito, alla neonata abitudine di festeggiare compleanni e organizzare feste, introdotta solo di recente nella cultura di Litang con il preciso scopo di riprendere gli eventi e trasmetterli in rete per ottenere visibilità, ricevere regali in denaro o per promuovere la vendita diretta di prodotti locali all’esercito di insaziabili fan a caccia di esotico.
L’improvviso aumento del flusso di visitatori, curiosi di esplorare di persona il mondo di Ding Zhen, ha dato un nuovo impulso alla macchina del turismo, aprendo nuove frontiere lavorative per i residenti pronti a improvvisarsi guide turistiche o a reinventare le loro abitazioni nell’ottica dell’accoglienza da offrire ai forestieri.
La popolarità di Ding Zhen va probabilmente attribuita al fascino che la minoranza tibetana esercita nell’immaginario degli Han, gruppo etnico maggioritario della Repubblica popolare cinese. Agli occhi di molti cittadini cinesi, infatti, il Tibet appare come una terra mistica e romantica, la cui tradizione culturale resta sconosciuta ai più. La questione TikTok ha dunque avviato un proficuo scambio culturale sino-tibetano, e moltissime persone si sono scoperte desiderose di immergersi in una realtà diversa e inesplorata, studiandone la storia, la lingua e le radici.
Eccoci dunque testimoni di un inevitabile paradosso: mentre nel pubblico dei social media monta l’interesse per la genuina diversità di popoli lontani, le minoranze etniche si adoperano per adeguarsi al mainstream, spesso rinunciando proprio a quelle peculiarità culturali che ne delineano l’identità.
Su questa doverosa premessa si innesta TikTok nella regione del Kham, il progetto fotografico che ha permesso al fotografo Xiangyu Long – cinese di origine tibetana – di rientrare tra i finalisti della categoria Master del World Report Award 2022. Si tratta di un lavoro di fotografia documentaria realizzato a partire dal 27 agosto 2021 nelle terre che hanno dato i natali al giovane influencer tibetano.
Di seguito la nostra intervista con l’autore, le cui fotografie sono esposte nell’ambito della tredicesima edizione del festival della Fotografia Etica di Lodi dal 24 settembre al 23 ottobre 2022.
Come è nato questo progetto fotografico?
Ho sentito della città natale di Ding Zhen e dell’attenzione pubblica rivolta al territorio di Kham da un amico che svolgeva un’attività di volontariato nel paese.
Cosa ti ha spinto a puntare l’obiettivo sulle persone e sulle situazioni che hai deciso di fotografare?
Prima di tutto mi piace documentare le conseguenze della modernità, e in particolare la sovrapposizione e la metamorfosi delle identità di gruppo nell’era della globalizzazione. È risaputo, oggigiorno, che i social media sono in grado di plasmare la realtà sia virtualmente, sia fisicamente. Lavoro su progetti in cui molte persone potrebbero rispecchiarsi a prescindere dalle loro origini e dal loro background culturale. Inoltre sono di origine tibetana, e sono cresciuto in Tibet. Questo mi ha spinto ad affrontare il progetto TikTok nella regione del Kham come un narratore che racconta una situazione “da dentro”, vivendone un’esperienza diretta.
A proposito dell’impatto dei social media sulla realtà, credi sia possibile trovare un punto di equilibrio tra la crescita economica di Litang e la conservazione delle usanze e delle tradizioni locali?
Sebbene sia difficile fare previsioni rimango positivo a tal proposito. La maggior parte dei fan di Ding Zhen che hanno visitato il paese sono abbastanza consapevoli delle conseguenze della loro presenza e dell’influenza esercitata sulla popolazione autoctona. A differenza dei turisti tradizionali queste persone sembrano mostrare più rispetto e predisposizione ad apprendere abitudini e usanze locali.
Il nuovo approccio "social" degli abitanti di Litang ha agevolato il tuo lavoro?
Il contrario, piuttosto. Ci sono voluti tempo e pazienza per esporre il progetto ai locali e ottenere il loro permesso per la realizzazione degli scatti. La ragione principale risiede nel fatto che loro stessi hanno ormai sviluppato una spiccata consapevolezza dei risvolti positivi o negativi che un contenuto visivo può provocare. Ormai gli abitanti del Kham considerano le loro immagini come strumenti indispensabili per una proficua attività pubblicitaria, dunque all’inizio hanno rifiutato l’idea di essere fotografati. Con il tempo sono riuscito a familiarizzare e a mescolarmi con le persone del posto, che solo allora mi hanno concesso di entrare nella loro vita, fotocamera alla mano.
Se dovessi scegliere lo scatto più significativo tra quelli pubblicati in questo articolo quale sarebbe?
Sicuramente la fotografia in cui compaiono due donne, una delle quali spazzola i capelli dell’altra in una cucina. Credo che questa immagine rispecchi al meglio le dinamiche del paese, mostrando entrambi i gruppi protagonisti della nuova realtà di Litang.
La fotografia è stata scattata nella cucina di LaMu mentre aiutava XiaoXing, una fan che visita spesso la contea, a vestirsi e acconciare i capelli come fanno le donne del posto. XiaoXing è una delle numerose visitatrici disposte a fare del proprio meglio per mescolarsi con la gente del luogo e assimilarne la cultura immergendosi nel fantastico sogno nomade.
La cucina, che nel Kham ha una funzione simile a quella del soggiorno nelle altre culture, rappresenta uno spazio intimo nonché un luogo di ritrovo per familiari e amici stretti. Attualmente i turisti sono diventati una presenza costante nelle cucine locali, e quindi un elemento distintivo che conferisce unicità a questo paese rispetto a tutti gli altri.
Puoi dirci qualcosa della suggestiva luce di questa immagine?
L’intero progetto è stato realizzato con il solo utilizzo della luce ambiente, e il fascio luminoso di questa fotografia entrava da un’apertura nel soffitto, tipica delle cucine del Kham. Negli ambienti domestici vengono bruciate le fronde degli alberi insieme al letame degli yak attraverso una fornace che produce il riscaldamento necessario all’abitazione. Nei primi minuti dall’accensione si genera un fumo intenso, che trova sfogo nell’apposita apertura del soffitto. Al mattino, nei giorni soleggiati, i raggi di luce si fanno strada attraverso la fessura, proprio come è accaduto mentre scattavo questa fotografia.
Bio
Xiangyu Long è un fotografo tibetano, nato e cresciuto nella Prefettura Autonoma di Aba, in Cina. Attualmente vive tra Chengdu e Shanghai. Xiangyu ha studiato al College of Chemical Engineering, presso l’Università di Zhejiang. Dopo la laurea, si è trasferito in Africa meridionale e ha lavorato in Zambia e Tanzania per mezzo decennio come consulente amministrativo nel campo della cooperazione. Nel 2016 si è trasferito in Spagna e ha proseguito gli studi in fotografia presso L’Institut d’Estudis Fotogràfics de Catalunya. Nel 2019 ha ricevuto una borsa di studio dall’Università di Scienze Applicate e Arti di Hannover per approfondire i suoi studi nel campo della fotografia documentaria. Questo progetto è stato premiato con il Picture of The Year International (POYI) Asia ed è stato esposto all’Hellerau Photography Portrait Award, in Germania. Il suo lavoro si concentra sulla sovrapposizione e la metamorfosi delle identità di gruppo in un mondo globalizzato.