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Home CULTURA INTERVISTE

Paolo Baccolo: videomaker “calibrato”

L'Ambassador EIZO che spazia dalla ripresa video alla postproduzione

Jessica Barresi di Jessica Barresi
10 Gennaio 2023
in INTERVISTE
Paolo Baccolo all’opera durante una delle rare sessioni all’aperto, in cui si avvale della sola luce naturale
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Regia, montaggio, postproduzione e talvolta anche ripresa. Paolo Baccolo vive di immagini in movimento, è determinato, eclettico e sempre al passo coi tempi. La competenza che lo contraddistingue lo ha portato a emergere nel settore commerciale, oltre che a collezionare una serie di prestigiosi titoli, tra cui quello di Ambassador per aziende del calibro di EIZO, Acer, Wacom e di Istruttore Certificato per Adobe.

Paolo Baccolo racconta storie lavorando rigorosamente dietro alla camera da presa, con le cuffie sulle orecchie e lo sguardo sul display, o almeno così era fino a oggi. Infatti, abbiamo chiesto a questo versatile professionista dell’imaging di passare anche dall’altra parte della videocamera, per poter spuntare dalla lista di cose strane fatte nella propria carriera la casella “operatore, regista e intervistato di uno stesso video”. Il videomaker tuttofare ha simpaticamente accettato di chiacchierare con FOTO Cult a proposito del suo lavoro, in una videointervista di cui pubblichiamo un estratto in questo stesso articolo. Una volta impostato il fuoco, controllato l’audio e attivata l’applicazione per il controllo remoto da smartphone, Paolo Baccolo si è accomodato davanti all’obiettivo e ha risposto alle nostre domande. È filato tutto liscio? Chiaramente no, e il volenteroso “one-man-band” si è trovato a dover ripetere una risposta per via di una misteriosa interruzione della ripresa. D’altronde gli imprevisti sul set sono all’ordine del giorno, e questo nostro piccolo esperimento non fa che confermare, con ironia, l’importanza del lavoro di squadra di cui Baccolo parla a più riprese nel testo che state per leggere.

Chi sei, cosa fai e come ti collochi nel mondo dell’imaging?

La definizione è quella che dovrei dare ai miei genitori quando mi chiedono: “Che lavoro fai?”.
Sono un professionista dell’imaging, e mi definirei un videomaker un po’ evoluto. Dopo impercettibili trascorsi nel mondo della fotografia, ho cominciato a occuparmi di video, e il resto non mi interessa. Conosco il 3D, conosco l’immagine statica ma ciò su cui mi piace lavorare è l’immagine in movimento. Nel mondo del video sento nelle mie corde le operazioni di postproduzione, di montaggio, di editing e di regia. Mi piace tenere la camera in mano e spesso mi improvviso operatore per qualche scena anche quando non è previsto.

Per Adobe sei un Istruttore Certificato e non un Ambassador. Qual è la differenza?

Un Istruttore Certificato è riconosciuto a livello mondiale, e sostiene dei veri e propri esami che ne attestino oggettivamente la preparazione. Questi test vanno ripetuti periodicamente per dimostrare di essere al passo con i continui aggiornamenti dei software. In Italia siamo solo due Istruttori Certificati su Premiere Pro. Un Ambassador, al contrario, non viene necessariamente selezionato sulla base della sua preparazione e, se vogliamo, potrebbe essere paragonato a un influencer più che a un istruttore. Alcuni Ambassador vengono scelti per il loro carisma, altri per il loro portfolio. Io stesso sono Ambassador per EIZO, Acer e Wacom.

Paolo Baccolo sul set durante alcune riprese in studio.

Nel tuo portfolio, diversi video contengono riprese aeree: le realizzi personalmente?

Non effettuo riprese aeree per lavoro, ma le faccio per gioco, in vacanza. Non ho la patente, quindi all’occorrenza lascio l’onere ai colleghi più preparati.

Sul set fai tutto da solo?

Neanche per sogno. L’ho fatto in passato, ma non è più tempo. Se si vuole crescere è indispensabile farlo insieme a qualcuno. Ho una società con tre amici, soci e colleghi di vecchia data senza i quali non sarei in grado di gestire il set, che in certi casi ha richiesto la collaborazione di più di venticinque persone.

Paolo Baccolo sul set durante alcune riprese in studio.

Parlaci dell’attrezzatura con cui lavori. Usi obiettivi anamorfici?

Secondo me dietro questa domanda c’è lo zampino di Emanuele (Costanzo, direttore di FOTO Cult, n.d.r.). Credo che abbia pensato: “Mettiamoci qualcosa di esoterico: gli obiettivi anamorfici”. Gli obiettivi anamorfici hanno un fascino e un’impronta molto caratteristici, ma io mi occupo principalmente di brand, video corporate, aziende, e per il tipo di lavoro che faccio è difficile far accettare l’idea di un obiettivo anamorfico. O si fa Science Fiction – e non è il mio caso – o si cerca di essere più aderenti alle richieste del mercato e, perché no, anche a quello che fanno gli altri. Il video – anche se è brutto da dire – si basa spesso su dei cliché. Se fossi stato io a dovermi fare una domanda mi sarei chiesto piuttosto: “Utilizzi luci sul set?”.

Ti accontentiamo subito: utilizzi luci sul set?

Le luci, insieme alla macchina e all’obiettivo, sono la cosa che più conta sul set. A parte l’audio, che è altrettanto importante, la luce permette di raccontare il soggetto, di illuminare una scena. Senza luci si fa una ripresa delle vacanze. Vero è che molti realizzano degli ottimi reportage o produzioni di altro genere girando esclusivamente in luce naturale, ma per i miei lavori la luce artificiale serve, così come è necessario un direttore della fotografia e il risultato deve essere quasi patinato.

Quanto ti occupi di fotografia?

Un gran poco. Non scatto con una fotocamera da qualche anno, ammetto di averla rimpiazzata con il cellulare per quanto riguarda la mia vita privata. Ma se per fotografia intendi quella video, sul lavoro mi limito a dare qualche consiglio ai direttori con cui collaboro. Faccio il regista, il montatore, l’operatore, ma mai il direttore della fotografia.

Di recente le videointerviste si servono prevalentemente di inquadrature laterali: di rado chi parla viene ripreso frontalmente. Per quale ragione? È una questione di tendenze? Si tratta dei cliché di cui sopra?

Vero, la tendenza di oggi è quella, ed è difficile osservare un’inquadratura grafica, geometrica, centrale, che sembra prestarsi solo per i contenuti social. La ragione è semplice: le persone che raccontano una storia hanno bisogno di qualcuno con cui interagire, con cui scambiare un’opinione. Se l’interlocutore, anche fuori campo, sorride è probabile che il protagonista del video sia indotto a sorridere a sua volta. Per chi non è abituato a essere intervistato questo tipo di approccio è più sostenibile. Per tirar fuori un racconto sincero va esclusa, chiaramente anche l’alternativa del famoso gobbo, che compenserebbe eventuali vuoti di memoria dell’intervistato, ma eliminerebbe al tempo stesso quelle incertezze che fanno parte del racconto vero e trasmettono una sensazione di spontaneità.

Paolo Baccolo sul set durante alcune riprese in studio.
Video per corporate e business

Paolo Baccolo si occupa prevalentemente del settore corporate e business, gestendo la regia, il montaggio, l’editing, la postproduzione e, talvolta, la ripresa. Lavora con una videocamera Canon Eos C200 e una C300, entrambe con ottiche cine. Come accade per la fotografia, anche quando si tratta di riprese video è opportuno gestire al meglio l’illuminazione per ottenere un risultato professionale.

Video e postproduzione: quali sono le basi?

Dieci anni fa le basi consistevano nella conoscenza delle camere e dei tre o quattro software disponibili al tempo. Oggi non importa più a nessuno delle basi della postproduzione, tutto è guidato dal contenuto, si lavora con il cellulare, spesso si monta con le app del telefono. Tutti possono fare video, e l’aspetto positivo è che in questo modo circolano più idee. TikTok, popolare piattaforma social dedicata al video, è un esempio lampante di come oggigiorno l’idea geniale sia prevalente rispetto all’interesse e alla cura della postproduzione.

Quali software utilizzi?

Premiere Pro, After Effects, Photoshop. Ogni tanto sconfino in DaVinci, ma quando desidero una color di un certo tipo preferisco passare il mio video montato con Premier Pro a un colorist professionista. I miei montaggi sono tutti fatti con Premiere Pro, mi integro bene con il mondo Adobe, ma oggi davvero si può montare con qualsiasi cosa.

Cose che un videomaker deve sapere su un monitor.

Un monitor, per un videomaker, dovrebbe essere una delle poche certezze nella vita insieme alla morte e alle tasse. La camera si cambia, gli obiettivi anche, i treppiedi si rompono, gli amici passano, ma il monitor deve durare. È l’unico strumento che ci dà la certezza di ciò che stiamo facendo. Posso illuminare al meglio la scena, ma se visualizzo con colori poco fedeli, saturazione alta, o contrasti esagerati non va bene, perché ciò che vedo a monitor non corrisponde alle mie aspettative, e questo può tramutarsi in una vera e propria perdita del lavoro. Io voglio in sala di montaggio esattamente ciò che avevo sul set. Lavoro con un EIZO CG318 e un CG319X. Quest’ultimo lo porto sul set e lo utilizzo come monitor di controllo per far sì che tutto corrisponda in fase di montaggio.

Paolo Baccolo con il suo monitor EIZO CG319X

Perché investire migliaia di euro in un monitor se il 95% della gente non sa nulla di gamma e colore?

Non penso alla gente. Investo in un monitor perché è quella la mia certezza. Non importa se il cliente non ha idea di cosa io stia facendo, io devo lavorare al meglio delle mie possibilità. Preferisco un obiettivo in meno e un monitor affidabile.

Casi aneddotici sul lavoro?

L’anno scorso, il giorno del mio compleanno – che è il 23 settembre – abbiamo concluso un lavoro impegnativo per un brand importante che coinvolgeva una campionessa olimpica e aveva richiesto tre giorni di trasferta. Arrivato in studio ho iniziato a scaricare il materiale e mi sono reso conto che mancavano due schede, tra cui quella della camera principale contenente anche la traccia audio. Per cinque ore sono stato convinto di averle perse, ho cercato ovunque, ho chiamato i colleghi, la palestra. L’idea di rifare tutto da capo era improponibile. Stavo per chiamare il cliente, ho spostato il telefono e il computer portatile ed eccole lì: le schede disperse erano sempre state sotto il mio naso, o meglio, sotto il computer con cui stavo lavorando.
Ancora non mi è mai successo di perdere un lavoro ma so che, statisticamente, potrebbe capitare. Faccio sempre il backup sul set, scrivo su due schede per ogni camera e copio ogni scheda due volte su due hard disk che vengono presi in custodia da due persone diverse perché l’imprevisto è dietro l’angolo: si può dimenticare lo zaino da qualche parte e il lavoro sparisce.

Paolo Baccolo sul set durante alcune riprese in studio.

Progetti per il futuro?

Il futuro l’ho già fatto. Da poco ho aperto una società con tre amici, per la precisione prima colleghi e poi amici. Ci chiamiamo Frameout, siamo una piccola casa di produzione e postproduzione che si occupa di immagine a 360°, principalmente per clienti corporate e business. Il mio progetto per il futuro è far crescere la società, perché questo è esattamente ciò che avrei voluto fare. L’unica carriera alternativa che avrei immaginato sarebbe stata identica a quella che sto portando avanti ma spostata sul fronte audio, altra mia grande passione.
Vorrei lavorare con clienti grandi, cambiare spesso e interfacciarmi con persone capaci di darmi di più a livello di desiderata del cliente. Sono proprio le aziende più esperte a poter vantare delle figure professionali che hanno maturato un’ampia visione del brand e ne conoscono perfettamente le necessità. Queste persone sono in grado di identificare immediatamente ciò che può funzionare e di tagliare via con l’accetta ciò che non reputano idoneo, e questa collaborazione è fondamentale, perché tante volte i creativi si affezionano alle immagini. La presenza di qualcuno che sappia criticare un lavoro con schiettezza è decisiva e aiuta molto nella crescita professionale.
Concludo con un altro grande progetto per il futuro, che è quello di raggiungere una situazione che mi consenta di demandare alcune lavorazioni e dedicarmi alla regia e al coordinamento più che al montaggio e alla ripresa.

Paolo Baccolo

Bio

Paolo Baccolo, milanese d’adozione, è nato nel 1979 a Desenzano sul Garda (BS), dove è anche cresciuto. Fino a qualche tempo fa era ritenuto da amici e colleghi “il nerd del gruppo”, oggi si definisce un “boomer che smanetta un po’ più degli altri”. È nel mondo del video da sempre, sia nella produzione, come montatore e come editor, sia nella divulgazione e formazione insieme ad Adobe. Da circa un anno ha aperto insieme a tre colleghi/amici la casa di produzione Frameout.

frameout.studio

Questa con Paolo Baccolo rientra nel piano di interviste d’autore realizzate da FOTO Cult con il supporto di EIZO Academy. L’iniziativa voluta da EIZO – di alto valore tecnico e culturale – vede protagonisti studiosi e professionisti dell’imaging di fama internazionale. Gli incontri di EIZO Academy, che nel recente passato hanno giocoforza conosciuto un grande sviluppo online, sono volti a offrire un ambito di discussione e condivisione aperto a tutti con modalità interattiva.

Per restare aggiornati sui prodotti e sulle iniziative EIZO è possibile iscriversi alla newsletter e ricevere via mail tutte le comunicazioni riguardanti le ultime novità. Info al link 

eizo.it/newsletter

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