"La mia macchina fotografica amplifica le possibilità del reale, come in un caleidoscopio puntato sul mondo. Scatti simili ma sempre diversi, originali e non riproducibili vengono impiegati per costruire quadri e tasselli, dove l'uno diventa doppio, triplo, multiplo". – Maurizio Galimberti –
Nel suo ultimo libro, Il mosaico del mondo, Maurizio Galimberti scrive più volte che se potesse mangerebbe le sue fotografie, perché le immagini sono nutrimento per lo spirito. Di fatto il fotografo brianzolo, classe 1956, ha mangiato arte per anni, si è alimentato dell’opera di maestri della pittura, della fotografia, della letteratura, della musica, del design. Questa nutriente scorpacciata ha contribuito allo sviluppo del suo stile personale, della sua visione ricercata e inconfondibile, e dei suoi irriproducibili mosaici a base di fotografia istantanea. Sono opere dinamiche, prodotti della sua celebre tecnica della moltiplicazione, procedimento che scompone un soggetto per poi riassemblarne alcuni dettagli ripetuti con fare quasi ossessivo, in una composizione che strizza l’occhio al futurismo.
Il mosaico del mondo è un libro autobiografico, un’alternanza ben ritmata di aneddoti di vita privata e lavorativa e riflessioni a briglia sciolta sull’arte in generale e sulla pratica fotografica in particolare, considerazioni che sembrano dare in pasto al lettore un diario personale, una sorta di confessionale creativo in cui l’autore ragiona apertamente sul suo metodo, sul suo approccio alla realtà e al processo comunicativo attraverso le immagini. Nei tredici capitoli del volume a cura di Denis Curti, l’artista, nato a Como con cognome Bregaglio, ci porta a braccetto tra le pagine della sua vita, partendo dai vortici emotivi della sua infanzia, passando per la stanza buia del suo orfanotrofio e per la soglia del palazzo di casa Galimberti (nome della sua famiglia adottiva) al cospetto di un portone per lui carico di significato e sormontato, ironia della sorte, da un mosaico a parete.
Maurizio Galimberti considera il mosaico che ritrae Johnny Depp il suo personale “talismano”. Realizzata avendo solo quaranta scatti a disposizione questa opera unica ha acquisito, per il suo autore, un particolare valore per svariate ragioni. Tra le tante, è curioso farne emergere una: il fatto che molte volte gli osservatori confessino di non aver notato, a un primo sguardo, che l’attore indossa gli occhiali solo per metà delle pose.
La lettura scorre fluida in un percorso di incontri, una successione di stimoli, sorprese e imprevisti che il fotografo fronteggia con brillantezza e velocità quando necessario, con pazienza e riflessione quando possibile.
Saltellando tra i tasselli della sua carriera Galimberti cattura il lettore con succulenti aneddoti di problem solving che riguardano i backstage dei servizi più disparati, dal suo famoso ritratto a mosaico del tenebroso Johnny Depp, alla sessione improvvisata in onore dell’attrice Milena Vukotic, fotografata prendendo in prestito una Polaroid trovata in omaggio in un fustino.
Galimberti comincia a fotografare con una compatta, ovviamente a pellicola, a dodici anni. A quattordici esclude la vocazione reportagistica per orientarsi verso il ritratto, il paesaggio e lo still life. Ciò che viene dopo è uno studio approfondito della tecnica, lo sviluppo di una conoscenza da mettere al servizio della creatività per raccontare la sua personale realtà, fatta di cose che lo emozionano. “Saper addomesticare la luce e i materiali fotosensibili – scrive l’autore – mi ha permesso di trasformarli in strumenti con cui dare corpo alle mie idee”.
La sua incessante ricerca espressiva approda alla Polaroid come mezzo espressivo per eccellenza: il “quadratino”, a suo dire, corrisponde al concetto di bellezza. Maturata questa scelta Galimberti fa della fotografia istantanea il baluardo del suo stile, con una tenacia che gli consente di scavalcare il pregiudizio che spesse volte conduce figure più o meno autorevoli a tentare di screditarne il lavoro, perché realizzato con una macchinetta di plastica.
Con il suo strumento stravagante il fotografo confeziona innumerevoli ritratti in sessioni della durata di una manciata di minuti, un tempo brevissimo che ben si sposa con i ritmi serrati delle celebrities con cui spesso ha a che fare. L’autore lavora in silenzio, poggia letteralmente la macchina fotografica sul volto del soggetto, non chiede di sorridere né di guardare in camera. Individua i dettagli per lui più comunicativi e scatta, sempre dall’alto verso il basso, da sinistra a destra. Non cambia e non toglie nessun fotogramma. Il suo approccio, per certi versi rigoroso, non esclude la predisposizione alla sperimentazione: Galimberti si diletta nel frottage, nel ready-made, nella sinopia, nella manipolazione delle Polaroid in tutte le forme che attraversano la sua mente curiosa.
Lavora quasi esclusivamente su committenza, e le pagine de Il mosaico del mondo offrono al lettore un generoso tour nel suo parco clienti dall’eterogeneità a dir poco impressionate: industrie, stilisti, case motociclistiche e associazioni sportive sono solo alcuni esempi tra le decine di collaborazioni che l’Instant Artist cita nel suo libro. Per ogni progetto attinge al suo archivio, ai suoi libri e alle sue memorie, a quel bagaglio che definisce una “ingombrante copertina di Linus”, che cuce insieme gli insegnamenti di innumerevoli nomi altisonanti, quali Man Ray, Kertész, Robert Frank, Lewis Hine, László Moholy-Nagy, Diane Arbus, Irving Penn, Helmut Newton, Mario Cresci, Giovanni Chiaramonte, Mario Giacomelli, Luigi Ghirri, dei cui preziosi pensieri è disseminato l’intero volume. Tutto ciò che l’artista impara si ritrova nelle sue composizioni di ritratto, paesaggio urbano, still life e nelle sue rivisitazioni delle immagini più iconiche del passato, alle quali si dedica attraverso la poetica del ready-made.
Sballottato dalle maree del marchio Polaroid, di cui ripercorre la storia – dalle origini alle battaglie legali sui brevetti ingaggiate nei confronti della Eastman Kodak Company, alla bancarotta del 2001, al miracolo della rinascita intentato dal web designer austriaco Florian Kaps – Galimberti rimane visceralmente legato alla Casa durante il corso della sua intera crescita fotografica e solo nel 2019 finisce di utilizzare le ultime scorte di pellicole originali.
Facendoci scorgere una brillante moltitudine di tasselli della sua intimità, della sua poetica e della sua rete sociale che definisce “una giostra impazzita”, l’autore ci proietta nel suo rifugio preferito: un mondo fatto di fotografie da tenere vicine, da annusare, da toccare e da trasformare in sentimento.
Titolo Il mosaico del mondo
Sottotitolo La mia vita messa a fuoco
Autori Maurizio Galimberti e Denis Curti
A cura di Denis Curti
Formato 20x12cm
Immagini 12 in bianconero
Pagine 240
Lingua italiano
Prezzo 18 euro
ISBN 978-88-297-1502-2
Editore Marsilio
Le immagini pubblicate in questo articolo sono state utilizzate con lo scopo di illustrare il lavoro dell’autore. Solo alcune di esse sono presenti ( in bianconero) all’interno del libro intitolato Il mosaico del mondo.