Fosco Maraini (1912-2004) era tante cose: antropologo, etnologo, alpinista, orientalista, esploratore, scrittore e persino fotografo…
Tramite le sue immagini, le sue bellissime fotografie, raccontava di luoghi lontani, dell’Oriente soprattutto, spinto da un’infinita curiosità e da uno spirito avventuriero. La narrazione delle civiltà e delle popolazioni che incontrava, dei cammini che calpestava, delle vette a cui arrivava erano sempre sostenute da una profonda conoscenza dell’altro, dalla incessante voglia di scoprire per poi divulgare.
Fosco Maraini, passione avventura
Famose le sue fotografie che ritraggono il Giappone, luogo che ha influenzato profondamente il suo percorso esistenziale e culturale, su cui scrisse l’amato libro Ore Giapponesi, in cui il fotografo, diventato scrittore, appunta e descrive, con occhio lucido e sensibile, il vero cuore del Paese del Sol Levante.
Di grande importanza, per le sue fotografie e il suo pensiero, fu, però, anche l’immaginario che scoprì in Tibet durante i suoi viaggi nel 1937 e nel 1948, un immaginario che andò a rivelarsi nei libri Dren Giong (Vallecchi, 1939) e Segreto Tibet (De Donato Editore, 1951).
Lontano Tibet: Maraini si fa editore
Ma un’altra opera, una rarità che Maraini si auto-pubblicò nel 1942, racchiude i magici scenari tibetani, i sublimi paesaggi e i volti scolpiti dal tempo delle popolazioni autoctone: Lontano Tibet.
Passato in sordina rispetto alle altre sue pubblicazioni, Lontano Tibet è un libro in cui Maraini si sofferma, tramite la scrittura, anche sul carattere tecnico della sua pratica fotografica, su come lo spirito di adattamento del viaggiatore non facesse sconti nemmeno in fase di sviluppo della pellicola.
Della particolarità del libro e della sua storia ci parla Nour Melehi, nipote di Fosco Maraini, da cui ha ereditato la passione per la fotografia e l’interesse per i luoghi del mondo e per l’uomo.
L’archivio di Fosco Maraini è conservato presso il Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux

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