Un uomo riflesso nella punta di una penna a sfera, un selfie scattato attraverso i minuscoli occhi di un ragno saltatore, la fibra della carta di un francobollo, la texture disegnata dai microsolchi di un disco musicale, le ciglia di una farfalla. Se l’elenco vi sembra bizzarro e piuttosto sconclusionato è senz’altro perché non avete seguito La magia del focus stacking: il nostro avvincente ciclo di tre incontri online trasmessi in diretta nel mese di maggio in compagnia di Laowa Italia, Novoflex Italia e del pluripremiato fotografo professionista Alberto Ghizzi Panizza, Ambassador Laowa, Testimonial Nikon Global, e ESO (Organizzazione europea per lo studio astronomico dell’emisfero australe).
Indice dei contenuti
Chiarito che questo articolo non ha la pretesa di essere esaustivo quanto la visione integrale dei tre episodi live – la cui registrazione è disponibile su fotocult.it e sul canale YouTube @fotocultmagazine – eccoci a offrire ai nostri lettori un pratico e prezioso riassunto di quanto affrontato durante i tre incontri dedicati al focus stacking applicato alla macrofotografia.
Mostrando immagini tratte dalla sua galleria mozzafiato, Alberto Ghizzi Panizza ha illustrato a un pubblico coinvolto e appassionato le potenzialità delle ottiche Laowa, del soffietto delle slitte micrometriche Novoflex, del software Helicon Focus e di tanti altri accessori utili a ritrarre al meglio le sorprendenti bellezze del micromondo.
In questa pubblicazione troverete, nell’ordine: un elenco di nozioni basilari per avvicinarsi alla tecnica del focus stacking; alcuni consigli forniti direttamente da Alberto Ghizzi Panizza; descrizioni e immagini di alcune attrezzature nominate o mostrate nel corso degli incontri in diretta.
Cos’è il focus stacking?
Partiamo dalla domanda più ovvia: cos’è il focus stacking? Il focus stacking è una tecnica utilizzabile in diversi generi fotografici, compreso il paesaggio, ma prevalentemente diffusa nell’ambito della macrofotografia. Consiste in una sequenza di scatti effettuati con spostamento progressivo del piano di messa a fuoco rispetto al soggetto, finalizzata a estendere la profondità di campo e dunque ad aumentare la zona nitida senza incappare in un deterioramento della qualità dell’immagine finale.
Gli scatti, in numero variabile a seconda delle dimensioni del soggetto ripreso e della porzione di esso che si sceglie di avere a fuoco, vengono successivamente uniti attraverso un software dedicato, capace di individuare la porzione nitida di ciascuna posa e di generare un’unica immagine finale costituita dall’unione delle parti a fuoco di tutte le immagini elaborate.
Per farla più semplice, immaginiamo di poter affettare un soggetto facendo sì che le fette restino tutte accostate tra di esse, così da far mantenere al soggetto stesso la sua forma originale. Il focus stacking non fa che mettere a fuoco una singola fetta in ciascuno scatto per poi unire tutte le fette a fuoco e offrire un’immagine che contiene dettaglio dalla prima all’ultima fetta della sequenza.
Perché ricorrere alla tecnica del focus stacking?
Chiudere al massimo il diaframma e ottenere la più estesa profondità di campo con un singolo scatto – senza ricorrere a una tecnica così impegnativa – non produrrebbe il miglior risultato. Il motivo per cui in determinate situazioni si rende necessario effettuare un focus stacking è molto semplice: impostare diaframmi molto chiusi non sarebbe sufficiente per avere a fuoco tutto ciò che si vorrebbe. Infatti, gli obiettivi macro – a prescindere dalla loro qualità – quando raggiungono importanti rapporti di riproduzione non sono in grado di offrire un’elevata profondità di campo, cioè una zona nitida sufficiente a coprire in estensione tutto il soggetto. Va tenuto a mente che più si ingrandisce il soggetto più si assottiglia la profondità di campo.
Oltretutto, la chiusura del diaframma ai valori minimi innescherebbe il difetto ottico della diffrazione, congenito a qualsiasi obiettivo. A tal proposito vale la pena di ricordare che tutte le ottiche hanno un range di aperture ottimali (generalmente entro i due o tre stop successivi al valore massimo di apertura consentito dall’ottica stessa) ed è bene attenersi a questa forbice per non inficiare la qualità dell’immagine.
Il bracketing sulla messa a fuoco in camera
Quasi tutte le fotocamere recenti possono realizzare un focus stacking in maniera del tutto automatizzata, grazie alla modalità di bracketing sulla messa a fuoco integrata. Chiaramente, però, tale funzione è utilizzabile solamente se si impiega un’ottica macro dotata di AF. Con ottiche a fuoco manuale occorre invece procedere alla “vecchia maniera”, ossia spostare manualmente la messa a fuoco ruotando l’apposita ghiera sull’obiettivo, oppure muovere in avanti o indietro la fotocamera adeguatamente fissata su una slitta meccanica.
Come si ottiene il risultato migliore?
Non c’è dubbio che il focus bracketing integrato nella macchina sia un’opzione pratica e rapida, ma se lo si usa (come pure quando si varia in manuale la messa a fuoco sull’ottica), si altera il rapporto di riproduzione tra una posa e l’altra: in ragione di ciò il software chiamato a fondere le varie immagini dovrà per forza basarsi su quella con maggior ingrandimento, sfruttando solo parte di quelle in cui il soggetto appare più piccolo e provocando, in sintesi, una perdita di qualità dell’immagine finale. L’attrezzatura consigliata per un’ottimale messa in opera della tecnica del focus stacking, dunque, include senz’altro una slitta micrometrica – meccanica o elettronica – soluzione che consente al fotografo di muovere in blocco fotocamera e obiettivo e di conseguenza anche il piano di messa a fuoco, mantenendo così costante il rapporto di riproduzione.
Cos’è il rapporto di riproduzione?
Il rapporto di riproduzione è il rapporto tra le dimensioni reali del soggetto e le dimensioni della proiezione della sua immagine sul sensore. Con un rapporto 1:1, ad esempio, l’immagine di un soggetto lungo 1cm nella realtà occuperebbe 1cm della superficie del sensore, mentre con un rapporto 2:1 l’immagine dello stesso soggetto occuperebbe 2cm. In entrambi i casi citati l’impiego del focus stacking è altamente consigliato.
I consigli di Alberto Ghizzi Panizza e le risposte alle domande dei lettori
Il pluripremiato fotografo professionista Alberto Ghizzi Panizza, che ha partecipato al ciclo di tre incontri online sul tema del focus, ha messo la sua esperienza al servizio degli spettatori fornendo loro preziosi consigli per realizzare efficacemente scatti macro sfruttando il focus stacking. Ecco alcune sue risposte alle domande pervenute durante le dirette.
Ti capita di effettuare focus stacking a mano libera?
Sì, ma solo in casi di emergenza, prevalentemente con rapporti di riproduzione non superiori all’1:1. Dal momento che intervengo manualmente sulla messa a fuoco, avrò una variazione del rapporto di riproduzione, quindi non una serie di immagini ottimale. Software come Helicon Focus sono in grado di unire comunque le pose, ma con una inevitabile perdita di risoluzione dovuta al fatto che alcuni scatti saranno allargati per farli combaciare con gli altri. In alternativa muovo avanti e indietro la macchina utilizzando lo scatto continuo in abbinamento a un’ottima illuminazione, costituita da pannelli led o luci flash. Tuttavia, se si desidera un risultato ricco di dettagli il treppiedi e la slitta micrometrica diventano indispensabili.
Da dove è opportuno iniziare la sequenza?
Quando si impiega una slitta micrometrica è consigliabile partire mettendo a fuoco il punto più vicino all’obiettivo, perché spesso i software di unione delle pose non gestiscono il percorso inverso, ossia dal punto più lontano del soggetto in avanti. Durante il procedimento, naturalmente, una parte del soggetto si avvicina all’obiettivo, ma non è rilevante perché resta fuori fuoco e non viene presa in considerazione da Helicon Focus. Può capitare, tuttavia, che la parte del soggetto fuori fuoco diventi tanto ingombrante da ostruire la visione della porzione che si è interessati a mettere a fuoco, dunque, è preferibile lavorare a una distanza maggiore e ritagliare poi l’immagine in postproduzione.
JPG o RAW?
Personalmente scatto sempre in JPG+ RAW perché i JPG consentono la realizzazione rapida di un’anteprima con il software utile a capire velocemente se la sequenza è valida o meno. Se il risultato dell’unione è soddisfacente si può ripetere il procedimento con i file RAW, operazione che richiede più tempo. In quest’ultimo caso Helicon Focus restituisce un file DNG con la stessa qualità dei RAW impiegati (e dunque la massima potenzialità per la postproduzione), mentre se si impiegano dei JPG il risultato sarà un file TIFF.
La fusione dei livelli in Adobe Photoshop è paragonabile a Helicon Focus?
La fusione dei livelli in Photoshop è nettamente migliorata negli ultimi anni, ma non prevede funzioni di ritocco e non consente di scegliere l’algoritmo di elaborazione, oltre a richiedere risorse hardware maggiori rispetto a Helicon Focus, che se la cava egregiamente anche con computer non particolarmente recenti.
Se il soggetto effettua piccoli spostamenti nel corso della sequenza di scatti per il focus stacking, Helicon Focus è in grado di eliminare le parti non sovrapponibili. La funzione Ritocco, inoltre, consente di correggere eventuali sdoppiature. Riguardo alla scelta dell’algoritmo non esiste una regola ferrea ed è consigliabile provarli sempre tutti e tre per poi prediligere quello che meglio valorizza il soggetto, caso per caso, o addirittura usare tutti e tre i risultati lavorandoli come livelli di Photoshop.
Quanti scatti occorrono per un soggetto profondo 1cm con un rapporto 1:1?
Dipende dal diaframma e dalla lunghezza focale utilizzati. Più l’obiettivo è corto (ad esempio un 60mm) più si estende la profondità di campo da esso offerta, anche se in macrofotografia la variabile della profondità di campo sul soggetto si assottiglia molto e si percepisce maggiormente sullo sfondo. Approssimando un po’, con un soggetto di 1cm e un diaframma intorno a f/11 effettuo circa 30/40 scatti. Più scatti faccio più ottimizzo il dettaglio, fino a un limite fisiologico dettato dalla qualità del sensore.
Consigli sulla scelta delle lunghezze focali?
Le differenze principali tra le varie ottiche macro consistono nella distanza consentita dal soggetto e nella resa dello sfondo. Più l’ottica è lunga, più possiamo stare lontani dal soggetto (rimanendo in ogni caso nell’ordine dei centimetri). Le lunghezze focali più corte offrono uno sfondo più dettagliato, mentre le lunghe (ad esempio intorno ai 100mm) consentono di isolare un soggetto su uno sfondo sfocato. Il Laowa 15mm f/4 shift Macro è l’unico ultragrandangolare macro 1:1 che consente di ambientare il soggetto su uno sfondo ben leggibile.
A chi ha avuto un primo approccio con il mondo della macro quale attrezzatura consigli?
Per chi usa reflex consiglio il Laowa 60mm f/2.8 Ultra Macro 2X o il Laowa 100mm f/2.8 Ultra Macro 2X, che arrivano a rapporti di riproduzione 2:1.
A chi utilizza una mirrorless consiglio invece o il Laowa 58mm f/2.8 Ultra Macro 2X o il Laowa 90mm f/2.8 2X Ultra Macro Apo che hanno uno schema ottico ottimizzato per le fotocamere senza specchio. In alternativa anche l’85mm f/5.6 2:1 Ultra Macro Apo, meno luminoso ma molto compatto, economico e di ottima qualità.
I nemici del focus stacking
Il focus stacking applicato alla macrofotografia è un’intrigante commistione di filosofia e tecnica: richiede un’attrezzatura adeguata e necessita del giusto software, ma ancora di più ha bisogno di tempo, perseveranza e capacità di osservare da vicino tutto ciò che ci circonda. È importante non farsi deludere dalle prime sessioni e tenere presente che le regole dell’esposizione in macro non sono quelle della fotografia standard. Con questa tecnica la regola del reciproco della focale va accantonata, o quanto meno resa più rigida. Con un 60mm a mano libera sarebbe bene non scendere sotto 1/250sec, il che significa che dovremmo usare un flash o illuminare abbondantemente il soggetto con delle luci continue.
Le vibrazioni sono il nemico numero uno ed è bene evitarle attraverso una serie di piccoli accorgimenti: preferire l’otturatore elettronico (o il blocco dello specchio nel caso si utilizzi una fotocamera reflex), attendere un po’ tra uno scatto e l’altro e dopo ogni aggiustamento della slitta e utilizzare uno comando remoto per evitare di toccare il corpo macchina introducendo inevitabilmente del mosso. Fondamentale anche un treppiedi stabile, meglio se con colonna reversibile per montare macchina rovesciata e sfruttare un punto di ripresa estremamente basso. La polvere sul sensore può rappresentare un ulteriore ostacolo alla produzione di immagini di qualità, specialmente perché nel focus stacking può generare delle sgradevoli strisce. Per questo è consigliabile portare sempre con sé una pompetta e un kit di pulizia del sensore per eventuali situazioni di emergenza.
Obiettivi per macrofotografia
La proposta di obiettivi macro è assai ampia nel panorama attuale e quelli che vi citiamo vogliono essere solo tre esempi che, per step successivi, vi traghetteranno verso la ripresa microfotografica professionale.
Laowa 90mm f/2.8 2X Ultra Macro APO: buono a tutto, con una vocazione per la macrofotografia
Il Laowa 90mm f/2,8 2x Ultra Macro APO raggiunge il notevole rapporto 2:1 senza accessori e senza variazioni dimensionali, mantenendo per giunta una buona distanza operativa, pari a circa 12cm al rapporto 1:1 e 7cm al rapporto 2:1. Concepito per le mirrorless con copertura del formato pieno, è disponibile con innesti Canon RF, Sony E, Leica M e Nikon Z e costa meno di 650 euro. È una delle ottiche con le quali si può iniziare a praticare la macrofotografia, perché non troppo costosa e abbastanza lunga da non costringere ad avvicinarsi molto al soggetto. Ha inoltre il vantaggio non non presentare limiti operativi – se non quelli della messa a fuoco manuale e del diaframma stop-down – se impiegata in altri generi fotografici come, ad esempio, il ritratto.
Laowa 25mm f/2.8 2.5-5X Ultra Macro: vede solo da vicino a molto vicino
Il Laowa 25mm f/2.8 2.5-5X Ultra Macro è un’ottica a fuoco manuale più specialistica rispetto a quella appena citata, ma come questa viene proposta con innesti compatibili con la maggior parte delle mirrorless sul mercato: in questo caso l’obiettivo consente di regolare il rapporto di riproduzione su valori compresi fra 2,5:1 e 5:1, ma è utilizzabile soltanto nelle riprese ultra-ravvicinate poiché non permette di focheggiare alle distanze superiori. Per facilitare la ripresa ai rapporti di riproduzione più elevati, il Laowa 25mm f/2.8 2.5-5X Ultra Macro può essere accessoriato con un collarino dotato di piastra compatibile Arca Swiss e utilizzato su una slitta micrometrica. Anche in questo caso il prezzo è piuttosto competitivo: circa 490 euro.
Laowa Aurogon FF 10-50X NA0.5 Supermicro APO: il microscopio dei fotografi
L’Aurogon FF 10-50x NA0.5 Supermicro APO è uno specialistico e ben più costoso obiettivo modulare composto da quattro elementi variabili che si innestano direttamente sul corpo macchina (e sui quali si applica l’obiettivo vero e proprio) e consentono di raggiungere i valori di ingrandimento 10x, 20x, 35x e 50x. Naturalmente, dati gli elevatissimi ingrandimenti la profondità di campo di un’immagine generata da questo obiettivo modulare è ridottissima e la tecnica del focus stacking, attuata preferibilmente con robuste slitte motorizzate, sarà indispensabile per chi vorrà includerlo nel proprio corredo di ottiche. Il Laowa Aurogon viene prodotto con molti innesti, sia reflex che mirrorless: Canon EF e RF, Nikon F e Z, Sony E, L-Mount, Fujifilm GF e PL) e costa poco meno di 1.940 euro.
Il soffietto: l’alternativa alle ottiche specialistiche
Il soffietto aumenta il tiraggio, ossia la distanza tra l’obiettivo e il piano di messa a fuoco. Così facendo rende macro qualsiasi ottica. Il soffietto automatico Novoflex BAL-NEX è tra i soffietti moderni che sanno mettere in comunicazione obiettivo e fotocamera, aspetto fondamentale sia per l’autofocus, che resta attivo, sia per la trasmissione dei dati relativi alla ripresa. Gli ingrandimenti possono arrivare fino al 3x o 4x, a seconda degli obiettivi montati. Generalmente più la focale è corta maggiore è l’ingrandimento ottenuto con il soffietto. Se la macchina è dotata di bracketing sulla messa a fuoco il soffietto automatico di Novoflex consente di sfruttarlo. Questo accessorio, così come i tubi di prolunga, non influisce sulla qualità dell’immagine perché ha il solo compito di allontanare l’obiettivo dal piano di messa a fuoco. L’importante è che sia solido e capace di sostenere il peso dell’ottica.
La slitta micrometriche: l’alleato più prezioso per Helicon Focus
Come per gli obiettivi vediamo tre proposte, una d’accesso, una intermedia e l’ultima decisamente avanzata per approcciare la microfotografia e la tecnica del focus stacking nel modo tecnicamente più corretto, ossia attraverso l’utilizzo di una slitta micrometrica.
Novoflex Castel Q: la slitta per iniziare
La Novoflex Castel Q rappresenta il gradino di accesso alle slitte Novoflex ed è dotata di un rapido movimento manuale a cremagliera. Sebbene sia il modello più abbordabile della Casa (costa poco più di 200 euro) consente di confezionare immagini più che gratificanti grazie alla solida costruzione – che prevede l’impiego di materiali di alta qualità – e alla precisione delle guide che consentono di spostare avanti e indietro il sistema di ripresa. La Novoflex Castel Q offre un’escursione di 125mm ed è compatibile con i sistemi di aggancio e sgancio rapido Arca Swiss.
Novoflex Castel M: la slitta per chi vuole fare sul serio
La Novoflex Castel M (664 euro) costituisce il secondo step tra le slitte di messa a fuoco Novoflex e rispetto alla Q consente di avanzare con passi discreti predeterminati, una caratteristica fondamentale per la fase di unione degli scatti in Helicon Focus, dato che il software non gradisce “buchi di fuoco”.
La rotella millimetrata posteriore della Novoflex Castel M permette al fotografo di impostare i passi nell’avanzamento tra uno scatto e l’altro in funzione dell’ingrandimento a cui si sta fotografando: la slitta consiglierà step progressivi scanditi da click stop tra una posizione e l’altra, ma si potrà optare anche per la rotazione fluida. Impostando il rapporto di riproduzione su 5:1, tanto per fare un esempio, lo spostamento è di un centesimo di millimetro alla volta. L’intera rotazione è di 0,8mm. Un’ulteriore levetta di sblocco consente movimenti rapidi del sistema di ripresa prima di procedere con gli spostamenti certosini. Anche in questo caso la compatibilità dello sgancio rapido è con il sistema Arca Swiss.
Novoflex Castel Micro: l’esclusiva slitta elettronica per i professionisti della macrofotografia
La slitta Novoflex Castel Micro è dotata di una centralina elettronica con interfaccia touchscreen da collegare via cavo alla slitta stessa. La centralina può ospitare due batterie, molto utili in caso di sessioni di ripresa all’aperto. Dalla slitta parte un cavetto che si collega alla fotocamera e attiva lo scatto in base alle impostazioni predeterminate dal fotografo (tempo di scatto, ritardo dell’otturatore ed eventuale pausa tra due esposizioni). La slitta, che prevede quattro modalità di funzionamento, è l’unica sul mercato con due micron (due millesimi di millimetro) di tolleranza e precisione e funziona in maniera del tutto automatizzata, con movimenti anch’essi programmabili dal fotografo. La Novoflex Castel Micro (2.140 euro) ha un’escursione di 100mm e supporta attrezzatura fino a 4kg di peso.
Ulteriori informazioni sul lavoro di Alberto Ghizzi Panizza, sui suoi corsi e le sue attività fotografiche sono disponibili sul suo sito albertoghizzipanizza.com.
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