Un volume di recente pubblicazione racconta le declinazioni al femminile della fotografia di moda, un genere fotografico che fa parte della quotidianità di milioni di persone.
Questa è un’epoca in cui buona parte della comunicazione riguardante la moda femminile, soprattutto quella rivolta alle giovani, circola nell’ambito dei social media e viene spesso prodotta in proprio da influencer, ragazze che non sono né fotografe né modelle professioniste. Si tratta piuttosto di imprenditrici che mettono a frutto la propria capacità di catturare l’attenzione e la fiducia di migliaia di loro coetanee per promuovere, nella maggior parte dei casi, la cosiddetta fast fashion, vale a dire quel comparto della moda che ruota attorno all’abbigliamento economico da indossare poche volte e rimpiazzare molto velocemente, quasi si trattasse di un bene di consumo usa e getta. In qualità di compenso ricevono vestiti gratuiti o una percentuale delle vendite online realizzate grazie al reindirizzamento ai siti di e-commerce tramite i link presenti sotto alle loro foto e ai loro video.
Operando in totale autonomia fanno a meno di alcune figure professionali che tradizionalmente erano immancabili sui set dei servizi di moda, come per esempio i truccatori e i parrucchieri. Ma riescono a estromettere dalla produzione delle immagini anche i fotografi, che per decenni hanno dato il contributo maggiore alla promozione delle diverse linee di abbigliamento, si trattasse di jeans o di capi di alta sartoria.
Fotografia di moda: spazio allo sguardo femminile
Con le loro scelte stilistiche e la ricerca di un gusto estetico che in qualche modo dialogasse con gli abiti e gli accessori da lanciare, i fotografi hanno sempre lasciato la propria firma sui cartelloni pubblicitari che tappezzano i muri delle grandi città o sui servizi di costume pubblicati dai periodici. Dato che la gran parte dei professionisti dell’obiettivo era (e continua a essere) di sesso maschile, non sembra fuori luogo affermare che l’immaginario legato alla moda femminile è stato storicamente plasmato dagli occhi degli uomini, e pertanto l’operazione compiuta dalle influencer è un lavoro di riappropriazione della propria immagine che parte dal basso e che mette in atto una comunicazione condotta interamente tra donne. È una nuova modalità di parlare di moda, strettamente legata al linguaggio e ai canali di comunicazione caratteristici di questo momento storico. Tuttavia, anche negli ambiti che si potrebbero definire come più istituzionali, quali gli editoriali delle riviste o le campagne promozionali commissionate dagli stilisti più blasonati, ci sono degli esempi di fotografia al femminile, prodotta da donne di tutte le età e tutte le nazionalità.
Yva e Lee Miller
Ripercorrendo a ritroso la storia di questo filone della fotografia di moda si arriva fino agli anni Trenta del Novecento, con gli scatti di Yva, nome d’arte di Else Ernestine Neuländer. A fare un excursus di quasi un secolo di immagini in rosa ci pensa un libro intitolato Female View. Women Fashion Photographers from Modernity to the Digital Age (Hatje Cantz): è un volume ricco di illustrazioni sia a colori sia in bianconero, che a nomi celebri ne affianca altri un po’ meno conosciuti, tanto che a sfogliarlo ci si imbatte in qualche scoperta inaspettata.
Ad aprire le pagine del libro sono le opere di Lee Miller, che negli anni Quaranta si cimentò con eguale successo sia nel reportage di guerra sia nei servizi di moda. Il suo era uno stile elegante e compassato, come si addiceva ai rotocalchi dell’epoca, ma nei suoi scatti non mancava qualche accenno all’arte surrealista, i cui circoli frequentava assiduamente. Uno dei suoi accostamenti più originali è sicuramente quello ideato per un ritratto all’aperto del 1941. In esso compare una modella vestita di tutto punto con alle spalle le rovine di alcuni edifici londinesi bombardati dall’aviazione tedesca.
L'evoluzione della fashion photography al femminile
Qualche anno dopo si fecero notare Madame D’Ora, Louise Dahl-Wolfe, Lillian Bassman e dopo di loro Deborah Turbeville, Alice Springs (a lungo conosciuta come June Newton in quanto moglie di Helmut, a dimostrazione che per molte autrici non fu facile farsi conoscere in un ambiente prettamente maschile) e ancora più recentemente Bettina Rheims ed Ellen von Unwerth. Con il trascorrere del tempo si sono allargati gli orizzonti della ricerca estetica mentre i limiti di ciò che è lecito sono stati spostati sempre più in là, come d’altra parte era inevitabile in quanto è proprio la fotografia di moda uno dei generi che maggiormente rispecchiano l’evoluzione dei costumi e della società.
Inoltre, come sempre accade, vi sono state contaminazioni, prestiti, incursioni nel territorio dell’arte. Basti pensare alla produzione della celeberrima Sarah Moon o a quella della meno nota Elizaveta Porodina, che pur fotografando a colori non rinuncia a citare il pittorialismo in voga agli albori della fotografia. Il libro chiude l’arco temporale che prende in esame con gli scatti di Amber Pinkerton, Nadine Ijewere e Liv Liberg, la quale spesso impiega come modella la sorella Britt per realizzare dei ritratti che sono reminiscenti del tedesco Juergen Teller ma se ne distinguono in quanto evocano più gli ambienti di una galleria d’arte contemporanea che le pagine di una rivista patinata. Così ancora una volta viene ribadito che la fotografia di moda non deve necessariamente essere solo uno strumento di promozione commerciale ma può anche essere un pretesto per gettare lo sguardo oltre gli abiti.
Titolo Female View
Sottotitolo Women Fashion Photographers from Modernity to the Digital Age
Autore Antje-Britt Mählmann
Formato 18x25cm
Immagini 120
Pagine 192
Lingua inglese
Prezzo 44 euro
ISBN 978-3-7757-5184-1