Animo dissacrante, ironicamente sprezzante, scontroso, voce fuori dal coro, Ando Gilardi fu una figura caleidoscopica per il mondo che indaga la fotografia e la natura dell’immagine. Con la sua ricerca scardinò tabù sociali, approfondì tematiche fino ad allora ai margini del linguaggio fotografico, fu fotografo ma anche un attento conoscitore della materia dal punto di vista critico e di indagine storica e soprattutto umana. Una recente mostra alla Fondazione MAST di Bologna, in occasione della biennale Foto/Industria 2021, ha messo in risalto anche la sua vena collezionistica, l’importanza che dava alle immagini, non solo nel produrne di nuove, ma soprattutto nel riciclare quelle già esistenti, per una nuova ecologia delle immagini.
Proprio per questo principio nel 1959 fondò a Roma la Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi, con l’intento di plasmare la prima banca dati di immagini italiana al servizio del mondo editoriale. L’archivio si andò ad arricchire non tanto di fotografie, ma più specificatamente di immagini di immagini: veline con cui erano incartati gli agrumi, santini, pubblicità di ogni tipo, erbari e i suoi tanto amati album di famiglia.
Alla sua morte nel 2012 Elena e Patrizia Piccini sono diventate le depositarie del suo pensiero e del suo intero archivio. Entrambe erano legate a Gilardi professionalmente, nella loro veste di assistenti, ma anche da un sincero affetto personale. Nel 2021 scoprirono un patrimonio ancora inesplorato dell’immaginario gilardiano: svariati album di famiglia della madre di Ando Gilardi, che contenevano sia immagini di Aldo bambino, poi adolescente ed infine uomo, sia fotografie prodotte direttamente da lui. Con l’intento di festeggiare a dovere il centenario della sua nascita, avvenuta l’8 giugno 1921, capirono immediatamente che quel ritrovamento era quello che faceva al caso loro, per donare un nuovo volto, più intimo e tenero, al loro burbero “capo”.
Così nacque l’idea della mostra dal sottotitolo sprezzante Ando Gilardi. Cento anni dopo. Non tutti nascono con la fortuna di essere orfani, a cura di Laura Loi, esposta a Casa Studio – Fotografia e Archivio a Sesto San Giovanni.
Con quella scoperta e la conseguente mostra, Elena e Patrizia Piccini approfondirono e diedero un volto tangibile alla passione di Ando Gilardi per il concetto, tanto indagato dalla sua riflessione iconografica, di “fotografia di famiglia” e “album di famiglia”, facendo comprendere come la sua ricerca tutta e il suo modo stesso di fare fotografia attingessero da un retaggio familiare e privato, dalle sue radici.
Sconosciuto a molti, il volto tenero di Ando Gilardi, in contrasto con la sua eterna voce dissonante, non era celato a Elena e Patrizia, che si sono rese testimoni di momenti, anche pubblici, in cui la caustica scorza di ferro del loro maestro manifestava i segni del suo animo più profondo e umano.