È in corso a Palazzo Reale di Milano una mostra dedicata alla magistrale opera fotografica di Brassaï. Noto e apprezzato specialmente per i suoi scatti notturni tra le strade di Parigi, Brassaï fu tra i primi fotografi ad affinare tecniche di ripresa in condizioni di scarsa luminosità, ispirato dalle pose notturne della Senna del connazionale (ungherese) André Kertész. Ma qual era la fotocamera impiegata dal grande maestro durante le sue peregrinazioni notturne tra vicoli e viali della capitale francese? Brassaï scattava con una Voigtländer Bergheil 6,5x9cm dotata di un obiettivo Heliar 10,5cm f/4,5.
Voigtländer Bergheil 6,5x9cm: chi era costei?
La Voigtländer Bergheil 6,5x9cm è una fotocamera pieghevole medioformato a pellicola piana – con corpo in metallo e rivestimento in pelle – prodotta da Voigtländer a Brunswick dal 1912 al 1940 circa e disponibile per una serie di diversi formati: 4,5x6cm, 6,5x9cm, 9x12cm e 10x15cm.
Alla fotocamera, capace di ospitare sia lastre in vetro, sia pellicole a misura, era possibile applicare un dorso per rullini formato 6×9, opzione gradita a Brassaï come dimostra la fotografia che lo ritrae sul campo pubblicata in questo articolo. Lo scatto vede l’autore dietro la fotocamera montata su un treppiedi di legno, intento a comporre sfruttando il sistema a doppia cornice del mirino a traguardo, non a caso con una sigaretta tra le labbra, dettaglio sul quale torneremo più avanti. Dotata di cremagliere per il decentramento orizzontale e verticale dell’obiettivo, la Bergheil poteva regalare grandi soddisfazioni anche agli appassionati di fotografia di architettura.
Brassaï: tecniche per la fotografia notturna
La scelta di ritrarre l’oscurità costò a Brassaï numerosi esperimenti tecnici. Includendo spesso i lampioni nelle sue composizioni, ad esempio, l’autore era costretto a gestire bianchi che – per via della scarsa latitudine di posa delle pellicole di allora, peraltro assai poco sensibili – risultavano eccessivamente netti rispetto alle aree in ombra. Perdipiù gli obiettivi dell’epoca, oltre a non eccellere per apertura massima, non avevano alcun trattamento antiriflesso. Tra i trucchi più ricorrenti della sua pratica fotografica primeggiava la mascheratura delle luci più intense attraverso elementi presenti sulla scena, come alberi, muri e ponti. Brassaï prediligeva la luce riflessa o diffusa, ragion per cui scattava volentieri in condizioni di foschia, nebbia o pioggia, approfittando dei contrasti attenuati.
Tempi di esposizione: posa Gauloises e posa Boyard
André Kertész fotografava la Senna di notte con un’esposizione di mezz’ora, mentre Brassaï sosteneva di misurare il tempo di posa fumando una sigaretta: “una Gauloise per una certa luce, una Boyard se era più buio”. Il fotografo raccontava di aver spesso attraversato la Ville Lumière, di notte, da Montparnasse a Montmartre, o trascorso intere nottate lungo il canale Saint-Martin in attesa che sopraggiungesse la nebbia ad attenuare le luci artificiali. Spesso les hirondelles (le rondini) – i poliziotti in bicicletta – si fermavano vedendolo in mezzo alla strada nel cuore della notte e gli domandavano, con sospetto, cosa stesse facendo.
Brassaï rispondeva che stava scattando una fotografia, mostrando puntualmente alla pattuglia alcune stampe che portava sempre con sé come prova inconfutabile del suo operato. Al termine delle riprese notturne, il fotografo rientrava nella sua stanza all’Hôtel des Terrasses, trasformata in una camera oscura in cui elaborare i negativi e realizzare le stampe.
Paris de Nuit: le notti di Brassaï in un libro
Nel 1933 Brassaï pubblicò il libro Paris de Nuit (Parigi di notte), un volume in cui una selezione di sue fotografie notturne è accompagnata da testi di Paul Morand. Le immagini in bianco e nero contenute nel libro alternano suggestive riprese di strada a ritratti degli abitanti della notte, anche all’interno delle sale da ballo, dei bordelli e dei café parigini, come l’ormai celebre Madam Bijoux. Per i ritratti di interni Brassaï utilizzava tecniche innovative di illuminazione artificiale. Il suo assistente preparava un flash alla polvere di magnesio e un pannello riflettente per ammorbidire la luce del lampo. Le rumorose esplosioni delle lampade al magnesio indussero Picasso, amico di Brassaï, a soprannominarlo “il Terrorista”.
Paris de Nuit ha ispirato molti fotografi noti, tra cui Diane Arbus, che sosteneva di aver imparato qualcosa a proposito dell’oscurità proprio grazie a Brassaï. Le immagini atemporali del libro riscossero un enorme successo e tutt’oggi il volume è molto apprezzato dal pubblico appassionato di fotografia.
Per leggere l’articolo dedicato alla mostra Brassaï: l’occhio di Parigi clicca qui.