Il giovane fotografo Gianluca Damiani ha dedicato più di sei anni allo studio dei grifoni, lasciandosi trasportare dal loro seducente volo. Le osservazioni, le emozioni e il sapere maturato nel corso del suo complesso progetto sono racchiusi tra le pagine di un libro carico di dedizione e rispetto, intitolato “Sentieri Invisibili”.
Naturalista, fotografo, giovanissimo e appassionato. Gianluca Damiani, 24 anni, ha tutte le carte in regola per aggiudicarsi un ruolo considerevole nell’ambito della protezione e conservazione della biodiversità attraverso il mezzo fotografico. Il suo Sentieri Invisibili è un ottimo strumento di divulgazione, un coinvolgente connubio tra testi e immagini che getta una nuova luce su un soggetto controverso, il grifone, per smantellare gli stereotipi che spesso ne danneggiano l’immagine. Suggestive silhouette, eleganti controluce, campi larghi e primissimi piani incorniciati da morbidi bokeh regalano al lettore l’opportunità di osservare con completezza la maestosità di questo grande veleggiatore e dei sorprendenti paesaggi che attraversa, che anima e che abita. Abbiamo intervistato l’autore a proposito del suo libro e del lungo lavoro che ne ha consentito la realizzazione.
Perché un libro sui grifoni?
Molte cose mi legano al grifone, in quanto una delle prime specie che ho conosciuto sul mio sentiero nella natura. Quando ero bambino sognavo di vederne qualche esemplare veleggiare sulle montagne, e di seguire con gli occhi gli ampi cerchi che questi rapaci disegnano nel cielo. Sin dal primo incontro sono rimasto affascinato dal loro modo di volare. I sentieri dei grifoni mi hanno mostrato cose che altrimenti non avrei mai visto, e sento di avere un legame profondo con questa specie e con ciò che rappresenta. Col tempo ho imparato che anche gli avvoltoi, come il grifone, hanno bisogno di consapevolezza per essere compresi. Come naturalista e fotografo di animali, uno dei miei obiettivi è cercare di conservare la natura, mostrandone la bellezza e la complessità attraverso la fotografia. Con il grifone non è stato facile, ma spero che questo libro sia un passo avanti verso la conoscenza e la sensibilizzazione nei confronti di questa specie.
Un grifone in volo fotografato da Gianluca Damiani. “Il volo dei grifoni – racconta il giovane fotografo – può essere magnetico: lenti cerchi disegnati nell’aria, che dalla cima delle montagne arrivano a migliaia di metri d’altitudine sopra al terreno. Fotografare tale volo non è affatto scontato, soprattutto se si cercano inquadrature originali e punti di ripresa sopraelevati. Occorre raggiungere la giusta quota, spesso arrampicandosi in alta montagna, non senza difficoltà. Poi è necessaria un’attesa, a volte interminabile, in cui nulla è certo e si può solo sperare”.
Da ornitologo, quali aspetti di questo animale ritieni siano i più importanti da fotografare?
Quando osservo gli animali in natura mi soffermo principalmente su due aspetti: la complessità dei comportamenti e il contesto ecologico. Fotografando i grifoni ho cercato di evidenziare il più possibile la marcata socialità di questi uccelli che, a differenza della maggior parte dei rapaci, sono estremamente gregari. Dai voli in termica (corrente ascensionale, ndr) intorno alle pareti rocciose, agli scontri sul terreno per la conquista di una carcassa, i grifoni mostrano comportamenti unici e interessanti da analizzare. Questi uccelli danno così importanza alle relazioni sociali che in presenza di risorse trofiche passano oltre un quarto del loro tempo a confrontarsi con altri individui. Un altro elemento fondamentale della vita da grifoni è l’essere avvoltoi, e cioè mangiatori di animali morti. Anche se spesso associati a immagini di sporcizia e morte, gli uccelli necrofagi hanno un ruolo essenziale in molti ecosistemi. Il pasto dei grifoni è come un sacro rituale: pochi attimi e tutto svanisce.
“Quando sono a terra”, spiega Damiani, “i grifoni sono estremamente vulnerabili. L’esposizione ai predatori terrestri, tra cui l’uomo, li rende schivi, elusivi e diffidenti e di conseguenza difficili da fotografare. Con una vista molto sviluppata, e un controllo costante del territorio circostante, questi uccelli avvertono la presenza del fotografo anche a grande distanza. Per fotografarli su un posatoio abituale o nella fase di alimentazione su una carcassa, è necessario appostarsi in nascondigli molto mimetici e attendere per ore, immobili, a volte anche dall’alba al tramonto”. Tutte le fotografie pubblicate in questo articolo sono tratte da Sentieri Invisibili, un libro in cui Damiani si propone di raccontare al meglio un ambiente e le sue specie attraverso immagini e parole che aiutino il lettore a immaginare l’atmosfera percepita dall’autore stesso sul campo.
Dove e per quanto tempo hai lavorato a questo progetto?
Ho scattato la prima foto a un grifone in libertà quando avevo dodici anni. Il lavoro dietro a questo progetto è stato molto estensivo, e la ricerca delle immagini è durata oltre sei anni. In questo tempo ho visitato molti luoghi seguendo il volo dei grifoni da solo o in piacevole compagnia. Primi tra tutti gli Appennini: montagne sacre e fonte di grande ispirazione per i miei lavori. Gran parte delle immagini di aquile, lupi e grifoni pubblicate in questo libro sono state scattate tra Lazio e Abruzzo, sulle catene montuose del Gran Sasso, dei Monti della Duchessa, del Velino-Sirente e dei Monti Simbruini. Con l’evolversi di questo progetto ho scelto di volare anche più lontano, dalle coste della Sardegna occidentale al Parco Nazionale del Pollino in Calabria, alle regioni aride e collinari della Spagna centrale. Ho ripercorso i sentieri dei grifoni per conoscerne ed esplorarne al meglio l’ecologia.
Un fotografo naturalista deve, prima di tutto, conoscere il proprio soggetto, le sue abitudini e il suo habitat. Possiamo dire che in questi anni sei andato “a casa del grifone”?
Conoscere in modo profondo una specie è essenziale per lavorare correttamente sul campo. Ho imparato a conoscere i grifoni in due modi diversi: prima sui libri, a casa e da lontano, pianificando il primo approccio e i primi incontri ravvicinati, e poi entrando in casa loro, osservandoli da vicino e scoprendo lentamente sfumature nuove, anche attraverso l’intensa attività fotografica. Uno degli aspetti che più mi hanno affascinato è stato muovermi attraverso i loro habitat. Camminare sfiorando alte pareti rocciose, affacciarmi su valli a strapiombo e provare, anche solo per un attimo, a sognare di spostarmi in quell’alto cielo, sempre distante. Arrivare a casa dei grifoni è stato un appuntamento senza invito, a cui sono sempre arrivato bussando alla porta.
Nidi e fotografia: come è opportuno comportarsi?
L’etica nella fotografia naturalistica è un argomento delicato. La complessità di una specie si comprende soltanto osservandola a 360 gradi, e pertanto a volte è necessario indagare ogni aspetto del comportamento animale, comprese le situazioni più intime. Le immagini di nidi di grifone e di capovaccaio presenti nel mio libro sono frutto di uscite premeditate e studiate nei minimi dettagli: in molti casi le foto sono state scattate da grande distanza, raggiungendo il sito di appostamento prima dell’alba e abbandonandolo dopo il tramonto, rimanendo quindi invisibili osservatori imparziali. Le riprese più ravvicinate di nidi di uccelli sono state invece realizzate in contesti molto particolari e talvolta unici nel loro genere. In alcune fortunate aree, più comuni all’estero che in Italia, gli animali vivono a stretto contatto con l’uomo non temendone la presenza. Alcuni nidi riportati in questo progetto sono stati fotografati da strade e belvedere, nella totale indifferenza degli esemplari nei paraggi, che pure erano consapevoli della presenza umana. Resta comunque vero che a volte bisogna saper rinunciare a qualcosa e fare un passo indietro per non disturbare il comportamento di una specie.
Cosa è “l’ora del grifone”?
L’ora del grifone è sempre stata per me pura magia: il punto di contatto tra l’interminabile attesa e la gioia dell’incontro; la coesistenza tra l’incertezza di ogni attimo e la sicurezza che ciò che stiamo aspettando sta finalmente per arrivare. In quegli interminabili momenti, in silenzio tra le rocce, accompagnati solo dal freddo prima dell’alba, si rimane in vigile attesa. Con l’arrivo del sole tutto comincia a muoversi, e il vento caldo sulle pareti rocciose risveglia qualcosa sancendo l’inizio dell’ora del grifone. In un attimo, quel cielo vuoto, a volte grigio, a volte azzurro, si riempie di sagome in movimento. Ombre sul terreno accompagnano i grifoni che si involano sui loro sentieri.
Di quale attrezzatura ti sei servito e perché?
Per realizzare le immagini di questo progetto ho utilizzato diverse reflex Nikon e un teleobiettivo da 500mm per gli appostamenti. In molti casi è stato necessario costruire nascondigli mimetici e attendere a distanza per ore, avvicinando gli animali grazie al solo potere di ingrandimento del teleobiettivo. Per le immagini ambientate in cui potevo ridurre fisicamente la distanza dai soggetti, invece, ho fotografato spesso con un 70-200mm, uno zoom davvero versatile che consente composizioni rapide e dinamiche. Tra l’attrezzatura complementare ci sono sempre stati anche un binocolo, compagno di ogni naturalista, un treppiedi per lunghi appostamenti e, molto spesso, un moltiplicatore di focale 1,4x.
Titolo Sentieri Invisibili
Autore Gianluca Damiani
Formato 21x29cm
Immagini 155 a colori
Pagine 216
Lingua italiano e inglese
Prezzo 25 euro
ISBN 978-88-89578-43-8
Editore Pandion