Il declino dell’editoria storica ha fatto migrare molti fotogiornalisti verso le gallerie d’arte contemporanea e il web, cambiando così il modo in cui circolano le notizie per immagini. La storia di Mario De Biasi è esemplare di un’epoca in cui per informarsi si correva in edicola.
Alcune fotografie diventano le immagini simbolo di un avvenimento specifico (per esempio delle atrocità della guerra o dei disastri ambientali) e vengono riesumate ogni qualvolta la storia minaccia di ripetersi. Con il passare del tempo entrano a far parte del patrimonio culturale collettivo e ogni individuo se ne appropria idealmente quasi ne fosse l’autore. Ma ci sono anche altri scatti che sembrano inerire più a chi li ha realizzati che al loro soggetto, quasi fossero gli unici firmati da quel fotografo o potessero riassumerne tutta la produzione. Nel caso di Mario De Biasi, scomparso quasi novantenne nel 2013, l’epitome di un’intera carriera è sicuramente l’immagine del 1954 intitolata Gli italiani si voltano. Vi è raffigurato un nutrito gruppo di uomini ai margini di una strada milanese con gli occhi fissi su una donna vestita di bianco che cammina dando le spalle all’obiettivo. Il periodo storico è quello a cavallo tra il secondo dopoguerra e il boom economico degli anni Sessanta, ossia quell’era gloriosa del cinema e della fotografia italiani conosciuta in tutto il mondo come Neorealismo. Di quel movimento De Biasi fu uno dei massimi esponenti e una volta conclusa quell’esperienza continuò a praticare diverse declinazioni di reportage, eppure spesso ci si ricorda di lui solo per quello scatto della dama in bianco (una giovanissima Moira Orfei) che attrae come un magnete gli sguardi maschili.
Tutto De Biasi
La mostra Mario De Biasi. Fotografie 1947-2003 e il relativo catalogo offrono l’opportunità di ripercorrere la storia di Mario De Biasi dagli esordi fino agli ultimi scatti a colori. Si tratta di una raccolta di oltre 250 immagini, molte delle quali inedite fino a oggi, che spaziano dalla ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale alla rivolta di Budapest del 1956, dagli scorci metropolitani di New York alle distese innevate dei paesaggi siberiani, dalle star del cinema ai preparativi per il primo sbarco sulla Luna. Una mole di scatti che gli richiesero non solo innumerevoli viaggi ma anche tanta curiosità e, in qualche occasione, una buona dose di coraggio.
Molti reportage di De Biasi vennero commissionati e pubblicati dalla rivista Epoca più di mezzo secolo fa, quando rotocalchi non temevano ancora la concorrenza della televisione e il mondo era tutto da scoprire. Per capire quanto avesse investito su di lui, basta pensare che nel 1969, in occasione del reportage a puntate sulla missione spaziale Apollo 11, il settimanale organizzò due voli aerei transatlantici apposta per ricevere le sue foto nel più breve tempo possibile.
D’altra parte che si trattasse di un fotografo di valore era già chiaro da anni. Infatti, nel 1956 De Biasi aveva realizzato un servizio sulla rivoluzione ungherese, lavorando al fianco degli insorti, seguendoli anche in battaglia. In tale occasione era stato ferito a una spalla da una pallottola dell’esercito sovietico, tanto che si era guadagnato il soprannome di “italiano pazzo”. Il reportage che aveva consegnato alla rivista gli aveva fatto conquistare anche l’ammirazione dei lettori stranieri, dato che Epoca aveva venduto il servizio a varie testate internazionali.
Quotidiano protagonista
Tutti gli eventi straordinari che De Biasi ha fotografato non devono fare credere che il suo occhio fosse esclusivamente alla ricerca del sensazionalismo o dei fatti che avrebbero segnato la storia del Ventesimo secolo. Il suo obiettivo si posava pure sulle scene della vita quotidiana e sui loro anonimi protagonisti, come per esempio i barbieri di strada o i lavoratori in pausa pranzo, veri e propri temi narrativi cui dedicò svariati scatti quasi a volere trovare un contrappunto ai servizi sugli eventi epocali e ai volti di celebrità quali Maria Callas, Brigitte Bardot, Federico Fellini e Sophia Loren.
Tutte le foto contenute nella mostra e nel libro sono state selezionate dalla curatrice Enrica Viganò nel corso di una poderosa ricerca all’interno dell’Archivio De Biasi. Tra di esse ve ne sono alcune che hanno segnato la storia del fotogiornalismo italiano e ricordano tutt’oggi quanto le immagini siano importanti per l’accrescimento culturale di un’intera popolazione. Si tratta delle fotografie che Epoca pubblicava sotto for-ma di inserti a colori senza interruzioni pubblicitarie: veri e propri carnet di viaggio che venivano collezionati dai lettori, talvolta persino rilegati o utilizzati nelle scuole come materiale didattico.
Preparazione anzitutto
Quando tutto il visibile sembrava essere ancora in bianco e nero, i colori delle terre esotiche facevano scoprire agli italiani un mondo non ancora globalizzato, composto di popoli e usanze che affascinavano tanto quanto i romanzi d’avventura. De Biasi era cosciente del valore delle sue immagini, e di conseguenza cercò sempre di mantenere un alto livello professionale. “Non sono mai partito allo sbaraglio”, disse, “ma sapendo già tutto quanto era possibile sul tema delle mie foto. E preparavo anche una scaletta delle immagini da fare, che poi aggiornavo, integravo, modificavo giorno dopo giorno sul campo. Mi preoccupavo pure di scattare un’inquadratura verticale e orizzontale di ciascuna delle foto per dare la più ampia libertà al grafico che avrebbe dovuto impaginare”. Un modus operandi che, nonostante siano trascorsi parecchi anni dalla sua storica collaborazione con Epoca, sembra perfetto anche per il terzo millennio.
Le fotografie contenute in questo articolo fanno parte della mostra Mario De Biasi. Fotografie 1947-2003
- Casa dei Tre Oci (VE)
- Dal 13 maggio 2021 al 9 gennaio 2022
- treoci.org
Il catalogo di 304 pagine correlato alla mostra è stato pubblicato dalla casa editrice Marsilio.