Sì, avevate già visto questa fotografia su fotocult.it: l’avevamo scelta come apertura della notizia dei vincitori di categoria della Open Competition dei Sony World Photography Awards 2024.
La foto, realizzata con la tecnica del drone light painting, si intitola Moonrise Spirites over Storr e l’autore è Liam Man, giovane fotografo inglese, vincitore della categoria Landscape della sezione dei SWPA 2024 dedicata alle immagini singole.
Cosa c’è dietro questo scatto? Un paziente studio del soggetto, un progetto creativo, una scalata di quattro ore sotto la neve, di notte, una fotocamera ruzzolata giù per la montagna e – naturalmente – un drone. Come lo sappiamo? In attesa del nostro viaggio a Londra per la proclamazione dei vincitori dei Sony World Photography Awards 2024 – prevista per il 18 aprile – abbiamo intervistato il talentuoso fotografo per curiosare dietro le quinte dei suoi capolavori. A voi la nostra chiacchierata, che ci auguriamo possa essere per lui un piccolo portafortuna.
Il video dell’intera procedura di drone light painting eseguita da Liam Man per realizzare Moonsrise Spirites over Storr.
Sei un esperto di drone light painting. Cosa puoi dirci a proposito di questa tecnica?
Il drone light painting è il mio modo di mostrare i luoghi che mi sono familiari in una luce nuova. Tecnicamente utilizzo droni consumer come strumenti di illuminazione, sfruttandoli per far volare delle lampade LED di notte o al crepuscolo. Con queste fonti di luce artificiale illumino il paesaggio applicando le tecniche del ritratto in studio, provando a raccontare delle storie a proposito dei luoghi ripresi e soprattutto cercando di suscitare nel pubblico le emozioni da me vissute sul campo.
Una fotografia notturna e il timelapse dell’intera sessione di ripresa con la tecnica del light painting con il drone.
Che luci utilizzi esattamente?
Luci LED autocostruite. Inizialmente mi servivo di prodotti preconfezionati per droni, distribuiti da aziende come LumeCube, ma per ottenere una maggiore possibilità di controllo ho preferito iniziare a farne di personalizzate.
In base a cosa scegli se includere o meno il drone nella tua composizione?
Includo la luce nella scena solo quando ritengo che possa effettivamente valorizzare l’immagine.
Nel caso di Moonrise Spirites over Storr, ad esempio, le luci sulla destra bilanciano la presenza della luna, che risalta nella parte sinistra dell’immagine. Ma non è solo una questione di equilibrio compositivo: la scelta è legata soprattutto alla storia che ho previsualizzato per questa immagine. The Old Man of Storr è il nome della formazione rocciosa protagonista della fotografia [che si trova in Scozia, nell’isola di Skye, N.d.R.], che sembra un guardiano seduto sul ripido pendio, che guarda le isole della Scozia visibili sullo sfondo. Ho immaginato un sovrano che sorveglia il proprio regno, protetto da alcuni spiriti o angeli custodi rappresentati dalle luci del mio drone che, proprio per via di questa lettura dell’immagine, ho incluso nella composizione.
Ulteriori informazioni sui due scatti sono sul profilo Instagram dell’autore.
Si tratta di un solo drone fotografato con una multiesposizione?
Sì, in questo caso ho utilizzato un drone e un’esposizione multipla per una questione logistica. Dal punto di ripresa che ho scelto, infatti, le rocce sembrano ben raggruppate per via della compressione prospettica, ma in effetti ci sono circa cento metri tra un picco e l’altro e più o meno quattrocento tra quello a me più vicino e quello più lontano. Dunque non sarebbe stato semplice illuminare tutte le rocce in una sola esposizione come avrei voluto. Mi è capitato in passato di utilizzare due droni, ma operando sempre in solitaria risulta una pratica estremamente scomoda da gestire.
Ci porti dietro le quinte?
The Old Man of Storr è forse il mio posto preferito del Regno Unito, che è il Paese in cui vivo. Nel 2021 lo avevo già fotografato con la tecnica del drone light painting, senza neve e con una composizione centrata. L’immagine, però, non raccontava la storia che avevo in mente: mancava lo sfondo e di conseguenza la metafora del re che sorveglia il reame. Più guardavo la foto, più cercavo il modo di migliorarla. Nel 2022 si sono finalmente verificate le giuste condizioni per riprovare: in Scozia non nevica molto spesso e non è stato semplice scegliere il momento giusto. La foto è stata scattata a metà marzo, in una nevicata tardiva rispetto alla media. Vivo a sud, vicino Woking, nella contea del Surrey, a più di mille chilometri di distanza dal luogo della fotografia, e ho guidato fin lì solo per provare a ottenere l’immagine che avevo in mente, senza alcuna garanzia.
Ho iniziato la scalata a mezzanotte e nevicava molto intensamente. Di solito occorre circa un’ora e mezza per raggiungere la cima, anche una con il bel tempo. Per via della neve ci ho messo quattro ore, non riuscivo a vedere nulla e mi sono perso nonostante fossi stato lì tante volte prima. Quando sono finalmente arrivato in cima, come per magia, la tempesta era passata e ho finalmente potuto vedere bene il paesaggio. Appena ho iniziato a impostare la fotocamera ho visto una luce all’orizzonte e ho istintivamente pensato fosse il sole. Tuttavia, sapendo che mancava ancora molto all’ora dell’alba, ho capito che si trattava della luna. Era rossa perché i cristalli di ghiaccio residui nell’aria dopo la tempesta rifrangono la luce come fa l’atmosfera all’alba. Il brutto tempo che credevo avrebbe rovinato la foto alla fine l’ha resa speciale.
Quando sono arrivato nevicava molto intensamente, ho iniziato la scalata a mezzanotte. Di solito occorre circa un’ora e mezza per raggiungere la cima. Per via della neve ci ho messo quattro ore, non riuscivo a vedere nulla e mi sono perso nonostante fossi stato lì tante volte prima. Quando sono finalmente arrivato, come per magia, la tempesta era passata e ho finalmente potuto vedere il paesaggio che mi era stato celato fino a quel momento. Appena ho iniziato a impostare la fotocamera ho visto una luce all’orizzonte e ho istintivamente pensato fosse il sole. Tuttavia, sapendo che mancava ancora molto all’ora dell’alba, ho capito che si trattava della luna. Era rossa perché i cristalli di ghiaccio residui nell’aria dopo la tempesta rifrangono la luce come fa l’atmosfera all’alba. Il brutto tempo che credevo avrebbe rovinato la foto alla fine l’ha resa speciale.
Pratichi questo genere fotografico sempre in solitaria?
Sì, perché è un processo lento che richiede tempo e pazienza e perché spesso le cose non vanno come previsto. Studio in anticipo il paesaggio, l’idea e le condizioni meteorologiche; attendo a lungo per poi avventurarmi, senza alcuna certezza di riuscire a portare a casa lo scatto.
Inoltre, capita che siano richiesti importanti sforzi fisici, o che si debbano sopportare condizioni climatiche avverse. Basti pensare che per realizzare The Old Man of Storr, ad esempio, ho lavorato a temperature comprese tra i -10°C e -20°C. Per questa serie di fattori non è affatto facile trovare compagni di viaggio.
Proprio nelle situazioni più critiche, non sarebbe più prudente muoversi con un’altra persona?
Certamente bisogna sempre essere responsabili e valutare ogni aspetto. Nel caso finora descritto conoscevo il luogo molto bene e mi sentivo tranquillo perché, nel peggiore dei casi, avrei fatto ricorso al telefono satellitare che ho sempre con me e che posso usare in caso di emergenza. In un’altra situazione, in Islanda, in una laguna ghiacciata ero accompagnato da una guida locale. Camminare su un lago ghiacciato è molto pericoloso e non lo farei mai da solo.
Quanti tentativi ti occorrono per portare a casa il light painting desiderato?
Ora mi è sufficiente un solo tentativo, quindi una sessione notturna. Ci riesco perché faccio procedimenti multipli col drone a diverse velocità e diverse esposizioni, quindi porto a casa tutte le situazioni possibili e una volta al PC posso scegliere tra versioni più o meno luminose. Di solito faccio volare il drone tre volte variando le impostazioni tra un volo e l’altro. Qualche anno fa praticavo il light painting in studio e questo mi ha aiutato a fare rapidi progressi anche sul campo, di fronte a soggetti su grande scala.
Ti definisci un cacciatore di nebbia. Perché?
In generale amo gli eventi atmosferici perché sono temporanei, magici, speciali. Spesso le persone hanno l’istinto di evitarli: se nevica la gente preferisce stare in casa, se c’è nebbia ci si alza tardi…
Uno dei miei obiettivi è quello di fornire al mio pubblico uno strumento per vedere cose che non hanno mai visto prima. Non sono portato per fotografare paesaggi a mezzogiorno, forse perché in quelle condizioni tutti possono vederli.
Hai qualche consiglio per fotografare al meglio con la nebbia?
Il problema della nebbia è spesso la scarsa luminosità: al sorgere del sole la nebbia svanisce. Serve un obiettivo luminoso che consenta l’utilizzo di tempi di scatto rapidi per congelare l’azione ed evitare il mosso, o un treppiedi per stabilizzare la fotocamera nelle lunghe esposizioni. La pulizia della lente è altrettanto importante, perché di fatto la nebbia è una nuvola e spesso può generare condensa sull’obiettivo, che va prontamente rimossa. Quando si scatta con temperature molto basse consiglio l’uso di scaldamani per l’obiettivo perché una volta che l’obiettivo è freddo è soggetto a condense continue.
Sei un Ambassador Adobe. Quanto conta l’editing nelle tue fotografie?
Molto. L’editing è il momento in cui l’anima della fotografia viene fuori. Non mi piace manipolare pesantemente le mie foto. Ogni singolo pixel dell’immagine finale è catturato in fase di ripresa e anche se mi capita di mescolare diverse quantità di luce, lo faccio sempre attingendo a pose realizzate sul campo. In postproduzione cerco di creare le sensazioni che ho vissuto assistendo alla scena da vivo. I file RAW che portiamo a casa sono accurati, ma privi di emozioni e pubblicare un’immagine senza editarla per me equivale a mostrare il mondo come è stato percepito dalla mia fotocamera piuttosto che da me. Nel caso di The Old Man of Storr, ad esempio, ho raffreddato un po’ la temperatura colore perché la luna la rendeva molto rossa e non era quella la sensazione che avevo vissuto. Avevo scalato per ore nella tempesta di neve, ero bagnato, avevo freddo e le mie mani erano gelate.
A proposito di disagi, so che c’è stato un incidente di percorso…
Proprio così: avevo due fotocamere, una per lo scatto che ho scelto e una per un’inquadratura più stretta. Appena ho iniziato a lavorare una delle due fotocamere è scivolata giù per la montagna per circa cento metri. Sono dovuto scendere e risalire pregando che non ricominciasse a nevicare. Sono stato fortunato perché in effetti la tempesta è tornata circa mezz’ora dopo le mie riprese.
Quando hai alzato il tuo primo drone?
Credo tra il 2019 e il 2020 in Scozia, ma niente light painting: era per una normale sessione di ripresa aerea.
Hai mai avuto incidenti di volo?
Per fortuna non molti, il più significativo in Islanda, tra le grotte di ghiaccio. Si può volare in tre modalità: position mode (volo regolare), spot mode (veloce, adatto quando non ci sono ostacoli da evitare) e tripod mode o cinematic mode (movimenti molto lenti, volo stabile). Di solito volo in position mode perché è la modalità a cui sono più abituato, ma in quella situazione ho optato per la modalità tripod pensando potesse garantirmi maggiore stabilità e precisione nel controllo. Una volta nella grotta, però, il drone ha iniziato a driftare e la modalità che avevo scelto non mi consentiva di intervenire. Generalmente opero al buio e faccio affidamento sul gps piuttosto che sulla visibilità. Lo spessore del ghiaccio della grotta, in quel caso, ha limitato il funzionamento del gps e a questo va aggiunto che il riflesso della luce trasportata dal drone sulle pareti di ghiaccio potrebbe aver mandato in confusione i sensori di posizionamento. Certamente lavorerò sempre in position mode in futuro.
Dietro le quinte di “Shore Bound”. Man ha illuminato i picchi rocciosi – alti sessanta metri – pilotando il suo drone della scogliera più vicina, a cento metri sul livello del mare, con una temperatura compresa tra -10°C e -15°C e nel buio più assoluto. Ulteriori informazioni sulla storia del luogo sono sul profilo Instagram dell’autore.
Stampi le tue foto?
Sì. Mi piace fare anche video, ma sento che la fotografia mi appartiene di più. Una foto stampata ha un impatto che dura nel tempo, può essere riguardata a distanza di anni e trasmettere nuove sensazioni.
TI è capitato di esporre i tuoi scatti in una mostra?
Non ancora, ma mi piacerebbe molto. L’intero progetto di drone light painting sarà incluso in un serie intitolata Noumena [noumeno, N.d.R.]. Questo termine indica il concetto secondo cui ognuno di noi percepisce il mondo circostante attraverso i propri sensi e dunque secondo una lettura soggettiva. Non importa quante volte proviamo, non vedremo mai le cose come sono veramente, non sapremo neanche se sono realmente lì dove le vediamo. Ho scelto di intitolare così la mia collezione di fotografie perché voglio mostrare i miei luoghi in modo diverso e spingere le persone a chiedersi se sia opportuno guardare le cose da un’altra prospettiva. Questo sarà lo scopo della mia prima mostra.
Hai mai pensato di vendere le tue foto come opere NFT?
Ci sto ragionando proprio in questo periodo. Vorrei che l’eventuale vendita dei miei lavori supportasse iniziative di beneficenza. In passato ho già contribuito a diverse cause, ad esempio ho raccolto circa 8.000 euro per l’Organizzazione The Prince’s Trust prendendo parte alla sfida Ride Across Britain, che consiste in nove giorni di pedalata per 1557 chilometri, da Land’s End to John O’Groats.
Inoltre, sono sempre stato interessato a questioni come l’antibracconaggio e mi piacerebbe sfruttare le mie capacità per mettere in luce tematiche del genere. Proprio per questi motivi sto valutando l’idea di fondare un’organizzazione no profit tramite la quale vendere le mie fotografie come opere NFT a scopo di beneficenza.
Qual è a tua esperienza fotografica più memorabile?
Proprio quella delle grotte di ghiaccio in Islanda. Era la prima volta che osservavo dei ghiacciai così da vicino. Camminavamo su un lago ghiacciato una notte, dopo un’intensa tempesta, e l’intera superficie del lago si era trasformata in uno specchio. La sensazione che si prova è incredibile, sembra di camminare sull’acqua, circondati da enormi iceberg. Se consideriamo che il 90% di un iceberg si trova sott’acqua possiamo provare a immaginarne le dimensioni incredibili. Ho potuto fotografare i cosiddetti mulini glaciali, dei camini verticali che attraversano i ghiacciai. In estate lo strato superiore di neve si scioglie per via del sole e scorre sulla superficie del ghiacciaio finché non trova una spaccatura. A quel punto cade giù fino in fondo in un’operazione che si ripete ciclicamente, facendo sì che il corridoio generato dal flusso d’acqua diventi sempre più grande e con una forma quasi perfettamente circolare.
Occasionalmente un pezzo del ghiacciaio si può staccare e parte di questo tunnel diventa un iceberg. Gli iceberg si capovolgono e fanno cose stravaganti nel loro ciclo vitale e sono riuscito a fotografarne uno che si è congelato e bloccato in posizione orizzontale in modo tale che ci si possa camminare dentro.
A parte questa meravigliosa esperienza ritengo memorabili tutte le fotografie che faccio, perché sono consapevole dello sforzo che hanno richiesto, della pressione che ho vissuto, del tempo necessario per l’editing e, soprattutto, della grande passione che mi spinge a raccontare i ‘miei’ luoghi attraverso la fotografia.
Bio e contatti
Liam Man, nato nel 1994 a Surrey County (Regno Unito) è un Sony Ambassador di base nel Regno Unito. Fotografo di viaggio e regista, è specializzato in light painting con drone e fotografia di paesaggio e cerca di raccontare la bellezza del nostro pianeta in modo originale ed emozionante, dai paesaggi ghiacciati del Circolo Polare Artico alle vivaci strade di Hong Kong.
All’età di 29 anni Man è stato selezionato per gli International Photography Awards, ha vinto diversi concorsi @world.shooters e ha lavorato con clienti come Sony, Adobe, Frontrunner, DJI e Hyundai.
Ulteriori informazioni su Liam Man e i suoi lavori sono disponibili sul sito ufficiale dell’autore theliamman.com e sul suo profilo Instagram.
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