Il futuro della produzione di contenuti e-commerce per la moda sembra andare verso una sola strada: immagini generate tramite AI.
Molto probabilmente questa strada si incrocerà a breve con i modelli 3D dei prodotti, tagliando fuori completamente anche lo scatto su manichino. Sono diverse le opzioni già disponibili per chi vuole “smaterializzare” lo studio. Eccone una che probabilmente farà parlare di sé.
Vmake AI: l'e-commerce facile facile
Prendiamo in esame Vmake AI: si caricano gli scatti degli abiti fatti su manichino, si sceglie la modella o il modello da una galleria e si generano gli scatti “indossati”. Se non troviamo nel database i modelli che ci piacciono possiamo personalizzarli con qualche click, oppure con poche decine di euro otteniamo la possibilità di caricare delle foto di una persona reale e creare una modella ad hoc da utilizzare tutte le volte che vogliamo.
Dall’equazione, in pratica, si tolgono tutte le figure coinvolte in uno shooting, compresi i modelli che, per giunta, potrebbero ritrovarsi in varie foto senza aver mai visto gli abiti che hanno addosso.
E i diritti delle modelle?
A tale proposito, sarà interessante capire come saranno gestiti i diritti di utilizzo delle immagini visto che la fisionomia della persona, salvo stravolgimenti successivi, sarà praticamente uguale a quella della modella impiegata nel servizio: quanto deve essere evidente la modifica delle caratteristiche fisiche per affermare che l’immagine creata è frutto inedito dell’intelligenza artificiale e che quindi non è più la modella reale che ha posato per lo scatto originale? Ovviamente si finirà per accentuare l’intervento dell’AI per evitare di pagare diritti di utilizzo alla modella, compensata solo per lo scatto originale. Ma torniamo alle professioni in via di estinzione…
Una professione "utile"
Lo sappiamo tutti, l’e-commerce è una noia. Lo è per chi scatta, per chi posa, per gli assistenti sul set, per chi post-produce… Ma, come si dice in gergo, è un’attività che “paga le bollette”, è abbastanza prevedibile, ciclica e calendarizzabile.
La proiezione futura di un’AI che consente di fare a meno di alcune figure ribalta completamente il settore fotografico in ambito e-commerce. Abbiamo già assistito a un processo simile nel settore fotografico degli arredi e delle cucine, rivoluzionato nel corso degli anni dai render 3D. Crediamo che lo scenario sarà simile ma succederà tutto molto più velocemente, se queste sono le premesse.
Questo porterà a un ennesimo appiattimento dello stile e del carattere del materiale prodotto, di cui però tantissimi committenti si accontenteranno, convinti soprattutto dalla convenienza dell’intera operazione (uno shooting classico costerebbe molto di più). L’estrema facilità di utilizzo di programmi come Vmake AI porterà le aziende ad internalizzare questo processo utilizzando risorse di team creati precedentemente per fare altro e che non avranno competenze specifiche. Questo potrebbe essere l’ennesimo circolo vizioso che porta a risultati di performance commerciali inferiori e trend di resi in salita, generando perdite che la maggior parte delle aziende non saprà nemmeno quantificare.
L'uso del termine "AI" riduce le intenzioni di acquisto?
Da qualche mese Instagram ha introdotto l’etichetta “AI” per i contenuti generati con l’intelligenza artificiale, etichetta che si può attivare manualmente (cosa suggerita da IG) o che viene attivata in automatico se il contenuto viene ritenuto creato o modificato con l’intelligenza artificiale dall’algoritmo di IG. Questo ha generato una valanga di lamentele da parte degli utenti che si sono visti applicare ingiustamente il tag ad alcune foto pubblicate. Non ci vogliamo soffermare sull’accuratezza dell’algoritmo, che può essere discutibile, ma ci chiediamo come venga percepita questa cosa. E la risposta è molto chiara: male. L’associazione mentale è semplice: “creato con AI” = “contenuto falso, ingannevole, bello ma non grazie alla tua bravura”.
Questo imprinting che si è creato è molto forte e pensare che non esista nella percezione delle persone è un grave errore (almeno ora, le cose potrebbero cambiare nel prossimo decennio per la generazione “nata” con l’AI).
Secondo uno studio guidato da ricercatori della Washington State University, le aziende potrebbero involontariamente danneggiare le loro vendite includendo le parole “intelligenza artificiale” quando descrivono le loro offerte che utilizzano questa tecnologia.
Le agenzie e le aziende devono valutare molto bene anche questo aspetto, l’impatto emotivo dei contenuti che pubblicheranno legato all’AI non è da sottovalutare. Passare dal “siamo fighi, abbiamo fatto una campagna con l’AI” a “le foto indossate sono fatte con l’AI, chissà come sarà veramente il prodotto” è un confine sottile, molto sottile.
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