Verso la metà del luglio scorso un botta e risposta ha animato lo scenario fotografico internazionale. Da una parte Nikkei, uno dei più importanti siti asiatici di tecnologia, ha affermato che Nikon cesserà la produzione di reflex nel breve periodo, dall’altra Nikon ha prontamente replicato che ciò non corrisponde al vero. Nell’articolo di nikkei.com, in cui si sostiene che anche Canon seguirà la strada di Nikon nei prossimi anni, si attribuisce questa scelta alla rilevata opportunità di concentrare gli investimenti sulle mirrorless. Sui social molti hanno visto l’apocalisse in questa notizia, continuando a versare lacrime sulla tastiera anche dopo la smentita, a ulteriore dimostrazione che le fake news fanno danni seri. Ma non è su questo che vorrei portare l’attenzione. Perché se anche la notizia avesse fondamento, e forse ce l’ha, non sarebbe un problema.
Le senza-specchio, le cui vendite a livello mondiale hanno superato quelle delle reflex già due anni fa, sono un prodotto ovviamente perfettibile, ma maturo. I loro principali limiti congeniti, ossia l’artificiosità della visione tramite mirino elettronico e l’autonomia pesantemente influenzata proprio dal mirino elettronico e dal sensore immagine sempre acceso, sono sempre più trascurabili. Mentre i vantaggi teorici – cito solo l’assenza di vibrazioni, la velocità operativa e l’efficacia dell’autofocus – sono sempre più concreti. Nessuno nega il diritto alla nostalgia, in fondo le reflex hanno fatto la storia della fotografia per oltre 60 anni. E nessuno nega di aver guardato con scetticismo alle prime generazioni di mirrorless, quando il loro livello di maturità era talmente basso da rendere irritante qualsiasi slogan volto a farle preferire alle reflex.
Ma il tempo passa, tutto si evolve e spesso questo percorso si arresta quando un concetto viene spinto fino al limite: è quello che è accaduto alle reflex, il cui ulteriore sviluppo si dimostrato inattuabile dato il nucleo originario costituito da uno specchio mobile. Ed è quello che un giorno accadrà alle mirrorless, anche se non si scorge un confine evolutivo né, tantomeno, alcun mattatore all’orizzonte. Eppure neanche questo sarà, quel giorno, un problema.
Il problema, o meglio, il fatto su cui riflettere, è che dal 2017 al 2021 le vendite di reflex e mirrorless messe insieme si sono più che dimezzate. E il 2017 non è stato certo un anno di grazia, anzi… È in atto un incessante declino dell’industria fotografica, di quella che ha conosciuto gli anni d’oro del XX secolo, che può essere attribuito all’avvento dell’elettronica in generale e degli smartphone in particolare. Le dinamiche su archi temporali così ampi non sono mai semplici da analizzare, ma volendo tentare una sintesi, lo smartphone ha risparmiato a milioni di persone l’obbligo di acquistare la fotocamera per immortalare feste comandate, ricorrenze varie e vacanze. Le montagne di reflex vendute negli anni Settanta e Ottanta, per intenderci, non finirono tutte nelle mani dei fotografi, ma in gran parte in quelle di chi voleva innanzitutto un ricordo, una testimonianza.
La drastica riduzione delle vendite degli apparecchi fotografici “seri” può essere osservata da più punti di vista. Non credo sia sintomo di scarsa cultura fotografica in senso ampio: mi pare che mai come in questi anni stiano fiorendo iniziative culturali molto coinvolgenti, persino in Italia, e che la fotografia stia mantenendo inalterato il suo fascino verso le masse, nonostante la diffusione del video. C’è invece in atto una progressiva atrofizzazione delle coscienze, delle menti, per giunta saturate da un continuo flusso di informazioni che non radicano, non innescano processi creativi. In queste condizioni soggettive è facile godere del bello prodotto da altri, ma dannatamente difficile produrne in prima persona, tanto più se questo richiede maestria nel gestire apparecchi complessi come le moderne fotocamere. Manca cultura tecnica, posso assicurarvelo, anche tra chi si dedica attivamente e con passione alla fotografia. E tra i compiti di questa rivista, a prescindere dal mezzo, c’è proprio quello di diffondere il “saper fare”. Sono però intimamente convinto che anche qualora vivessimo globalmente un nuovo Rinascimento, non rivivremmo i fasti di qualche decennio fa, almeno non quantitativamente. Il nucleo dei fotografi appassionati, preparati, curiosi, pronti a mettersi in discussione e a discutere, è sempre stato una frazione della massa dei possessori di fotocamere. Ed è su questo nucleo che, prima ancora che la discesa sia finita, il “sistema fotografia” deve sintonizzarsi.