Nyalong Wal, 36 anni, porta sulla testa sua figlia Nyamal Tuoch, di 2 anni, mentre viaggia dal villaggio di Lakabang al villaggio di Paguir. Il viaggio dura due ore, durante le quali Nyalong deve guadare l’acqua con una bambina malata in un secchio, che sta portando – come tante altre madri – all’unico centro sanitario della zona. Il terreno sommerso è instabile e alcune parti del percorso sono troppo profonde. Trasportando i bambini sulla testa, le madri si assicurano di poter accelerare il passo dove il terreno è più solido.
Bergamo
Dall’11 ottobre al 9 novembre 2025
Ci vuole coraggio a lottare contro l’acqua, perché l’acqua sa essere spietata. In un batter d’occhio inondazioni e crisi idriche possono spazzar via la vita e mettere in ginocchio intere popolazioni.
Poco importa se l’acqua sceglie di travolgere o assetare una comunità: quella comunità inizierà a lottare per sopravvivere, con tutto il coraggio che riuscirà a mettere insieme.
È proprio “As Brave As We Can” (Il più possibile coraggiosi) il tema della quinta edizione di Fotografica/Festival di fotografia Bergamo, che inaugura oggi – 11 ottobre – e si propone di raccontare le storie di chi lotta con coraggio e resiste in situazioni di profondo disagio.
Il festival – sponsorizzato da Fujifilm – quest’anno ha in programma tredici mostre e dedica la suggestiva sede espositiva dell’Ex Ateneo di Scienze, Lettere e arti – in Città Alta – alle crisi umanitarie legate all’acqua e in particolare ai lavori dei fotografi Peter Caton (Regno Unito) e Roselena Ramistella (Italia). Obiettivi puntati sulle impietose inondazioni in Sud Sudan il primo e sulla siccità che affligge la Sicilia la seconda, i due autori si sono fatti testimoni della straordinaria forza d’animo di persone le cui storie meritano attenzione, consapevolezza e solidarietà.
Nyakeak Rambon, 70 anni, usa il bastone da passeggio per mantenere l’equilibrio mentre torna alla Wangchot Primary School, una scuola abbandonata ora utilizzata da un intero villaggio come rifugio dalle inondazioni. Al calar della notte gli ambienti della scuola sono quasi saturi e occorre affrettarsi per non rischiare di non trovare uno spazio per dormire.
Unyielding Floods: le inondazioni documentate da Peter Caton
Unyielding Floods (inondazioni inarrestabili) di Peter Caton è una serie realizzata nel Sudan del Sud, che dal 2019 è colpito da inondazioni catastrofiche che sommergono terre e abitazioni. Il dramma delle alluvioni si è sovrapposto alla “coda” della guerra civile (2013-2020), amplificando il disagio di un Paese martoriato dal conflitto. Gli abitanti dei villaggi sono intrappolati da nuovi confini idrici, i campi profughi sono diventati isole in mezzo a sconfinate distese d’acqua, il bestiame muore, i raccolti vanno perduti. Si impennano i prezzi dei generi alimentari e aumentano i casi di violenza, di malaria e di malattie provocate dall’acqua stagnante. 1,4 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta e la stima del danno economico, a oggi, è di 542 milioni di sterline.
In questo scenario di devastazione, che a detta degli esperti potrebbe diventare il primo caso di sfollamento di massa permanente dovuto ai cambiamenti climatici, Peter Caton ha puntato la sua Hasselblad sulla straordinaria tenacia di uomini e donne con enormi capacità di reazione e adattamento.
Unyielding Floods, nato su commissione della ONG Action Against Hunger, è stato riconosciuto come uno dei più significativi reportage fotografici sulle alluvioni dell’ultimo decennio e dallo scorso settembre è anche un libro edito Dewi Lewis Pub, che affianca alle immagini le storie delle persone ritratte.
Ne abbiamo parlato con l’autore.
Un ragazzo attraversa un’importante diga che protegge la città di Pibor. Nonostante gli sforzi compiuti dalla comunità per fortificare la diga, questa ha ceduto e diverse zone della città sono state allagate.
A quando risale la prima fotografia di Unyielding Floods?
Ho iniziato le riprese nel novembre 2020. Dal primo giorno ho capito che si trattava di una storia importante che aveva ricevuto scarsa attenzione, quindi sentivo la responsabilità morale di mostrare al mondo cosa stava succedendo. La mia prima esperienza è stata in una scuola utilizzata come alloggio temporaneo dalla popolazione locale che aveva perso le proprie case e i propri villaggi. Le aule erano piene di famiglie, persino il bestiame era stato portato lì al riparo. Era uno scenario sul quale riflettere.
Partiamo dagli aspetti pratici. Quanto è difficile scattare fotografie in un territorio alluvionato?
Parecchio. È impegnativo scattare per intere giornate con quaranta gradi e senza ombra, cercare di rimanere in piedi nel fango denso o guadare acque alluvionali infestate da coccodrilli. Tutto questo risulta ancora più complicato quando te ne vai in giro con ottanta chili di attrezzatura fotografica e flash. Molte volte ci siamo spostati da un villaggio all’altro a bordo di piccole canoe artigianali ricavate dai tronchi degli alberi, che sono spesso instabili. È così che durante uno dei miei viaggi ho perso tutta l’attrezzatura flash, il che è stato straziante.
Bol, un bambino di dieci anni, posa per un ritratto con il pitone che ha ucciso nel cuore della notte precedente. Mentre dormiva, Bol ha sentito il verso dei suoi gattini in pericolo e poco dopo si è trovato faccia a faccia con il serpente. Nonostante suo padre fosse lontano, Bol ha combattuto contro l’enorme rettile per più di un’ora, fino ad ucciderlo. Attenderà il ritorno di suo padre prima di scuoiarlo per venderne la pelle. Proprio come gli abitanti del villaggio, anche i serpenti sono alla ricerca di terreni più elevati e i morsi di serpente sono comuni durante le inondazioni.
Le alluvioni in Sud Sudan paiono inarrestabili. È tutta colpa del cambiamento climatico?
La situazione è complessa. I livelli record delle acque del Lago Vittoria [il più grande lago del continente africano, n.d.r.], combinati con il dipolo dell’Oceano Indiano, che è simile al fenomeno El Niño, hanno provocato gravi inondazioni a valle. Inoltre, le dighe in Uganda hanno effettuato dei rilasci controllati che non hanno aiutato le zone umide del Sudd [regione paludosa del Sud Sudan, n.d.r.], situate in posizione ribassata, dove si è verificata gran parte delle inondazioni che ho documentato. La geografia delle zone umide del Sudd è caratterizzata da terreni argillosi e limosi, noti per il loro lento drenaggio. Questo significa che gran parte dell’acqua può sparire solo attraverso l’evaporazione, che è però un processo che richiede troppo tempo e risulta inefficiente.
Sul tuo sito, quando descrivi il progetto, parli di devastazione su tre livelli. Quali sono?
La catastrofe naturale, la perdita di una vita dignitosa e l’insicurezza alimentare. Ho documentato tutti e tre i livelli: i paesaggi colpiti dall’inondazione, le persone che ne sono state vittime, i raccolti danneggiati e il bestiame morente. Ho visto persone disperate raccogliere bulbi di ninfea in quelle acque infestate da coccodrilli di cui parlavo prima, e vorrei sottolineare che il valore nutrizionale dei bulbi di ninfea è molto basso. Allo stesso tempo, però, ho raccolto la testimonianza fotografica di un’incredibile capacità di adattamento: le persone hanno imparato a coltivare il riso nelle zone alluvionate e hanno iniziato a creare piattaforme galleggianti utilizzando erba ben pressata. È su questi pontoni che provano a ricostruire le loro case.
Nyachuana Lok, sta smantellando la sua casa distrutta per ricostruirla sulla piattaforma galleggiante che ha realizzato compattando l’erba fino a renderla abbastanza robusta da sostenere una casa. Il legno è ormai un bene raro, poiché molti alberi sono morti a causa delle continue inondazioni e la maggior parte di essi è già stata prelevata.
Come hanno reagito le persone di fronte alla fotocamera?
Grazie al fatto che tornavo ogni anno, la risposta che ho ricevuto dalle comunità è stata travolgente. Non ho avuto il tempo di fotografare tutti, ma tutti avrebbero voluto partecipare al progetto. Capivano il valore della presenza di un fotografo straniero disposto a documentare con rispetto la loro situazione. Vedevano nel mio lavoro l’opportunità di far conoscere la loro storia al mondo esterno. Non ho mai avuto problemi con nessuno e mi è sembrato davvero un lavoro di squadra!
Possiamo dire che Unyielding Floods è a metà strada tra la fotografia documentaria e la staged photography?
Per via dell’uso del medioformato, il lavoro è stato lento e il risultato si presta più alla ritrattistica ambientata che ai metodi tradizionali del fotogiornalismo. Utilizzo molto il flash, il che può dare l’impressione che le immagini siano frutto di una messa in scena. Di fatto non è così, perché scatto sempre subito dopo aver incontrato le persone, e se queste persone desiderano essere fotografate accanto alle loro case distrutte cerco di accontentarle. Il confine tra la fotografia documentaria tradizionale e quella in posa è talvolta sfumato e devo dire che questo aspetto non mi dispiace.
L’organizzazione non governativa Action Against Hunger ha creato un progetto pilota di successo per insegnare alle donne delle comunità a coltivare il riso nei terreni alluvionati, al fine di mitigare la minaccia della fame. La formazione responsabilizza le donne locali e si rivela un’alternativa gradita alla ricerca di bulbi di ninfea nelle acque infestate dai coccodrilli. Questa immagine gioiosa è stata scattata alla fine di una lunga giornata dedicata alla semina del riso e il programma è stato ora implementato in varie zone soggette ad alluvioni del Sud Sudan.
Come sintetizzeresti l’andamento del dramma delle alluvioni in questi anni?
Purtroppo, molti dei luoghi che ho documentato nel corso degli ultimi quattro anni sono stati distrutti dalle inondazioni di quest’anno e circa un milione di persone ogni anno vengono sfollate a causa delle inondazioni. La cifra equivale al 35% della popolazione totale del Paese. Storicamente, le inondazioni hanno sempre interessato alcune zone del Sud Sudan, ma la popolazione poteva migrare verso terreni più elevati. Oggi, a causa delle tensioni tribali, le persone reputano pericolosi gli spostamenti e rimangono intrappolate nelle zone alluvionate.
A proposito del tema del festival, As Brave as We Can, è fuor di dubbio che tu abbia fotografato uomini e donne forti e coraggiosi. Credi ci siano persone influenti che dovrebbero mostrare più coraggio e cooperazione?
Lo scioglimento della United States Agency for International Development (USAID) e la riduzione degli aiuti internazionali da parte di molti Paesi occidentali hanno avuto un effetto drammatico su molti Paesi in via di sviluppo, nessuno più del Sud Sudan che, essendo il Paese più povero della terra, dipende fortemente dagli aiuti internazionali. Lo smantellamento della USAID è stato una catastrofe, una scelta davvero miope. Se davvero i Paesi occidentali vogliono combattere l’immigrazione, è necessario che sostengano le economie dei Paesi da cui provengono i migranti.
Arsura: la siccità in Sicilia nelle foto di Roselena Ramistella
Arsura è un progetto di Roselena Ramistella che documenta la crisi idrica senza precedenti che da qualche anno attanaglia la Sicilia, terra d’origine della fotografa.
L’isola mediterranea, ricca di biodiversità e tradizioni agricole millenarie, risente dell’innalzamento delle temperature e della diminuzione delle precipitazioni che hanno causato una riduzione media dell’acqua del 30% rispetto ai valori storici, con gravi ripercussioni sull’agricoltura e sull’allevamento.
Il rendimento di coltivazioni fondamentali, come olive, agrumi e cereali, ha subito un crollo significativo, mentre gli allevatori si trovano a fronteggiare una crescente carenza d’acqua per il bestiame, che minaccia la loro stessa sussistenza. Il progetto documenta le drammatiche conseguenze di questa emergenza, catturando i volti di contadini e allevatori immersi in paesaggi aridi e desolati. Le immagini raccontano di un’isola in crisi, di una terra madre che si fa matrigna, evidenziando il contrasto tra la bellezza naturale del territorio e le sfide quotidiane che i suoi abitanti affrontano in un contesto critico.
La quinta edizione della rassegna biennale Fotografica, Festival di fotografia Bergamo è in programma fino al 9 novembre. La manifestazione è promossa dall’Associazione Fotografica APS in collaborazione con il Comune di Bergamo, con il sostegno dei Main Sponsor Fujifilm, Telmotor e ABB.
Ulteriori informazioni sui lavori di Peter Caton e Roselena Ramistella sono raggiungibili ai seguenti link: petercaton.co.uk e studiotrisorio.com.
Instagram: petercatonpix e roselena_ramistella
Fotografica/Festival di fotografia Bergamo
- Direzione artistica di Daniela Sonzogni
- Monastero del Carmine e Ex Ateneo – Bergamo
- dall'11 ottobre al 9 novembre 2025
- fotograficafestival.it
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