Può una fotografia di paesaggio raccontare le trasformazioni della Terra, il rapporto tra materia e tempo e l’impermanenza?
La risposta non è affatto scontata. A proposito di tempo, allora, prendiamocene un po’ per riflettere.
Non c’è dubbio che nella rappresentazione del cambiamento la fotografia (da intendersi come un unico scatto) incontri grosse difficoltà per via della sua natura istantanea. Eccezion fatta per le lunghe esposizioni, infatti, non c’è modo di racchiudere più momenti distribuiti nel tempo in una singola posa. Se poi i momenti a cui facciamo riferimento sono intervallati da anni, secoli o millenni, persino il magico potere delle lunghe esposizioni viene meno.
Se vuole parlarci di come gli elementi hanno plasmato la Terra nel tempo, la fotografia ha bisogno di un supporto, che potrebbe essere il bagaglio culturale di chi osserva lo scatto. Chiunque abbia appreso che l’azione del vento erode le rocce, ad esempio, saprà ricollegare immediatamente l’immagine di una roccia smussata all’eventualità che ciò che sta osservando sia opera del vento.
In alternativa alla conoscenza precostituita, la fotografia può appoggiarsi al racconto – orale o scritto – del fotografo o di chi conosce il soggetto ripreso.
Ciò vuol dire che saranno le parole a contestualizzare e agevolare la lettura del paesaggio ritratto e che il linguaggio verbale e visivo si rafforzeranno a vicenda trasmettendo un messaggio sicuramente più incisivo.
Stefano Balma, fotografo torinese classe 1988, è un amante degli slanci creativi di Madre Natura e si adopera per raccontarne la bellezza attraverso immagini pulite. Si guarda intorno con attenzione e si concentra sui dettagli che racchiudono lunghe storie sulla vita del nostro Pianeta.
Il suo debole per la forza creatrice e modellatrice della natura Stefano l’ha scoperto in Islanda, l’isola in cui la metamorfosi del Pianeta sembra viaggiare col piede sull’acceleratore, mentre “l’attività vulcanica plasma la terra, il ghiaccio e l’acqua la scavano, e il vento, spesso violento, la modella e la leviga”.
La fotografia di paesaggio autentica
Stefano fotografa senza fretta e postproduce pochissimo. Mediamente fa il grosso del lavoro in un’ora e nei giorni successivi allo scatto lo riguarda più volte, per aggiustare il contrasto e i colori cercando di evitare qualsiasi eccesso.
“All’inizio – ci ha spiegato – cercavo composizioni complesse usando tecniche come il focus stacking o il focal blending e aggiungendo fonti di luce per rendere tutto più suggestivo. Quel tipo di postproduzione mi offriva infinite possibilità creative, ma mi obbligava a passare troppo tempo al computer”.
Quando si è reso conto che le sue immagini finivano per assomigliare sempre più a delle illustrazioni digitali, il fotografo ha iniziato a prendere le distanze dal trend del cosiddetto “effetto wow”. Ha deciso di semplificare il processo partendo da una migliore gestione sul campo, in particolare dedicando più attenzione alla lettura della luce naturale, alla composizione, ai dettagli più evocativi.
Scatti più o meno inaspettati
Spesso Stefano arriva sul “set” già documentato a proposito del luogo da fotografare, così da poterne valorizzare le peculiarità ma, viaggiando molto, non è raro che si ritrovi improvvisamente di fronte a panorami o particolari che non può fare a meno di immortalare, per poi studiarne la storia e le caratteristiche in una fase successiva.
È così che andata in Giordania e in particolare a Petra, un luogo che il fotografo ha definito “un libro sulla storia della Terra, un diario dettagliato di intere ere geologiche”.
I suoi scenari del cuore, però, al momento sembrano essere due: la Lapponia finlandese in inverno, con i suoi abeti ricoperti di galaverna che evocano antiche creature cristallizzate, e le aree di Kerlingarfjöll e Landmannalaugar, nelle highlands islandesi. “Camminare in quelle valli”, sostiene, “è come immergersi in un caleidoscopio di linee e colori, dove l’odore dello zolfo e le formazioni laviche ricordano costantemente di come quella terra sia giovane e viva”.
L’attrezzatura fotografica dietro i paesaggi di Stefano Balma
Stefano scatta con una mirrorless Nikon Z6 II (a dirla tutta possiede due corpi macchina identici) e predilige l’obiettivo Nikon 24-120mm, per la sua versatilità e per l’ottima nitidezza. Sebbene ami cercare dettagli lontani con un Sigma 100-400mm, il protagonista di questo articolo preferisce lunghezze focali che gli consentano di avvicinarsi parecchio ai soggetti, permettendogli di esplorarli da vicino e vivere un momento speciale che proverà a raccontare con i suoi scatti.
Quando non deve affrontare lunghe camminate porta con sé anche un grandangolare Nikkor Z 14-24mm f/2.8 e un treppiedi Rollei da viaggio.
Generalmente scatta con diaframmi compresi tra f/7,1 ed f/11 e, se le condizioni di luce lo consentono, lavora a mano libera con ISO automatico, all’occorrenza giocando con la compensazione dell’esposizione. Utilizza sempre un filtro polarizzatore, che ritiene indispensabile quando si fotografano rocce, acqua o ghiaccio.
La fotografia che prova a raccontare le storie della Terra
Le immagini che illustrano questo articolo, tutte tratte dal progetto intitolato Shapes of Earth, sono rispettose citazioni di lunghe e meravigliose storie naturali, che invitano a ragionare su quanto sia importante rallentare e mettersi in ascolto del paesaggio e di chi si offre di raccontarcelo.
Mentre ci propone lo scatto delle rocce del lungomare di Genova Nervi, ad esempio, Stefano ci parla di sedimenti di antiche frane sottomarine compattatisi sott’acqua nel corso di migliaia di anni, poi emersi e modellati dall’erosione del vento e dal moto ondoso del mare.
Per ciascuna fotografia pubblicata in questo portfolio i più curiosi potranno leggere una breve descrizione in didascalia, gentilmente elaborata dall’autore stesso.
Fonti di ispirazione
A questo giovane e sensibile fotografo abbiamo chiesto chi o cosa avesse influenzato il suo modo di fare fotografia. Ci ha risposto così: “Da quando un amico mi ha consigliato ‘La Creazione’ di Ernst Haas, considero questo libro il mio punto di riferimento quando lavoro alla struttura o allo storytelling dei miei progetti fotografici. La mia serie intitolata ‘Shapes of Earth’ deve molto a questo libro. La stessa cosa vale per ‘Genesi’ dell’immenso Sebastião Salgado, una vera pietra miliare della fotografia.
Un fotografo che ho studiato molto è Luigi Ghirri. Il suo concetto di ‘soglia’ e la sua capacità di trasformare angoli banali in luoghi straordinari li trovo meravigliosi.
Ci tengo a dire che per la paesaggistica contemporanea sono soprattutto le autrici donne a stupirmi e a ispirarmi. Amo i lavori astratti di Sally Mason e Sandra Bartocha o la fotografia concettuale di Jungjin Lee, che mi ha positivamente sconvolto.
Per il resto le mie fonti di ispirazione sono tutte al di fuori della fotografia. Amo da sempre i temi introspettivi, mi appassionano la mitologia e il simbolismo di molte culture e trovo molto affascinanti le neuroscienze.
La filosofia buddhista è quella che più di ogni altra ha influenzato il mio modo di pensare e di vivere, facendomi apprezzare il valore del momento presente e il contatto con la natura. Ciò detto, sono convinto che le mie fonti di ispirazione possano variare di giorno in giorno”.

Bio e contatti
Stefano Balma è nato a Torino nel 1988 e nel 2018 si è trasferito a Genova, dove ha scoperto la fotografia, che ha approfondito da autodidatta durante i suoi viaggi.
Incentra i suoi scatti su paesaggi naturali e dettagli, spinto dal desiderio di esplorare temi come il rapporto tra la materia e il tempo. Il percorso creativo di Stefano prende forma in una serie di progetti interconnessi, tra cui Shapes of Earth (al quale è dedicato questo articolo), che interpreta il paesaggio come una scultura in eterno divenire, Shapes of Ice, che rappresenta l’angoscia del fluire della vita attraverso un reportage sullo scioglimento dei ghiacciai, e Sati Vana, che raffigura il Parco Naturale del Beigua come luogo di introspezione e trasformazione interiore.
Le fotografie di Stefano Balma sono state premiate in diversi concorsi internazionali e il progetto Shapes of Earth è stato pubblicato sulla rivista Elements photomag. Dal 2023 collabora con la scuola FotoCorsi come tutor e guida per viaggi fotografici, e con la galleria web Cinque Rosso Arte di Bologna per la vendita di alcune sue stampe in edizione limitata. Dal 2025 ha iniziato a stampare personalmente i suoi scatti su carta fine art, vendute in tirature limitate e certificate.
www.stefanobalma.com
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