In Italia la fotografia è tutelata da una legge che ha più di ottant’anni, la n. 633 del 1941, nota come legge sul diritto d’autore. La quale, capirete, non si occupa soltanto di fotografia ma protegge in generale le opere dell’ingegno – numerosi gli esempi, dai libri ai film, ai dipinti… – da utilizzi che prescindano dal consenso dell’autore. Lo scopo della tutela è quello di garantire che gli autori possano trarre un profitto dal loro lavoro. Se volete leggerne l’intero testo lo trovate qui.
Fotografi: autori di serie B?
La legge n.633/1941 ha un problema con i fotografi, che in alcuni casi possono risultare meno tutelati rispetto agli autori di opere di altra natura. Per correggere quella che oggi può apparire una sperequazione, a inizio aprile è stata presentata dai deputati Federico Mollicone e Alessandro Amorese una modifica alla legge del diritto d’autore.
La proposta parte dalla presa d’atto che il lavoro dei fotografi è cambiato e che l’intero settore è stato ridefinito dalle nuove tecnologie di larga diffusione. E così, mentre la fotografia subiva una rivoluzione semantica ed estetica finendo nelle mani di chiunque avesse uno smartphone in tasca, i fotografi professionisti si sono trovati a dover difendere (anche economicamente) il loro ruolo.
Uno dei nodi centrali della proposta di modifica di cui sopra è eliminare la distinzione fra “fotografia semplice” e “opera fotografica”, che si basa sul valore dell’apporto autoriale. In soldoni, una “fotografia semplice” rappresenta una mera riproduzione della realtà (persone, cose, paesaggi…), priva di originalità e ottenuta con un procedimento alla portata di chiunque. Invece, l’opera fotografica presenta carattere creativo ed elementi di originalità.
Cosa è la creatività?
Oggi che tecnica e strumenti si sono popolarizzati, e che la creatività è un concetto alquanto vago non soltanto nei tribunali, capirete che questa distinzione può creare malintesi. Il punto è che le fotografie semplici sono tutelate dalla legge 633/1941 per un periodo di vent’anni dalla produzione, contro i settant’anni riconosciuti alle “opere fotografiche” e conteggiati dalla morte dell’autore, come nel caso di qualunque opera intellettuale. Sarebbe bene evitare malintesi.
La proposta degli onorevoli Amorese e Mollicone, in sostanza, mira ad applicare la tutela delle opere intellettuali a tutte le opere fotografiche – quindi sostanzialmente a tutte le fotografie, analogiche o digitali che siano – nelle quali si rilevi l’impronta dell’autore che, anche a livello di elaborazione, ne evidenzi l’apporto creativo. Il testo della modifica cita espressamente “il lavoro tecnico” come insieme di scelte fotografiche, tecniche e artistiche che rendono unica l’immagine, dal momento che queste esprimono la volontà e la creatività.
Anche se le modifiche al testo della legge non lo dicono esplicitamente, il modo in cui sono congegnate tiene evidentemente conto del fatto che il processo fotografico è oggi più complesso che in passato, e che le occasioni di introdurre l’apporto creativo non si limitano alla fase di ripresa, ma riguardano – com’è logico – anche la fase post-produzione.
L'IA può vanificare tutto?
Al di là del fatto che la legge n.633/1941 sarà ritoccata o meno, quel che rimane ancora da capire è come e quanto l’uso dell’intelligenza artificiale impatterà sulle problematiche legate al diritto d’autore. E d’altronde la AI viene inevitabilmente citata nelle premesse che accompagnano la proposta di modifica: “L’uso di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale – scrivono i promotori – va interpretato come uno strumento accessorio al servizio dell’intenzione autoriale, limitato al miglioramento della qualità o alla sperimentazione stilistica, senza mai sostituirsi alla sensibilità creativa del fotografo. Diversamente, un impiego preponderante dell’intelligenza artificiale che annulla l’intervento umano, riduce l’opera a un prodotto replicabile e privo di autenticità artistica”.
Ma a ben guardare, questo corsivo rimescola l’intera faccenda. Chi e come può stabilire qual è il limite del miglioramento qualitativo attribuibile all’impiego della AI? E quando, invece, l’intervento dell’intelligenza artificiale può considerarsi preponderante tanto da annullare l’elemento umano? A rigore la creatività, il dominio del processo, possono esprimersi anche nella scrittura di un prompt, ossia dell’istruzione testuale che viene data a un algoritmo generativo, e che è decisiva per il risultato. E a quel punto anche i suoi frutti meriterebbero la tutela del diritto d’autore.
Alcune delle fotografie che accompagnano queste note sono state generate con ChatGPT, e magari un fotografo che sa il fatto suo saprà riconoscerle. Una è questa qui sopra, per la quale la AI si era inizialmente detta impossibilitata a inserire personaggi noti in un contesto inventato, ma poi si è offerta di creare un’immagine realistica di una “figura generica che regge una bandiera arcobaleno”. Di chi sono i diritti di questa “fotografia”? Temiamo che si tratti di una materia i cui confini saranno sempre più liquidi e il legislatore non potrà mai nuotare abbastanza veloce.
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