Un fotografo sconosciuto che forse non avrebbe nemmeno voluto che i propri scatti venissero mostrati in pubblico. Ma qualcuno ha pensato che trascendessero il loro scopo originale a tal punto che valeva la pena farne un libro in edizione limitata.
Se si pensa a Diane Keaton vengono in mente i film di Woody Allen ambientati a Manhattan. Mai si immaginerebbe che l’attrice americana abbia acquistato in blocco un archivio fotografico che documenta incidenti automobilistici mortali e roghi devastanti consumatisi nella profonda provincia degli Stati Uniti. Eppure l’ha fatto e da quella raccolta di negativi è nato un libro che ha curato assieme al fotografo Nick Reid. Si intitola Dead of Night e l’autore delle immagini in esso contenute si chiamava Robert H. Boltz.
Di lui si sa pressoché nulla, se non che è morto nel 2006 all’età di 81 anni e che viveva e lavorava nella contea di Washington, in Wisconsin. Oltre che essere medico legale era incaricato anche di scattare le foto delle auto che di notte venivano coinvolte in incidenti stradali, talvolta talmente gravi da ridurre i veicoli ad ammassi di lamiere accartocciate.
Dead of Night: un libro dalle fotografie senza titolo, né tempo, né spazio
Le fotografie nel libro – di cui si trova ancora in circolazione la prima edizione stampata in mille copie – non hanno titolo e nemmeno alcun riferimento che le contestualizzi con precisione nel tempo e nello spazio. È presumibile che le informazioni circostanziate – identità delle vittime, luogo e ora dell’incidente – venissero registrate nei documenti ufficiali redatti e conservati dalle autorità, così spetta all’osservatore cercare di ricostruire una storia a partire da un singolo elemento muto, che è appunto un’automobile distrutta. Certamente non aiuta il fatto che lo sfondo sia sempre nero come la pece e che a parte qualche segnale stradale e qualche guardrail non vi siano abitazioni o insegne di negozi che diano a intendere l’esatta località della scena.
Di sicuro c’è che ci si trova in campagna, lontano dai centri densamente urbanizzati. Molto più rivelatori sono i modelli dei veicoli fotografati, che anche a un occhio inesperto evocano immediatamente gli anni ’50 o ’60. Quindi gli scatti di Boltz da un lato mostrano tutto ciò che c’è da vedere, mentre dall’altro mantengono un alone di mistero che risulta quasi inquietante. Inoltre le lampade con cui illuminava i soggetti conferivano loro un aspetto scultoreo che oggi rimanda a una installazione di arte contemporanea.
Inquadrare meglio Robert H. Boltz
È per tutto questo che Boltz, nonostante o forse in virtù del suo minimalismo, è difficilmente inquadrabile. O, per meglio dire, non si lascia cogliere tramite le associazioni mentali più banali che si potrebbero fare sfogliando le pagine di Dead of Night. Sarebbe fin troppo facile evocare la cronaca nera raccontata dall’obiettivo di Weegee o del messicano Enrique Metinides, ma per loro la presenza delle persone era fondamentale e i loro servizi per i tabloid erano sempre ambientati in città, quasi a suggerire all’uomo comune che il pericolo si nascondeva dietro l’angolo. Bisogna spostarsi fuori dall’ambito puramente fotografico per tentare di descrivere gli scatti di Boltz.
Innanzitutto si deve fare un’incursione nella letteratura del Ventesimo secolo al fine di comprendere come parallelamente al senso di inquietudine e orrore evocato da un’auto incidentata ne corra, per alcuni, uno di pura fascinazione. Succedeva, per esempio, allo scrittore J. G. Ballard, famoso tra l’altro per un libro del 1973 intitolato Crash, da cui nel 1996 David Cronenberg trasse il film omonimo. I protagonisti sono un gruppo di persone che rievocano famosi incidenti automobilistici, come quelli che costarono la vita ad alcune celebrità.
Il fascino dell’ambiguo
Il tema era già stato affrontato nei primi anni ’60 da Andy Warhol, ma furono lo scrittore inglese e il regista canadese a elaborarlo più compiutamente. Restando nel campo cinematografico, nella postfazione al libro Diane Keaton scrive che le foto di Boltz le ricordano le atmosfere dei film noir degli anni ’30, tuttavia se di atmosfere e di sensazioni si deve parlare, allora le pellicole che vengono in mente osservando gli scatti sono quelle di David Lynch. Film che suscitano un senso di disagio che nulla ha a che vedere con l’orrore e la repulsione ma deriva piuttosto dal sentirsi coinvolti in una storia ricca di ambiguità, questioni in sospeso, allusioni, vuoti d’interpretazione. Infatti anche le foto di Boltz, a dispetto di quanto siano chiare, sono domande senza risposta, paragonabili – e il cerchio si chiude ritornando alla fotografia – agli scatti suburbani di Todd Hido o a quelli di architettura di Hiroshi Sugimoto. Immagini nelle quali, sinesteticamente, si vede un silenzio che stimola l’immaginazione a interrogarsi sul non detto.
Dead of Night
Titolo Dead of Night
Formato 23,6×29,2cm
Immagini 32
Pagine 72
Lingua inglese
Prezzo 64 euro ca.
Editore twinpalms.com