Torino
Dal 19 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024
Mercoledì 18 ottobre, a Torino, passeggiavamo tra le sale di Camera – Centro Italiano per la Fotografia che accolgono l’antologica André Kertész. L’opera 1912-1982. Tra gli autori più noti del Ventesimo secolo, Kertész (Budapest, 1894 – New York, 1985) ha saputo distinguersi per la capacità di soffermare il suo sguardo poetico sulle cose più semplici. “Fotografo il quotidiano della vita”, diceva, “quello che poteva sembrar banale prima di avergli donato nuova vita”. La mostra, composta da oltre centocinquanta immagini che ripercorrono la carriera di Kertész in giro per il mondo, è realizzata in collaborazione con la Médiathèque du patrimoine et de la photographie (MPP) di Parigi, istituto che conserva gli oltre centomila negativi e tutti gli archivi donati dal fotografo allo Stato francese nel 1984, comprese alcune stampe a contatto, una parte della biblioteca e la sua fitta corrispondenza.
Gli esordi di André Kertész
La prima sala “parla” di radici, di inizi. Le pareti accolgono gli appunti visivi di un giovane fotografo energico e spiritoso, affezionato alla famiglia, agli amici e alle campagne del suo Paese d’origine. Kertész, entusiasta di fotografare tutto ciò che aveva intorno, non risparmiava neanche sé stesso: si riprendeva in ogni contesto – mentre saltava, mentre si tuffava, mentre nuotava, travestito da donna – spesso con la complicità del fratello minore Jenö, fedele compagno di sperimentazioni.
Fanno incursione, in questo primo ambiente dedicato agli anni ungheresi di Kertész, una manciata di ritratti e autoritratti di coppia scattati successivamente a Parigi con sua moglie, Erzébet (Elisabeth), di fatto conosciuta in Ungheria e poi sposata nella Ville Lumière dopo una lunga separazione. Sin da subito quella del fotografo ungherese fu una fotografia realista e immediata, che prese le distanze dal pittorialismo al tempo in voga tra i colleghi della sua generazione.
Non fu questa la sola scelta controcorrente compiuta dall’autore nel corso della sua prolifica attività fotografica. Arruolato nell’esercito austro-ungarico allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, infatti, Kertész decise di puntare l’obiettivo lontano dalla rappresentazione dei momenti più cruenti del conflitto. Le immagini di questo periodo si concentrano sulla quotidianità della vita in trincea, sulla descrizione delle attese, delle marce estenuanti dei soldati, dei momenti di pausa. Va ricondotta a questa fase la celebre fotografia intitolata Uomo che nuota sott’acqua, che il fotografo – divertito dal modo in cui l’acqua deformava la figura dell’uomo – scattò nel 1917 in una piscina in cui era solito recarsi con i soldati.
Arrivati a questo punto della visita, appena al termine della seconda di sei sale, non è difficile rendersi conto che tutti gli elementi ricorrenti dello stile fotografico di Kertész si sono già manifestati. Il visitatore ha già fatto i conti, almeno una volta, con una veduta notturna, una ripresa dall’alto, un taglio molto spinto, uno studio di ombre, una “distorsione” e una generosa spolverata di senso dell’ironia.
Gli anni di Kertész a Parigi
Con questo personale bagaglio visivo l’autore intraprese il viaggio che accomuna tantissimi protagonisti della fotografia e dell’arte del Novecento, spostandosi dal proprio Paese d’origine a Parigi e da Parigi agli Stati Uniti.
Gli ambienti della mostra torinese ripercorrono le tappe di questo viaggio, capitoli durante i quali Kertész non smise di dedicarsi con costanza ai suoi motivi fotografici prediletti. A Parigi, dove si trasferì nel 1925, l’autore seppe inserirsi nel fermento artistico del periodo ritraendo personaggi che hanno fatto la storia della cultura e del costume del Novecento. Risalgono a questo momento le celebri nature morte scattate nello studio del pittore Piet Mondrian, così come La Danzatrice satirica e le famose Distorsioni ottenute fotografando le figure delle modelle riflesse negli specchi deformanti presi in prestito dai baracconi del luna park.
Tuttavia, era nella strada – di giorno e di notte – che il fotografo cercava “la vera natura delle cose, l’interiorità, la vita”, per dirla con le sue stesse parole. Ancora vedute notturne, ancora riprese dall’alto, ancora ombre e ombre riprese dall’alto, per immortalare le curiose metamorfosi dei corpi nelle loro strambe sagome proiettate a terra.
“Lo stile di Kertész”, scriveva John Szarkowski nel 1964, “rivelava un gusto per le cose leggermente strane: una distorsione sottratta al macabro dalla sua amabile giovialità. Rivelava un amore per il motivo piatto e l’ambiguità spaziale. E oltre a questo, Kertész aveva una conoscenza intuitiva del realismo della macchina fotografica, della sua capacità di imprigionare il dettaglio eloquente, la texture convincente, il momento culminante”.
La fotografia di Kertész si sposta oltreoceano
L’amore per il motivo piatto e per l’ambiguità spaziale si fa ancora più evidente nella sala dedicata agli Stati Uniti, dove Kertész trascorse la seconda parte della vita, dal 1936 al 1985, anno della sua morte. Trasferitosi nella Grande Mela dopo la proposta dell’agenzia Keystone di lavorare come fotografo di moda per un anno, Kertész si scoprì presto insoddisfatto del numero limitato di lavori assegnatigli e iniziò un periodo di attività da freelance. Dopo sporadiche collaborazioni con testate importanti riuscì a ottenere un commissionato dalla celebre rivista Life, che purtroppo non pubblicò mai l’accurato servizio del fotografo ungherese dedicato ai trasporti marittimi di New York e del New Jersey, né gli altri tre da lui inviati spontaneamente.
L’escalation di delusioni sembrò interrompersi con il contratto di esclusiva stipulato nel 1947 con Condé Nast, che il fotografò sciolse solo nel 1961 per appagare le proprie esigenze creative svincolandosi definitivamente dalle richieste dei suoi committenti che per anni non aveva saputo accettare di buon grado.
Kertész fotografò spesso la città dall’alto, dalla finestra del suo appartamento al dodicesimo piano di un edificio nel Greenwich Village di New York, producendo immagini via via più grafiche e astratte. Va da sé che anche questa fase di creatività a briglia sciolta è ricca di sperimentazioni con le ombre e suggestive cartoline notturne.
Il mondo della fotografia riconosce il valore di Kertész
Nel 1963 il direttore del periodico Camera, Romeo Martinez, invitò André Kertész a esporre alla IV Biennale Internazionale della Fotografia di Venezia. Al successo della retrospettiva fece subito seguito una seconda mostra europea – voluta da Jean Adhémar, conservatore al Cabinet des Estampes et de la Photographie della Bibliothèque nationale de France – e, nel 1964, la grande personale al MoMA di New York, curata da John Szarkowski.
Le tre mostre diedero impulso al meritato processo di riconoscimento di un artista che ha donato al mondo della fotografia un patrimonio inestimabile, senza mai rinunciare a un approccio curioso durante la pratica fotografica. A chi avesse ancora poca contezza dell’inclinazione sperimentale di un fotografo che è stato preso a modello persino dai più grandi maestri della fotografia (Brassaï e Henri Cartier-Bresson solo per citarne un paio) basti pensare che Kertész pensò bene di iniziare a utilizzare la Polaroid SX-70 alla tenera età di ottantacinque anni.
La mostra, curata da Matthieu Rivallin, responsabile del Dipartimento di fotografia della MPP e grande esperto di Kertész, e da Walter Guadagnini, direttore artistico di CAMERA, celebra anche il sessantesimo anniversario della presenza del fotografo alla Biennale di Venezia: la traccia delle opere in mostra si basa infatti sulla lista manoscritta delle opere esposte in quell’occasione, ritrovata tra i documenti presenti negli archivi della MPP, una curiosità in più che lega il grande maestro al nostro Paese.
Titolo André Kertész. L’opera 1912-1982
Formato 23x28cm
Pagine 188
Lingua italiano
Prezzo 30 euro
Editore dariocimorellieditore.it
André Kertész. L'opera 1912-1982
- A cura di Matthieu Rivallin e Walter Guadagnini
- Camera - Centro Italiano per la Fotografia, via delle Rosine, 18 – Torino
- dal 19 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024
- lunedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 11-19; giovedì 11-21; martedì chiuso
- intero 12 euro, ridotto 8 euro
- camera.to