Maleonn è tra i numerosi autori che hanno preso parte alla prima edizione di PHOTOFAIRS New York (8-10 settembre 2023), la nuova fiera d’arte contemporanea dedicata alle opere fotografiche e digitali. Il lavoro del fotografo cinese è stato esposto presso lo stand della Shun Art Gallery, in una personale orientata a illustrare la pratica artistica che Maleonn ha sviluppato nel corso della sua carriera. Navigando nell’eclettico sito personale dell’autore ci siamo imbattuti nella mini serie The Last Knight in Shanghai, composta da due immagini. La curiosità ci ha spinti a contattare l’artista per farci raccontare la storia della serie e la realizzazione di una delle due fotografie.
Maleonn racconta The Last Knight in Shanghai
“Nel giugno 2020 la vecchia casa di mio zio, situata al 418 di Xinzha Road, a Shanghai, è stata demolita a causa dei lavori di edilizia urbana. Novanta anni fa, mio zio aveva avviato da zero la sua attività nel cuore di Shanghai. Dopo il suo successo, costruì questo edificio in centro città e lo chiamò Shangji Fang, che significa il luogo più propizio. La scomparsa di questa costruzione, che durava da quasi cento anni, ha portato via anche il nome di ‘Shangji Fang’ dalla mappa, insieme all’unico ricordo materiale della mia famiglia materna a Shanghai.
Quando mi sono recato nella vecchia casa prima delle riprese, mi è venuta in mente l’immagine di un cavaliere, con un’armatura lucida ma ingombrante – una specie di Don Chisciotte – inspiegabilmente intrappolato, bloccato fisicamente in uno spazio e metaforicamente nella memoria e nel tempo passato, senza veri e propri avversari, né armi. Tutti i cavalieri che hanno combattuto e vissuto momenti di gloria saranno alla fine sconfitti dal tempo. Questo è il destino dell’uomo, delle città e dei ricordi.
Non ho mai vissuto in questa casa, ma l’ho visitata più volte durante la mia infanzia perché ci abitavano le famiglie dei miei due zii. In seguito alla scomparsa della generazione più anziana i più giovani hanno deciso di trasferirsi all’estero. L’abitazione era rimasta intatta, persino le decorazioni della stanza erano identiche a più di dieci anni fa.
Ho scattato con una fotocamera Fujifilm GFX 50S e mi sono servito di una lampada cinematografica posizionata fuori dalla finestra per simulare una luce naturale intensa. Volevo riprodurre la luce laterale in ingresso da una finestra tipica del pittore olandese Vermeer, che per me ha un fascino eterno. Il protagonista delle due foto della serie è un caro amico, collezionista di armature, che ha accettato di posare per me indossandone una.
Nei miei ultimi dieci anni di attività artistica, il mio metodo più ricorrente è stato quello di creare una scena, come un set cinematografico, in cui ogni dettaglio è costruito con cura e ciascun piccolo oggetto ha un significato, ma questo lavoro rappresenta un’eccezione. Quando ho rivisto la casa prima delle riprese mi sono commosso per la scena che avevo davanti. A mio parere, tutti i dettagli erano già perfetti e in ogni traccia conservata naturalmente – persino nelle macchie sul muro, nella polvere e nei giornali ingialliti sul comodino – c’erano frammenti di storie realmente vissute. Quindi, a parte l’apparizione dell’uomo in armatura nell’immagine, tutto il resto è esattamente come appariva nella scena originale. Ho preferito non intervenire in alcun modo, forse perché crescendo sto imparando a rispettare il tempo e ad apprezzarne il valore”.