La diffusione dell'intelligenza artificiale generativa accende i riflettori sulla necessità di uno strumento in grado di certificare l'originalità di un'immagine. fotocult.it è tra le aziende che hanno deciso di sostenere la Content Authenticity Initiative.
Chi lavora nel mondo della comunicazione avrà sicuramente già sentito affermazioni di questo tipo o studi sull’impatto che hanno le immagini sulle nostre emozioni, la nostra attenzione e la creazione inconscia di un’idea sul contesto raffigurato. Sorvoliamo sull’accuratezza di tali numeri, spesso sono studi presi e ripresi nel tempo ma di sicuro possiamo affermare che bastano pochissimi secondi o attimi per innescare emozioni e pensieri quando guardiamo una fotografia. A differenza di un testo che va letto e compreso un’immagine è molto più diretta e alla portata di tutti, è una “lingua universale”.
La fotografia, anche se reale, non è sempre sincera
Inoltre tendiamo ad attribuire a una fotografia una verità inconfutabile: se c’è la foto c’è la prova che quel fatto, quell’avvenimento è successo veramente. Un testo scritto o una rappresentazione artistica come un’illustrazione o un dipinto sono sempre strumenti che richiedono un’elaborazione da parte di chi le produce, che può falsare il contenuto o enfatizzare dettagli anche in modo involontario o a causa di bias dovuti al momento storico o di posizioni di pensiero soggettive. La foto invece è sinonimo di realtà, è un attimo del tempo congelato per sempre.
Questo è un pensiero molto comune anche se effettivamente non possiamo prenderlo per vero nella sua totalità; già il fatto di inquadrare una scena può essere percepito come un falsare la realtà. Quando il fotografo decide cosa inserire all’interno del fotogramma sta anche decidendo cosa non mostrare. In certi contesti può essere superfluo e non cambiare il senso della foto, ma in altri potrebbe modificare totalmente il messaggio.
L'intelligenza artificiale e un dubbio crescente: è vero o falso?
Più passano gli anni più ci stiamo allontanando dalla visione della fotografia come verità, spostandoci verso il dubbio costante: sarà un’immagine vera? Sarà stata modificata? È troppo bella per essere vera, chissà com’è l’originale. È un fake! Tutto questo negli ultimi mesi è completamente “esploso” con l’arrivo di tool di intelligenza artificiale generativa alla portata del grande pubblico, come Dall-E 2 o Midjourney.
Siamo esposti a centinaia di immagini al giorno e spesso ci troviamo di fronte alla caccia al difetto, all’elaborazione fatta male o a cercare di intuire se è stata creata da un’intelligenza artificiale. Se nell’ambito creativo le implicazioni possono essere più o meno pericolose, in quello del fotogiornalismo possono diventare devastanti: pensiamo a immagini che documentano scenari di guerra, dove la falsificazione di alcuni dettagli può influenzare – nel bene o nel male – l’opinione pubblica. Siamo dunque arrivati a un punto in cui c’è la necessità di uno strumento condiviso e sicuro che sia in grado di certificare l’autenticità e la provenienza delle immagini che circolano in rete.
Adobe, FOTO Cult e la Content Authenticity Initiative
Nel 2019 sul palco dell’Adobe MAX, alla termine della presentazione di prodotti più importanti, Adobe ha presentato anche il progetto Content Authenticity Initiative (abbreviato spesso in CAI), notizia passata in sordina e forse nemmeno ben recepita dal pubblico presente in sala o collegato via web.
Fortunatamente da qualche anno a questa parte della Content Authenticity Initiative si parla sempre più spesso, e sono moltissime le aziende che hanno deciso di sostenerla. Solo per citarne alcune tra quelle più importanti: Adobe, BBC, Canon, Leica, Microsoft, Nikon, Nvidia, Qualcomm e… fotocult.it
Content Authenticity Initiative: qual è la missione
Lo scopo del CAI è di fronteggiare la disinformazione fornendo uno strumento end-to-end e open-source in grado di certificare la provenienza e l’originalità dei contenuti digitali. Uno strumento capace di restituire quante più informazioni possibile relative a un’immagine, quindi l’autore, il programma utilizzato per la postproduzione e l’esportazione, la quantità e la tipologia di modifiche eseguite, nonché le anteprime a ritroso dei vari passaggi fino ad arrivare al fotogramma originale.
Insomma, assicurare uno standard di sicurezza più elevato sia per il fruitore, sia per chi è solito veicolare queste immagini, come ad esempio una testata giornalistica. In pochi secondi, nel caso specifico, una redazione è in grado di risalire all’autore di un’immagine, accertarne l’autenticità o il grado di intervento in post produzione se non, eventualmente, risalire anche alla versione originale. Le implicazioni di questa iniziativa possono interessare direttamente anche gli autori stessi delle immagini, i quali potranno utilizzare tale strumento per rivendicare la proprietà di uno scatto.
Chi ha realizzato il programma di certificazione
Lo standard utilizzato è sviluppato da una coalizione fondata nel febbraio 2021 e formata da Adobe, Arm, BBC, Intel, Microsoft e Truepic denominata Coalition for Content Provenance and Authenticity (C2PA). Nel 2022 è entrata a far parte di questo gruppo anche Sony. C’è da sottolineare, comunque, che la CAI non esprime giudizi sui contenuti di un’immagine e non li etichetta come falsi o non autentici, ma ne fornisce solamente più informazioni possibili. Potete vedere un esempio a questo link e visualizzare i dati con un semplice click sull’icona “i” presente sulle foto.
Un esempio pratico in Photoshop
Con l’ultima versione di Adobe Photoshop è possibile attivare la funzione (ancora in Beta) per certificare le immagini nel menu “Content Credentials”.
Una volta lavorata l’immagine passiamo all’esportazione includendo le informazioni che vogliamo allegare.
Salvata l’immagine possiamo verificare le informazioni sul sito: https://verify.contentauthenticity.org. Come si può notare, chiunque da questo momento sarà in grado di vedere le informazioni relative all’autore, al programma utilizzato per creare l’immagine e visualizzare dettagli aggiuntivi come l’immagine di partenza non ritagliata e quella utilizzata per la sostituzione del cielo.
Il futuro della fotografia ai tempi dell'AI
Forse la CAI non sarà la soluzione definitiva per eliminare completamente la disinformazione in ambito foto e video ma è sicuramente un grande passo verso uno standard condiviso e open source che faciliterà molto sia gli utenti sia le aziende nei processi di verifica delle immagini. I passi fatti negli ultimi due anni sono stati molti, speriamo di vedere sul campo questa tecnologia il prima possibile e un’adozione sempre più ampia da parte di software per l’editing delle immagini.