Qualche giorno fa, il 19 ottobre per la precisione, una spettacolare foto dei Pilastri della Creazione, inviata a Terra dal telescopio spaziale della NASA Webb, ha fatto il giro della rete: formazioni che richiamano alla mente sabbia, polvere oppure stalagmiti si stagliano su un cielo blu elettrico costellato di infinite luci. È una zona compresa nella Nebulosa dell’Aquila, a 6.500 anni luce da noi, che a tutti gli effetti può essere paragonata a un reparto neonatale: miliardi di stelle in formazione proiettano tutto intorno non vagiti, ma materia di diversissima natura.
La più recente immagine dei Pilastri della Creazione, nella costellazione dell’Aquila, a 6.500 anni luce di distanza dalla Terra. Realizzata con filtri per il medio infrarosso, in basso a destra mostra anche una scala che dà l’idea delle dimensioni di questo incredibile panorama: la luce impiega due anni per coprire la distanza rappresentata dalla linea bianca.
Il 28 ottobre, una seconda immagine degli iconici Pilastri della Creazione suscita reazioni controverse: le strutture perdono la loro dominante calda, assumono toni plumbei e sono sovrastate da nuvole di materia apparentemente infuocata e quasi completamente orfane dello scintillio di milioni di stelle. Cosa è cambiato in così poco tempo?
I Pilastri della Creazione ripresi dal telescopio spaziale Webb con una NIRCam, sensibile all’infrarosso vicino. La foto in apertura, invece, è stata ripresa con un dispositivo sensibile all’infrarosso medio: l’immagine perde forse un po’ di romanticismo, ma l’enfasi delle nubi di gas e polvere che avvolgono le stelle più giovani sarà utilissima agli scienziati per comprendere la genesi del cosmo.
Nulla (o quasi…) nel cosmo, tutto nel telescopio Webb: la ripresa inviata il 19 ottobre è stata realizzata con la NIRCam, ossia la fotocamera sensibile all’infrarosso vicino, mentre la più recente è stata ottenuta con il MIRI, Mid–Infrared Instrument, una frequenza, quella del medio infrarosso, in cui appare più evidente la massa di polvere e gas. Molte delle stelle hanno perso questo “mantello” e appaiono blu, mentre le più giovani corrispondono ai globi rossicci che punteggiano i margini dei pilastri.
Proprio per la selettività dell’apparato di ripresa sul medio infrarosso risulta evidente la nube rossa nella parte alta dell’immagine, area in cui la polvere (contro intuitivamente) è più diradata e fredda. E si noti anche l’assenza di galassie sullo sfondo: lo spazio interstellare è troppo carico di gas e polvere perché la loro luce attraversi questi elementi per essere captata dal telescopio.

Le grandi muse della storia dell’arte catapultate nei drammi dei nostri tempi
La fotografa Dina Goldstein presenta “MISTRESSPIECES”, una nuova serie fotografica originale e pungente a base di arte e attualità.

iLCP Print Sale: vent’anni di fotografia per la conservazione della natura
Per celebrare vent’anni di impegno nella difesa del pianeta, l’iLCP – International League of Conservation Photographers – lancia la 20th ...

Joel Meyerowitz riceve il titolo di Outstanding Contribution to Photography dei Sony World Photography Awards 2026
Uno dei padri della fotografia a colori si racconterà a Londra con una retrospettiva in occasione della mostra dei SWPA ...

Il “Drugo” ce l’ha fatta: ecco il prototipo di WideluxX, la fotocamera panoramica di Jeff Bridges
Dopo il lancio del progetto di 12 mesi fa, ora SilverBridges ha svelato il suo primo risultato tangibile: WideluxX Prototype ...

Stai cercando come crackare Photoshop su YouTube? È una pessima idea
Check Point Research ha scoperto YouTube Ghost Network, un'estesissima rete fantasma di distribuzione di malware. Uno dei video più visti ...


















