Chiariamo subito un punto: nemmeno a noi piace la piega che sta prendendo Adobe con i suoi prodotti e non ci piace che fotografi e creator vengano visti come delle vacche da mungere, spremendo euro ovunque possibile. Sta di fatto che cercare di utilizzare prodotti come Photoshop affidandosi a sistemi crackati, non è mai una buona idea. Ma mettiamo bene in fila le cose: partiamo dalle ultime sul modello di business di Adobe per passare poi alla notizia che vede proprio Photoshop al centro di una delle più grosse campagne di distribuzione di malware degli ultimi anni.
Adobe Creative Suite: pago un abbonamento, ma devo pagare di più per le nuove funzioni
Il passaggio dal modello di acquisto una tantum (compro un software e ne ottengo la licenza d’uso perpetua) e quello solo in abbonamento è stato un vero trauma per gli utilizzatori di Photoshop e Lightroom, due dei prodotti Adobe più usati dai fotoamatori.
Certo, da un lato il nuovo modello di distribuzione permette di avere tutti gli aggiornamenti sempre disponibili immediatamente, senza dover aspettare il rilascio di una nuova versione (che spesso comunque però obbligava all’upgrade della propria licenza, dietro pagamento) e quindi di avere a disposizione software in continua evoluzione. Il vecchio modello, per chi si poteva permettere solo un passaggio di versione ogni tanto, obbligava invece a rimanere ‘fermi’ agli strumenti già presenti in quella release, che quindi invecchiava nel tempo, a volte anche abbastanza rapidamente.
Va anche detto che per le versioni semplificate di Photoshop e Premiere, Adobe continua a proporre il modello con acquisto della licenza nelle versioni Elements, ma spesso gli strumenti in esse proposti non sono abbastanza performanti per chi vuole il massimo delle prestazioni.
Sono passati un po’ di anni e ormai in realtà abbiamo fatto il callo a pagare un abbonamento per utilizzare Photoshop e Lightroom e faremmo forse fatica a tornare indietro a software privi dell’aggiornamento costante delle funzioni, al quale ci siamo facilmente abituati.
L’arrivo dell’intelligenza artificiale ha però cambiato tutto e come in ogni applicazione che ne faccia uso, dopo i primi dolci assaggi offerti gratis, è arrivato il boccone amaro del pagamento per continuare a utilizzare i comodi strumenti di cui si è rapidamente diventati dipendenti.
Vuoi l'intelligenza? Paghi di più
Il boccone amaro è costituto dal meccanismo dei crediti. Ad esempio i crediti in Photoshop servono come una valuta virtuale che può essere usata per accedere a determinate funzionalità basate su intelligenza artificiale introdotte da Adobe nelle versioni più recenti, in particolare con Adobe Firefly integrato in Photoshop (dalla release 2023 in poi).
I crediti vengono consumati ogni volta che si utilizzano funzioni AI generative, cioè quelle che richiedono l’elaborazione su server Adobe. Qui sotto trovate un elenco delle più utilizzate, ma trovate la lista completa a questo indirizzo.
- Generative Fill (Riempimento generativo) → per rimuovere o aggiungere oggetti in un’immagine in modo realistico.
- Generative Expand (Espansione generativa) → per estendere un’immagine oltre i suoi bordi originali.
- Generative Recolor → per modificare i colori di un’immagine o di un oggetto vettoriale.
- Generative Background / Object Removal → in Illustrator o altre app Firefly.
Ogni volta che si avvia una di queste operazioni, Photoshop invia la richiesta ai server di Adobe Firefly e scala un certo numero di crediti dal conto.
In ambito video la ‘spesa’ dei crediti è ancora più evidente, con la generazione video che può arrivare a far spendere 100 crediti al secondo di filmato.
Hai visto un video su YouTube che ti ha spiegato come crackare Photoshop?
Check Point Research – una compagnia specializzata in cyber sicurezza – ha scoperto una rete fantasma su YouTube: quelli che sembravano innocui tutorial e demo di software si sono rivelati una sofisticata rete di distribuzione di malware nota come YouTube Ghost Network. Parliamo di un’operazione su larga scala di distribuzione di malware che utilizzava account YouTube falsi e compromessi per distribuire infostealer come Rhadamanthys e Lumma.
Parliamo di una rete enorme: dopo essere stati segnalati da Check Point Research, sono stati identificati e rimossi oltre 3.000 video malevoli. L’operazione si basava su video di software crackati e giochi hackerati per indurre le vittime a scaricare archivi protetti da password contenenti malware.
Una volta rubate le credenziali di accesso a vari servizi, gli account compromessi venivano utilizzati per pubblicare video, condividere link e inondare le sezioni dei commenti con false recensioni positive, alimentando un falso senso di fiducia.
Photoshop è stata una delle esche a cui hanno abboccato più pesci. Un canale YouTube compromesso, che vantava 129.000 iscritti, ha pubblicato un tutorial per ottenere una versione crackata di Adobe Photoshop. Questo singolo video ha raggiunto la cifra di 291.000 visualizzazioni e oltre 1.000 like, evidenziando chiaramente quanti utenti fossero attivamente alla ricerca di una copia gratuita del software di editing.
Quando le vittime cercavano il software “gratuito” (come la versione crackata di Photoshop), venivano indotte a seguire alcuni passaggi rischiosi per installare quello che credevano fosse il programma legittimo:
- Scaricare un archivio ospitato su servizi popolari come Google Drive, Dropbox o MediaFire.
- Disattivare temporaneamente Windows Defender.
- Estrarre e installare il file, che in realtà conteneva il malware infostealer.
Una volta installati, questi infostealer agivano in modo subdolo e silente, sottraendo dati sensibili, tra cui credenziali di accesso, portafogli di criptovalute e dati di sistema, inviandoli a server di comando e controllo che venivano aggiornati regolarmente per eludere il rilevamento. Non solo quindi rubavano le credenziali d’accesso (magari anche quelle del conto in banca), ma erano in grado di trasformare in ‘zombie‘ gli account compromessi, sfruttandone la credibilità per attirare nuovi malcapitati.
Il successo del Tube Ghost Network, in particolare con il video di Photoshop, deve servire da monito: la ricerca di un risparmio immediato tramite il software pirata è spesso il costo più alto che si possa pagare in termini di sicurezza e furto di dati personali.
Per proteggersi da campagne che sfruttano la domanda di software crackato i consigli sono semplici e non si discostano molto da quelli che abbiamo sempre ricevuto dai tempi dei torrent e di eMule:
- Evitare di scaricare software da fonti non ufficiali e diffidare delle versioni crackate.
- Non disattivare mai le protezioni antivirus del sistema su richiesta di un programma di installazione.
Oggi però si aggiunge anche un nuovo consiglio, che deriva da come si sono evolute le tecniche dei criminali informatici sfruttando gli strumenti di ingegneria sociale:
- Considerare con estrema cautela qualsiasi video che pubblicizzi software “gratuiti” che riceve molti like, poiché i criminali manipolano i meccanismi di coinvolgimento per costruire credibilità artificiale.
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