Secondo Nikkei, un'autorevole testata economica giapponese, Sony ha trasferito oltre il 90% della produzione di fotocamere dalla Cina ai propri impianti thailandesi.
Sony, al pari di Apple, Canon e altri giganti dell’elettronica, ha trasferito gran parte della produzione dalla Cina verso impianti situati in Paesi caratterizzati da una situazione politico-economica più stabile e controllabile. Nel caso della Casa Arancio, negli impianti cinesi resterebbe la produzione di una quota inferiore al 10% degli oltre 2.000.000 di pezzi venduti nel 2022, ossia la quota destinata al mercato proprio della Cina. Il resto, essenzialmente destinato a Europa, Giappone e Stati Uniti, viene ora prodotto negli stabilimenti situati in Thailandia.
Sia la politica interna, sia quella estera creano in Cina condizioni poco favorevoli alle industrie. E le compagnie come Sony fanno le valigie.
Una serie di fattori sta portando all’abbandono del gigante asiatico da parte delle industrie del comparto tecnologico. La politica anti Covid ha provocato chiusure a ripetizione di impianti di produzione di componenti essenziali e le difficoltà nei porti commerciali, primo tra tutti quello di Shangai, hanno interrotto la catena di approvvigionamento, causando spesso ritardi di mesi. Inoltre, la guerra commerciale che di fatto si sta consumando tra Cina e Stati Uniti, nonché il permanere di Pechino su posizioni eccessivamente sfumate in merito al conflitto in Ucraina, stanno inducendo decine di compagnie a rivedere le proprie strategie commerciali e produttive.