Dopo anni di fotogiornalismo sociale Simone Tramonte si dedica alle tematiche ambientali e il suo “Net-Zero Transition” esplode in un successo internazionale. La sequela di premi e riconoscimenti conquistati dal progetto nei suoi primi due anni di vita è impressionante, e lo scorso dicembre l’autore romano ha fatto suo anche il primo posto della categoria “Environment and Sustainability” dell’ottava edizione del “Lugano Award”.
Agricoltura verticale, tecnologia idroponica, parchi solari e produzione di insetti ad uso commestibile: Simone Tramonte ha scelto di fotografare la risposta tecnologica al cambiamento climatico piuttosto che gli scenari apocalittici dei disastri ambientali. Il rigore con cui il fotografo interseca geometrie armoniose, illuminazioni ipnotiche e soggetti futuristici inghiotte la curiosità dello spettatore. Chi scorre lo sguardo tra le fotografie di “Net-zero Transition” non va avanti veloce, ma si sofferma su ciascun fotogramma per sapere cosa sta guardando e impara senz’altro qualcosa di nuovo.
Nell’intervista che segue il fotografo racconta nascita, sviluppo e ambizioni di un lavoro – ancora in corso – che parla di soluzioni per fronteggiare le conseguenze del cambiamento climatico e di speranze per le future generazioni.
“Net-Zero Transition” riceve premi e riconoscimenti importanti dal 2021. Perché secondo te?
Net-Zero Transition è un lavoro che nasce nel 2020. Ero convinto che dopo anni in cui mi ero concentrato su temi sociali fosse arrivato il momento di trattare il tema ambientale, considerando che il cambiamento climatico è tra le più grandi minacce che il mondo si trova ad affrontare. Avevo in mente molti lavori di altri fotografi che si erano focalizzati sull’indagine degli effetti del cambiamento climatico e dell’azione incontrollata dell’uomo sulla società, dai migranti climatici ai disastri naturali, alle comunità locali ferite dallo sfruttamento incondizionato delle risorse.
Questa visione del problema è sicuramente necessaria, ma ho pensato che fosse altrettanto necessario mostrare le possibili soluzioni implementate per provare a combattere il problema. In questo lavoro ho affrontato in chiave positiva il tema del cambiamento climatico, mostrando i molti semi rivoluzionari che sono stati piantati in Europa per rendere il futuro sostenibile per le prossime generazioni. Credo che questa visione di speranza, unita ad un utilizzo del linguaggio fotografico che è al servizio del messaggio che volevo dare, sia la chiave del successo di questo progetto.
Il progetto è ancora in corso? Com’è nato?
Il lavoro è in corso, ed è iniziato durante il primo lockdown: la pandemia e la conseguente difficoltà a viaggiare avevano stravolto tutti i miei piani. L’impossibilità di muovermi è stata, però, un’incredibile occasione di studio e pianificazione, che mi ha consentito di organizzare il lavoro che di lì a poco avrei realizzato in Islanda. L’Islanda ha rappresentato il case history da cui partire. Fino a trent’anni fa era completamente dipendente dai combustibili fossili, ora produce energia elettrica al 100% da fonti rinnovabili. Il capitolo islandese di Net-Zero Transition ha avuto una grandissima visibilità sia grazie alla pubblicazione sulle più importanti testate internazionali, sia grazie al primo premio nella categoria Professional/Environment dei Sony World Photography Awards nel 2021. Questo mi ha dato una bella spinta a continuare il progetto e a chiedermi se l’Islanda fosse un caso isolato o se ci fossero altre realtà lungimiranti in Italia e nel resto d’Europa. Ne sta venendo fuori una sorta di atlante delle iniziative green che vengono portate avanti in Europa e che mi piace definire semi rivoluzionari. I soggetti di questo progetto rappresentano le eccellenze europee, e in alcuni casi mondiali, nel campo della sostenibilità: da soluzioni legate all’agritech come Vertical Farm, coltivazioni idroponiche (fuori dal suolo, basate sull’impiego d’acqua, n.d.r.) e allevamenti sostenibili, passando per la generazione di energie rinnovabili, e per soluzioni legate all’economia circolare.
La cupola geodesica che copre il pozzo di iniezione di Carbfix presso la centrale geotermica di Hellisheiði, Islanda. Per combattere il cambiamento climatico sarebbe necessario rimuovere ogni anno miliardi di tonnellate di anidride carbonica dall’atmosfera. Il processo ideato dall’azienda islandese Carbfix estrae anidride carbonica dall’aria, la miscela con acqua e la inietta nel sottosuolo a una profondità di circa 500m, dove la CO2 reagisce con la roccia per trasformarsi in minerali. A gennaio 2021 questo impianto aveva rimosso oltre 75.000 tonnellate di CO2.
Ti capita di lavorare in ambienti che richiedono permessi o autorizzazioni speciali?
Questo progetto ha alle spalle un grandissimo lavoro di ricerca, con una fase di pre produzione veramente complessa. Negli ultimi tre anni, per realizzare questo lavoro, sono entrato in contatto con oltre cinquanta realtà europee impegnate in modi diversi sul tema della sostenibilità ambientale, dalle grandi multinazionali alle piccole startup. Un lavoro incredibile in termini di scouting, contatti, relazioni, autorizzazioni e pianificazione. È stata una ricerca che con un po’ di pazienza e caparbietà mi ha portato dove non avrei mai pensato di riuscire ad entrare.
Che attrezzatura utilizzi per questo progetto?
Ultimamente sto utilizzando sia Nikon che Sony. In questo progetto ho fatto spesso uso di ottiche grandangolari e di un punto di vista aereo grazie all’ausilio di un drone, perché volevo mettere in risalto le strutture e dare l’idea delle dimensioni, inserendo figure umane spesso marginali rispetto all’ampiezza del fotogramma. È la tecnologia al servizio dell’uomo il soggetto di questo lavoro, ma al tempo stesso è l’uomo che cerca di realizzare una rivoluzione. Il rapporto tra uomo, ambiente e innovazione si manifesta in questo lavoro nella sua forma più sospesa e transumanista.
Una veduta aerea della serra di H2Orto, nei pressi di Ferrara, Italia. L’azienda coltiva pomodori in modo sostenibile grazie ad una innovativa tecnologia ed al ricorso all’economia circolare. Nella serra vengono utilizzate luci a LED ad alta efficienza per consentire la produzione invernale e garantire la raccolta del pomodoro per tutto l’anno. Questa coltivazione idroponica permette di ottenere la stessa resa con un’area coltivata pari a un decimo rispetto all’agricoltura tradizionale.
Le fotografie di Net-Zero Transition sono di grande impatto visivo e certamente stimolano la curiosità dell’osservatore in merito ai soggetti ripresi, inducendo a cercare dettagli e informazioni testuali. Curi personalmente le didascalie?
La fotografia è fatta di contenuto e estetica, ma non sempre le due cose si trovano nella stessa foto. In Net-Zero Transition credo che emergano entrambe, questo fa sì che l’osservatore venga incuriosito dall’estetica e non possa fare a meno di cercare informazioni su ciò che sta vedendo. In progetti di questo tipo, è fondamentale che le immagini siano corredate da una dettagliata didascalia.
Le didascalie sono curate in collaborazione con Francesca Dini, professionista esperta di tecnologie innovative, che mi accompagna anche nella fase di pianificazione ed esecuzione. Insieme cerchiamo di esprimere la nostra visione anche attraverso i testi, descrivendo queste soluzioni in un linguaggio comune, comprensibile e accattivante.
Il tuo lavoro fotografico ti ha consentito di maturare un’idea più precisa sulla posizione dell’Italia rispetto ai temi della transizione ecologica e delle nuove tecnologie? Quale ti è sembrato, in assoluto tra quelli in cui hai avuto modo di fotografare, il Paese di riferimento per una corretta evoluzione verde?
Per quanto concerne la transizione verso un’economia circolare, l’Italia è ancora indietro nonostante siano stati fatti significativi progressi in alcuni settori.
La mia sensazione al momento è che non ci sia una vera strategia né un piano nazionale, e che troppo spesso la responsabilità venga demandata ai singoli imprenditori. Tuttavia, soprattutto nel settore dell’agritech, ho avuto modo di conoscere imprenditori illuminati che hanno creato nuovi modelli di business incentrati sulla sostenibilità e che sicuramente faranno da traino per sviluppare un tessuto sociale innovativo e green.
Diversa è la situazione in Nord Europa e in particolare in Islanda, che è attualmente uno dei Paesi più green al mondo. Martoriata dalla crisi finanziaria del 2008, l’Islanda è riuscita a trasformare la sua economia adottando modelli sostenibili di produzione e di consumo. Nell’arco di pochi decenni, il paese ha ridotto l’uso dei combustibili fossili ed è passato alla produzione di elettricità al 100% da fonti rinnovabili. Vivendo direttamente l’effetto del riscaldamento globale con lo scioglimento dei ghiacciai, l’Islanda è diventata un leader globale nelle tecnologie per la produzione di energia rinnovabile e la riduzione delle emissioni inquinanti. Sforzi condivisi e una visione politica a lungo termine hanno trasformato questo Paese in un’economia a energia pulita in soli due decenni. Le successive generazioni di islandesi stanno raccogliendo i frutti della lungimiranza e del coraggio dei politici di quel periodo.
La più grande vertical farm d’Europa, Nordic Harvest, a Copenaghen, Danimarca. Con una coltura sviluppata su quattordici piani e una piena capacità produttiva di oltre 3.000 kg al giorno, questa vertical farm è anche la più efficiente in Europa. Il sito è alimentato da energia eolica e, grazie alla tecnologia idroponica, utilizza una quantità d’acqua molto limitata, senza bisogno di pesticidi, erbicidi o sostanze chimiche tossiche. L’agricoltura verticale utilizza uno spazio 250 volte inferiore rispetto all’agricoltura tradizionale, consentendo di liberare terreni ed evitare la deforestazione.
Il soggetto di Net-Zero Transition che ti ha colpito di più?
Ce ne sono stati diversi. Per stupore personale sicuramente entrare in una delle più grandi coltivazioni di banane d’Europa…in Islanda, dove la coltivazione di specie tipicamente tropicali è ora possibile grazie all’energia geotermica che viene utilizzata per riscaldare in modo sostenibile le serre e per fornire l’illuminazione durante i mesi più bui.
Per complessità e innovazione il progetto ITER, nel sud della Francia, che ha l’obiettivo di capire come produrre energia con la fusione nucleare, la reazione che accade nel cuore del Sole. Si tratta di una delle sfide più ambiziose della storia umana. Ancora, un progetto in cui trentacinque Paesi responsabili dell’85% del Pil globale hanno unito le loro forze per seguire insieme un obiettivo: energia praticamente illimitata, sostenibile, pulita, sicura, usando come principale carburante l’acqua del mare. Ciò che visivamente mi ha colpito e mi intriga ancora adesso è che dietro le tecnologie applicate c’è sempre la mano dell’uomo. Tutto ciò che ho fotografato non sarebbe esistito se qualcuno non lo avesse pensato e progettato. Saremmo in grado di fare cose incredibili se energie e risorse venissero incanalate in una direzione condivisa.
Il parco solare Les Mees in Provenza-Alpi-Costa Azzurra, è il più importante di Francia. L’impianto che si trova ad un’altitudine di 800 metri e si estende per quasi 200 ettari, è perfettamente integrato nel paesaggio montano. L’impianto genera 35.000 MWh di elettricità e fornisce energia pulita sufficiente per alimentare 12.000 famiglie, compensando 40.000 tonnellate di emissioni di anidride carbonica (CO2) all’anno.
Qual è l’ambizione di questo progetto fotografico?
Credo nella potenza della fotografia di riuscire ad accendere i riflettori su alcuni temi.
Con le mie foto cerco di stimolare la curiosità, che poi porta inevitabilmente ad approfondire. Il mio obiettivo era stimolare il dibattito, la sensibilità e la coscienza critica di ciascuno fornendo esempi virtuosi sulla possibilità di garantire alle nuove generazioni un futuro sostenibile. Viviamo in quella che è stata definita società dell’informazione, abbiamo a disposizione ricerche e studi scientifici su ogni ambito della nostra vita, ma spesso nulla è così potente da catturare la nostra attenzione quanto un’immagine.
Bio
Simone Tramonte (Roma, 1976) è un fotografo italiano focalizzato sulla documentazione di tematiche sociali e ambientali. Dopo aver conseguito la laurea in Economia, decide di seguire la sua passione per la fotografia e intraprende una carriera freelance basata su progetti autoprodotti e commissionati. Negli ultimi anni si è concentrato sull’analisi del rapporto tra le persone e l’ambiente e su come le tecnologie innovative possano trasformare queste relazioni per un futuro più sostenibile. Il capitolo islandese di Net-Zero Transition ha vinto il primo premio nella categoria Professional/Environment dei Sony World Photography Awards 2021 ed è stato esposto alla COP26 di Glasgow.
Nell’ultimo anno, questo progetto lo ha portato ad esplorare le più importanti tecnologie sviluppate in Europa e a mostrare una visione delle strade per un futuro sostenibile. Net-Zero Transition è stato premiato nel 2022 al PoYi – Pictures of the Year International, uno dei più prestigiosi concorsi internazionali di fotogiornalismo, ha vinto l’Environmental Photographer of the Year ed il Lugano Award ed è stata esposto al Visa pour l’image di Perpignan.
I suoi lavori sono pubblicati dai più importanti magazine italiani ed internazionali, tra cui National Geographic, CNN, The Guardian, GEO, Der Spiegel, Internazionale, Politico, L’Espresso, WIRED.
Le sue fotografie sono state esposte in numerosi festival di fotografia internazionali.
simonetramonte.it
Il Lugano Award è un concorso fotografico che si tiene nell’ambito del LuganoPhotoDays, Festival internazionale di fotografia nato nel 2012. Per l’edizione del 2022 la competizione è stata strutturata in cinque categorie: Reportage & Documentary (serie), Environment & Sustainability (serie), IBSA Foundation Award – COVID19: Resilienza (serie), Wildlife (foto singola) e Street Photography (foto singola). Net-Zero Transition di Simone Tramonte ha vinto la sezione Environment & Sustainability.
Tutti i progetti vincitori del Lugano Award sono visibili nel sito luganoaward.com.