New York
Dal 2 dicembre al 10 febbraio 2024
Molti autori sono celebrati anche al di fuori degli ambiti della fotografia e raggiungono una vasta platea di estimatori, altri invece restano nomi di culto conosciuti solo da coloro che si addentrano nella storia del medium che più ha segnato la comunicazione del Novecento. Sicuramente tra i tesori da portare alla luce c’è la produzione del grande fotografo newyorkese Saul Leiter.
A gestire l’immenso archivio di Leiter è Margit Erb, per quasi vent’anni sua assistente nonché fondatrice e direttrice della Saul Leiter Foundation, fondazione che proprio nel 2024 compie dieci anni. Quello di Margit Erb è senz’altro un compito che richiede una dedizione a tempo pieno, se è vero che tra rullini non ancora sviluppati (si parla di centinaia) e stampe tumulate in scatole mai aperte ci sono migliaia di scatti di Leiter ancora sconosciuti non solo ai suoi ammiratori ma pure a chi nell’archivio lavora.
D’altra parte, nonostante sia stato un autore tra i più geniali nella street photography e nell’uso pionieristico del colore, la sua opera non ha mai goduto di grande popolarità, tanto che negli anni Ottanta cadde nell’oblio per venire riscoperta solo nel 2006 dalla Howard Greenberg Gallery, la stessa che oggi ospita la piccola mostra Saul Leiter: Centennial, che offre un succinto excursus della sua produzione: dal colore al bianco e nero, dalla moda alla fotografia di strada, dalle foto dipinte ai quadri.
Saul Leiter: tra l’oblio e la fama
Leiter godette di una certa fama in gioventù, dato che i suoi servizi di moda venivano pubblicati da periodici di tutto rispetto come Elle, Vogue, Esquire e Harper’s Bazaar. Però resta il fatto che per quasi due decenni di lui si persero le tracce, fino a quando la galleria newyorkese e lo storico dell’arte britannico Martin Harrison non convinsero la casa editrice Steidl a pubblicare Early Color, un volume che ebbe immediatamente grande successo e salvò dall’oscurità il nome di Leiter. In quello stesso anno l’autore, originario di Pittsburgh, ebbe la sua prima mostra personale all’interno di un museo pubblico americano, il Milwaukee Art Museum, mentre due anni dopo avvenne il suo battesimo europeo alla Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi. Nel febbraio 2013, nove mesi prima della sua scomparsa, arrivò anche In No Great Hurry: 13 Lessons In Life With Saul Leiter il documentario a lui dedicato diretto da Thomas Leach. Così, con molto ritardo rispetto a quanto meritasse, Saul Leiter venne finalmente riscoperto e oggi è giustamente considerato uno dei grandi maestri del Novecento. Soprattutto per le foto scattate lungo i marciapiedi di New York, spesso non molto lontano dal suo appartamento di Manhattan.
L’originalità della street photography di Saul Leiter
Balza subito agli occhi che i nudi di Saul Leiter e i suoi servizi di moda sono frutto di un talento fuori dalla norma, ma, ciò nonostante, è la sua street photography che tuttoggi colpisce per la sua originalità. Talvolta sembra essere intrisa di ingenuità, realizzata senza prestare troppa attenzione a ciò che passava davanti all’obiettivo. Talaltra si ha l’impressione che ci sia una dissimulata premeditazione dietro i contrasti tra luce e ombra, la sovrapposizione di immagini dirette e immagini riflesse, la trasformazione di persone e oggetti in semplici macchie di colore.
Non è mai chiaro se Leiter scattasse a raffica e, complice la miriade di opportunità offerte dalla grande mela, finisse sempre per registrare qualcosa di suggestivo, oppure se operasse un po’ come aveva già fatto proprio Giorgio Morandi, cioè se partisse da oggetti riconoscibili per tradurli in figure colorate appena al di qua del campo della pura astrazione. A tal proposito vale la pena ricordare ancora che Leiter si trasferì a New York per diventare pittore e furono l’amicizia con W. Eugene Smith e la mostra di Henri Cartier-Bresson al MoMA nel 1947 a fargli intraprendere la professione di fotografo.
Per cui è lecito pensare che ragionasse in termini di pennellate di colore impresse sulla pellicola, tanto più se si nota che, a differenza di molti suoi colleghi, non era alla ricerca del siparietto comico, dei volti più espressivi, degli accostamenti surreali, delle situazioni più provocatorie. Spesso non si vede il viso dei suoi figuranti e non c’è niente di fuori dal comune nei marciapiedi, nelle vetrine e nelle auto che inquadrava. Anzi, negli scatti di Leiter (fatta eccezione per i suoi nudi in bianco e nero) tutto era anonimo e si imponeva allo sguardo non in virtù di qualche storia in cui si trovasse coinvolto, ma piuttosto per il semplice fatto di essere una sagoma o un agglomerato di figure che trascendevano il contesto da cui l’occhio del fotografo era in grado di estrapolarli per catturarne la purezza del colore. Insomma, Leiter andava oltre la cronaca per immagini e, più con piglio da artista che da reporter, coglieva nella vita di tutti i giorni il germe dell’astrazione intrinseco a ogni cosa.
Saul Leiter: Centennial
- Howard Greenberg Gallery, 41 East 57th Street – New York
- dal 2 dicembre al 10 febbraio 2024
- martedì-venerdì 10-18; sabato 11-17. Lunedì chiuso
- ingresso gratuito
- howardgreenberg.com