Parigi
Dal 30 gennaio al 19 maggio 2024
Sicuramente nel secondo dopoguerra gli italiani vedevano le proprie esistenze rispecchiate nel cinema neorealista, ma è anche vero che molti entravano nelle sale di proiezione alla ricerca di pellicole di puro intrattenimento. Come insegna Un Americano a Roma, interpretato da Alberto Sordi nel 1954, erano i film d’avventura, i western, i noir, i polizieschi quelli che garantivano una parentesi di evasione dentro sale buie mentre fuori, alla luce del sole, l’Italia si leccava ancora le ferite. All’epoca erano gli americani – quelli degli Stati Uniti – i maestri del cinema con sparatorie, rapine in banca, omicidi, ricatti, inseguimenti a cavallo o in automobile.
Un talento, o forse sarebbe meglio dire una scelta commerciale, che nella cosiddetta ‘vita vera’ si tradusse nella popolarità di numerosi quotidiani e periodici che pubblicavano notizie di cronaca nera, meglio se condite con scandali sessuali e affreschi del sottobosco della malavita. Ovviamente non mancavano mai gli incendi, gli incidenti stradali più spaventosi, le storie di chi viveva ai margini della società o, in mancanza di meglio, le più banali risse da marciapiede. L’uomo medio era spinto verso questo genere di giornalismo (tuttora fiorente ma un po’ meno crudo che a metà del Novecento) da una curiosità morbosa o, si potrebbe pensare, dalla speranza di assicurarsi che c’era chi stava peggio di lui.
I poteri paranormali di Weegee
Un mix di voyeurismo e gratificazione nel condannare moralmente gli altri accomunava i lettori di tabloid come il Daily News, che pubblicava regolarmente le istantanee scattate da Weegee, il più famoso fotografo di cronaca nera di tutti i tempi. Weegee arrivava sulla scena del crimine prima della polizia, tanto che qualcuno pensava avesse dei poteri paranormali, mentre altri credevano che la sua tempestività fosse da attribuire a soffiate che arrivavano dalla fonte principale, ossia dalla malavita organizzata. Quale che fosse la sorgente, ebbe comunque l’intuizione, prima di filosofi e sociologi, che tutto ciò che accade nella vita quotidiana di chiunque è una forma di spettacolo.
Nato nel 1899 nella regione della Galizia, nell’attuale Ucraina, Usher Fellig (questo il suo vero nome), emigrò con la famiglia a New York nel 1909. Iniziò la sua carriera nel campo della fotografia all’inizio degli anni Venti, dapprima come ritrattista di strada, poi come tecnico di laboratorio e successivamente, nel 1935, come reporter freelance. Nell’arco di dieci anni documentò le storie più torbide che si consumavano nei bassifondi della grande mela, concedendosi qualche deviazione nel bel mondo qualora avesse sentito odore di scandalo. La tipologia di informazione cui si dedicò era tanto in sintonia con i tempi che il suo primo libro, Naked City (Essential Books, 1945) fu un immediato successo. Riproposto in Italia da Damiani in un’edizione oggi fuori catalogo, il volume offrì al regista Mark Hellinger il titolo e soprattutto l’estetica per un suo film noir del 1948, una storia di furti e omicidi.
Gli omaggi dei grandi autori al lavoro di Weegee
Da allora Weegee ha sempre goduto di un folto numero di ammiratori mentre il suo lavoro e la sua figura sono stati celebrati da grandi autori di diverse discipline. Tanto per fare qualche nome, Diane Arbus, Stanley Kubrick (Il dottor Stranamore, 1964), Alan Moore (Watchmen, 1986/87) e John Zorn, il geniale sassofonista newyorkese che chiamò Naked City uno dei suoi primi ensemble e che per la copertina dell’omonimo disco di debutto del 1990 scelse la foto di un uomo ucciso su un marciapiede scattata proprio da Weegee nel 1940. Tra l’altro anche la prima e unica registrazione live del gruppo, risalente al 1989 ma pubblicata solo nel 2002, riprende in copertina un cadavere immortalato da Weegee: quello del gangster Dominick Didato, freddato dai sicari di Lucky Luciano nel 1936.
Weegee: dalla satira fotografica allo spettacolo della cronaca nera
Weegee non fu soltanto il fotografo del grand guignol urbano. A partire dal 1948 e fino alla sua morte, avvenuta nel 1968, fu tra i primi a stigmatizzare l’ossessione americana per le celebrità, spesso deformando i volti delle proprie vittime per rendere visivamente la distorsione della realtà operata dai mass media. Il suo obiettivo cambiò i connotati a J.F. Kennedy e a sua moglie Jackie, a Marilyn Monroe, ad Andy Warhol, a Mao Tse Tung, a Richard Nixon, alla regina Elisabetta II, ad Audrey Hepburn, a Jerry Lewis e a numerosi altri notabili del cinema e della politica, producendo una ritrattistica che non sarebbe esagerato definire satira fotografica.
Tuttavia, la sua più grande scoperta fu che sempre, quando registrava morti e disgrazie varie, c’era un gruppo di persone che circondava la scena come il pubblico di un teatro; si accorse che ogniqualvolta che si consumava una tragedia o un evento sensazionale l’uomo medio correva subito ad assistervi quasi non ci fosse distinzione tra un film e un fatto di cronaca. Tutto diventava spettacolo e Weegee non poteva fare a meno di voltarsi e immortalare anche gli spettatori che, con la loro curiosità morbosa e il loro bisogno di evadere dalle proprie esistenze noiose, si prestavano a diventare grotteschi tableaux vivants.
Quindi Weegee anticipò sia, sul piano del banale, i programmi televisivi in cui le comparse anonime sono socialmente e antropologicamente più interessanti dei presunti protagonisti, sia, per spostarsi un po’ più in alto, l’idea di società dello spettacolo elaborata da Guy Debord alla metà degli anni Sessanta. Il merito delle sue intuizioni e la portata del suo contributo alla storia della fotografia sono dimostrati dal fatto che il suo intero archivio è custodito dall’International Center of Photography di New York, oppure dalle varie operazioni di rivalorizzazione della sua opera che si sono succedute nel tempo.
Ultima di tutte la grande mostra che apre a fine mese a Parigi, alla Fondation Henri Cartier-Bresson. Curata dal direttore della fondazione, Clément Chéroux, si intitola Autopsie du Spectacle ed è costruita attorno alle due forme di spettacolo, appunto la cronaca nera e il culto della celebrità, che furono oggetto di indagine da parte di Weegee durante i due capitoli principali della sua carriera. D’altra parte egli stesso affermò che “la stessa macchina fotografica che scatta foto della scena di un omicidio può anche scattare foto di una scappatella dell’alta società in un hotel di lusso”.
Weegee. Autopsie du Spectacle
- A cura di Clément Chéroux
- Fondation Henri Cartier-Bresson, 79 Rue des Archives – Parigi
- dal 30 gennaio al 19 maggio 2024
- martedì-domenica 11-19
- intero 10 euro, ridotto 6 euro
- henricartierbresson.org