Se ci si sofferma sulle immagini di Lorenzo Catena, fotografo romano dall’imprinting graffiante, si avverte come il suo lavoro con la luce e il dialogo con le ombre siano elementi costanti che ne dichiarano lo stile. Catena sa essere delicato, ma allo stesso tempo molto iconico, incisivo, cogliendo la società contemporanea nella sua quotidianità, nei suoi tic, ma anche nei suoi momenti di poesia. Abbiamo intervistato l’autore – che di recente ha esposto le sue fotografie nell’ambito del Sanremo Street Photo Festival – per capire meglio il suo pensiero fotografico, le sue origini e le sue evoluzioni.
Come ti sei avvicinato alla fotografia?
Mi sono avvicinato alla fotografia solo nel 2016, considerandola inizialmente una naturale estensione del mio interesse per l’architettura. Da sempre, però, sono appassionato di cinema e osservo la fotografia e le sequenze in quel settore. La fotografia, in prima battuta, mi ha permesso di esplorare e interpretare la mia città, Roma, in modo nuovo, alimentando la mia curiosità per la vita quotidiana. Col tempo, ho iniziato a concentrarmi meno sulle architetture e più sulle persone e le loro interazioni nello spazio urbano, scoprendo così una nuova passione che mi ha portato a sviluppare uno stile personale e distintivo.
I tuoi progetti rivelano uno stile uniforme. Su cosa ti piace concentrarti quando fotografi?
Direi che ci sono almeno due livelli di lettura delle mie fotografie. Dal punto di vista estetico, la mia fotografia si concentra sulla coesistenza di più elementi all’interno di un’immagine, cercando di riassumere la complessità in una composizione semplice e sorprendentemente pulita. Dal punto di vista dei contenuti, mi interessa esplorare ‘mondi’ distanti dal mio, cercare di mettere in discussione visioni stereotipiche di luoghi o di persone e cercare anche interazioni personali, dove ha senso, fondendo la street photography con altre esplorazioni artistiche.
Penso sia evidente nei miei lavori che utilizzo approcci e stili diversi a seconda del progetto e che questi possono variare da un rigore strutturato a uno stile più documentaristico, o includere un linguaggio fotografico ispirato alla moda. Non impongo uno stile fotografico a ciò che fotografo, ma lascio che ciò che vedo e vivo, attraverso sensazioni e atmosfere, influenzi il mio modo di fotografare. Mantengo però riconoscibile il mio stile fotografico attraverso l’intenzionalità, la sensibilità personale e la composizione dell’inquadratura.
A parte il soggetto delle tue immagini, anche la tecnica che usi per coglierlo è rilevante per il tuo lavoro. La luce ad esempio è un elemento fondamentale. Ce ne parli?
Sì, la luce è un elemento cruciale nel mio lavoro e la utilizzo per creare profondità, stratificazione e complessità nelle mie immagini. Mi piace giocare con la compresenza di luce naturale e artificiale per evidenziare i contrasti e le interazioni all’interno della scena. Ad esempio, in Far Over Seas ho cercato di catturare la vita quotidiana di Apia, la capitale delle Samoa, utilizzando quanto più possibile la splendida luce naturale delle isole polinesiane del Pacifico per mettere in risalto la combinazione unica delle influenze coloniali e religiose sulla cultura locale samoana.
In Mareterno, libro e progetto portato avanti insieme a Valeria Tofanelli, ci siamo preoccupati di fotografare più o meno nella stessa fascia oraria per tutto l’anno, inverno ed estate, e questo ha contribuito significativamente all’atmosfera trasmessa dai luoghi.
Quanto influisce la post-produzione nel tuo lavoro?
Sono dell’opinione che il lavoro di fotografo non finisca al momento dello scatto. Fare post-produzione sulle proprie fotografie avviene da sempre, basta guardare il lavoro di Ansel Adams e quanto sia importante anche per comunicare un certo tipo di emozioni e atmosfera nei propri scatti e lavori.
Quando si lavora in analogico, se ci pensiamo, ancora prima di scattare e di sviluppare in camera oscura occorre scegliere il rullino, valutando in anticipo il modo in cui tale scelta influirà su toni e contrasti. Questo processo di selezione del rullino è paragonabile, in parte, alla moderna post-produzione, in quanto entrambe le fasi contribuiscono a definire l’aspetto finale della fotografia.
La post-produzione gioca un ruolo significativo nel mio processo creativo, specialmente per i progetti dove è importante creare coerenza tra una foto e l’altra ed è importante per mantenere un tipo di qualità della luce, dei contrasti e dei toni che ci aiutano ad amplificare cosa vogliamo trasmettere. Bisogna stare attenti, però, a non lavorare troppo le immagini ed essere consapevoli di ciò che si fa. Infatti, la post-produzione è il momento più importante dopo aver catturato una foto, ma basta pochissimo per rovinarla anziché migliorarla quanto serve. In questa fase, personalmente, mantengo sempre un approccio naturale, non stravolgendo la realtà ma rendendola più vicina a quello che stavo vedendo e percependo in quel momento.
Ci fai un esempio di immagine, dall’idea alla sua realizzazione?
Un esempio significativo è una foto del progetto Comitiva, in cui ho documentato e interpretato le interazioni e la crescita personale di un gruppo di ragazzi, le storie d’amore che nascono e finiscono, gli attriti e le incomprensioni, durante tre stagioni estive. Durante la fase di scatto, ho utilizzato la luce naturale del tramonto e il flash per creare un’atmosfera calda e nostalgica, facendo emergere alcune caratteristiche come il tono della loro pelle, la forza dei loro corpi scultorei.
In postproduzione, ho regolato i toni e i contrasti per enfatizzare i dettagli delle figure e dell’ambiente, mantenendo un equilibrio tra realismo e lirismo senza alterazioni, ma lavorando delicatamente con esposizione, alteluci, ombre e bilanciamento delle temperature nei toni. Il risultato finale credo sia potente e adeguato al progetto.
In più, ho lavorato la totalità delle foto scattate in quel luogo e per quel progetto cercando di riportare coerenza di toni e temperature, in questo modo si percepisce l’appartenenza alla stessa opera fotografica, come se avessi utilizzato una pellicola personalizzata sviluppata per quel progetto. Per altre tipologie di progetto più ampie e con diversi tipi di scene e luoghi è più complicato applicare questo approccio, ma bisogna valutare ogni situazione, facendo affidamento sulla qualità della luce, se all’alba, durante il giorno, al tramonto o dopo il tramonto.
Le tue immagini rivelano un’ironia e un uso della luce che fanno pensare all’estetica di Martin Parr. Chi sono i tuoi riferimenti fotografici?
Dal punto di vista estetico e compositivo, i miei riferimenti fotografici includono Alex Webb, Harry Gruyaert, Joel Meyerowitz e Martin Parr, mentre dal punto di vista “filosofico” trovo tanta ispirazione da Alec Soth, che traduco poi nel mio modo e approccio stilistico, completamente diverso dal suo. Dal mondo del cinema mi hanno ispirato indubbiamente anche la fotografia e composizione nei film di Sergio Leone e l’uso della luce naturale e artificiale di Wim Wenders. Personalmente non vedo spesso nei miei scatti molta ironia ma mi fa piacere che qualcuno la possa intravedere. Se presente, l’ironia nelle mie foto è spesso un riflesso inconsapevole della realtà che osservo, laddove possibile, o a seconda del mio umore, cerco di catturare momenti quotidiani con un tocco di umorismo e critica sociale.
Ti soffermi soprattutto sulla dimensione iconica e paradossale della società contemporanea. La tua è una narrazione consapevolmente satirica?
Non sempre la mia narrazione è volutamente satirica. Spesso, mi limito a catturare ciò che vedo e lascio che sia l’osservatore a interpretare l’immagine. Credo che la forza della fotografia risieda nella sua capacità di evocare diverse reazioni e riflessioni, e mi piace lasciare spazio all’immaginazione e alla percezione personale di chi guarda le mie foto. L’ironia e il paradosso emergono naturalmente dai contesti che fotografo, riflettendo le complessità e le contraddizioni della società contemporanea. Anche se non mi pongo limiti come fotografo, credo che il mio focus non sia l’ironia, ma, come hai detto precedentemente tu, l’iconicità: ritrovandola in un singolo momento di vita quotidiana con o senza persone, in momenti surreali, nella simbologia delle cose, nei corpi delle persone, nella loro gestualità e talvolta anche nell’umorismo.
Ulteriori informazioni sul lavoro di Lorenzo Catena sono disponibili sul suo sito lorenzocatena.com.
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