È in programma per il 9 Settembre la première mondiale di Lee, film biografico sulla fotografa originaria degli Stati Uniti ma europea d’adozione. Un’opera che non mancherà di incuriosire i suoi estimatori e di farla conoscere a coloro che non hanno ancora avuto l’opportunità di approfondirne la conoscenza.
Mentre in provincia di Torino apre la mostra Lee Miller – Photographer & Surrealist dedicata alla grande fotografa americana morta nel 1977 in Inghilterra, al Toronto International Film Festival viene proiettato in anteprima mondiale il biopic Lee, diretto dalla regista Ellen Kuras e interpretato da Kate Winslet. La sceneggiatura è basata sulla biografia scritta dal figlio di Miller, Antony Penrose, pubblicata in inglese con il titolo The Lives Of Lee Miller e tradotta in italiano da Valentina De Rossi e Maria Baiocchi per ContrastoBooks.
The Lives Of Lee Miller : la biografia scritta da Antony Penrose
Il titolo della biografia non avrebbe potuto essere più azzeccato, dato che Miller ebbe una vita molto intensa, consumata tra le due sponde dell’Oceano Atlantico a lavorare come indossatrice per le riviste di moda, musa dei grandi artisti surrealisti e reporter di guerra. Nel 1947 sposò Sir Roland Algernon Penrose, storico, artista e poeta ma probabilmente più noto per essere stato tra i confondatori dell’Institute of Contemporary Arts, tutt’oggi tra le maggiori istituzioni che promuovono l’arte contemporanea a Londra.
Cento scatti realizzati da Lee Miller raccolti in un libro
In occasione dell’uscita del film diretto da Ellen Kuras è stata pubblicata una piccola raccolta di scatti realizzati da Lee Miller. Per il momento ne esistono un’edizione in inglese e una in francese. Accompagnate da un’introduzione di Kate Winslet e dai ricordi personali di Antony Penrose, le cento immagini del volume – intitolato Lee Miller. Photographies – riassumono bene la carriera della fotografa e illustrano il talento con cui catturò la società, la cultura e la storia stessa della prima metà del Novecento.
È stupefacente constatare, per l’ennesima volta, che si ha a che fare con un’autrice che si sentiva a proprio agio sia davanti sia dietro all’obiettivo e che era posseduta da un’inesauribile ispirazione che riusciva a trasmettere a chiunque le fosse vicino. Inoltre le va riconosciuta l’abilità di comporre inquadrature che riflettevano la sua ricerca artistica, che perseguiva anche nelle situazioni in cui i suoi soggetti sarebbero stati più che sufficienti a giustificare le fotografie. Per questo alcuni scatti che a un occhio disattento potrebbero apparire eccessivamente estetizzanti sono in realtà dei capolavori di fotogiornalismo che sintetizzano perfettamente l’idea del momento decisivo sostenuta da Henri Cartier-Bresson.
Lee Miller e il momento decisivo di Henri Cartier-Bresson
Per momento decisivo si intende l’idea, parafrasando quanto detto dal maestro francese, che per realizzare un’ottima immagine si deve cristallizzare un evento significativo avendo anche cura di comporre dentro al fotogramma un microracconto sorretto dall’equilibrio tra i suoi elementi e dall’evocazione di un senso che vada oltre la pura cronaca.
Un concetto che Lee Miller sicuramente condivideva, come si evince persino dalle sue foto più terribili, cioè quelle prodotte durante il secondo conflitto mondiale. Per quanto fossero agghiaccianti gli avvenimenti da cui scaturirono – bombardamenti, campi di concentramento, vittime di guerra – moltissime fra quelle opere non respingono l’osservatore ma anzi lo attraggono, come da sempre fanno i racconti di fatti atroci scritti da grandi narratori.
È il caso, per esempio, della foto di uno stivale da soldato abbandonato a terra assieme a dei proiettili, nella quale l’attenzione di chi guarda oscilla tra la presenza degli oggetti freddi e inanimati e l’assenza di colui che li utilizzava, forse morto in battaglia o forse fuggito per salvarsi la vita. Ricco di suggestioni è pure lo scatto in cui un pianoforte a coda è semisepolto dalle macerie di un edificio distrutto, che per un effetto sinestetico fa venire in mente la musica dello strumento soffocata dal fracasso dei mattoni e delle travi che vi precipitarono sopra.
Attesa fiduciosa dell’arrivo del film Lee in Italia
D’altra parte uno dei talenti delle menti creative sta nel giocare con i rimandi, nell’evocare ciò che sta al di fuori della cornice, nello stratificare metafore e allegorie pur senza allontanarsi dal significato primario dell’opera. Finché non arriverà in Italia non si può sapere se Lee – preceduto nel 2020 da un documentario di Teresa Griffiths intitolato Capturing Lee Miller – sia un ritratto che rende onore alla fotografa oppure l’ennesimo film che prende le mosse da una biografia reale per fare leva sui soliti cliché hollywoodiani (lecito sperare nella prima ipotesi, dato il curriculum della regista). Resta la certezza che vale la pena di dargli una possibilità, se non altro per cercare qualche nuovo tassello utile a ricomporre la personalità di un’autrice imprescindibile.
Titolo Lee Miller. Photographies
Formato 25×27,6cm
Pagine 144
Lingua inglese e francese
Prezzo 37 euro
Editore delpireandco.com