Qualche tempo dopo aver acquistato la prima reflex o la prima mirrorless potrebbe crescere il desiderio di procurarsi un secondo obiettivo da affiancare a quello incluso in kit con la fotocamera: è il momento in cui l’amatore entra “nell’ottica” della fotografia a sistema. Ma come si pesca l’obiettivo più adatto alle nostre esigenze tra la smisurata varietà di opzioni offerte dal mercato? Ecco una guida per imparare a “leggere” gli obiettivi, a capire come funzionano, a cosa servono e soprattutto perché ce ne sono così tanti.
Qualsiasi sia il tipo di fotografia che intendiate praticare, qualsiasi sia la tipologia di strumento con cui volete catturare la realtà, a meno che non siate degli appassionati del foro stenopeico avete bisogno di un obiettivo fotografico. E se fino a un attimo prima di passare alla reflex o alla mirrorless vi siete limitati a sfruttare più o meno inconsapevolmente quello del vostro smartphone o della vostra compatta, ora che c’è da scegliere cosa abbinare alla nuova fotocamera è importante fare propria una serie di nozioni connesse al mondo delle ottiche. La comprensione di un obiettivo fotografico, del suo funzionamento e di come questo riproduce la realtà sul sensore della nostra fotocamera o sulla pellicola non è semplice, tantomeno immediata. Per sceglierlo coscientemente occorre saper interpretare sigle e numeri che nel determinarne l’ambito di utilizzo, la qualità, il formato di destinazione o il grado di resistenza chiariscono anche perché due ottiche apparentemente identiche possano avere costi completamente diversi.
Grandangolo, normale o tele: ce lo dice la focale
In prima battuta si potrebbe pensare che la lunghezza focale non sia altro che la lunghezza fisica dell’ottica espressa in millimetri. Sbagliato. Questo valore indica la distanza tra il centro dell’obiettivo e il sensore e, a dirla tutta, il numero è più indicativo che reale. All’atto pratico, attraverso la focale siamo in grado di definire la tipologia di ottica che stiamo utilizzando: grandangolare, normale o tele. In base a questa lunghezza – e quindi al tipo di obiettivo che scegliamo di montare sulla nostra fotocamera – determiniamo la grandezza di un soggetto impresso sul sensore e, a cascata, altre caratteristiche importanti della nostra immagine che vedremo più avanti. Per cominciare, diciamo che a parità di distanza tra chi fotografa e chi viene fotografato, una focale lunga riprodurrà il soggetto ripreso più grande rispetto a una focale corta. In pratica, se una focale corta “allontana” ciò che fotografiamo, un obiettivo con focale lunga lo “avvicina”. Nel mezzo si trova la cosiddetta focale normale, che riproduce la realtà in maniera simile a quella percepita dall’occhio umano, senza alterarla prospetticamente: si tratta di un valore che su full frame è di circa 50mm. Valori più alti identificano quindi le ottiche che chiamiamo teleobiettivi, mentre valori più bassi rispetto al “normale” classificano i cosiddetti grandangolari.
Il formato di destinazione classifica la tipologia di obiettivo fotografico
Per classificare un’ottica si usa come formato standard di destinazione il full frame. Tale formato è noto anche come 135mm (perché così venivano chiamati i vecchi caricatori a rullino), 35mm (per l’altezza della pellicola stessa) o formato Leica, in onore alle fotocamere che per prime impiegarono un tipo di pellicola, all’epoca già nota per il cinema, da 24x36mm di dimensioni. La diagonale di un sensore di questo formato è di circa 43mm, un valore vicino al 50mm che, abbiamo detto, definisce i cosiddetti obiettivi normali. Ovviamente se cambiamo il formato del sensore o del supporto sensibile varierà pure la diagonale e, di conseguenza, la focale della nostra ottica normale o standard che dir si voglia. Ad esempio, se la nostra fotocamera ha un sensore APS-C, la cui diagonale è di circa 28mm, con lo stesso criterio adottato per il formato 135 la focale normale è di 33mm, arrotondata dai costruttori a 30 o 35mm. La tabella in questa pagina aiuta a capire quale lunghezza focale è normale, grandangolare o teleobiettivo a seconda del formato della nostra fotocamera.
Nell’articolo facciamo riferimento alle focali utilizzate con il formato standard 24×36 (full frame) per questioni di semplicità descrittiva, ma è importante sapere che a parità di focale, l’angolo di campo varia in base al formato di sensore sul quale si utilizza un’ottica. Un 50mm, per esempio, è un normale su full frame, un mediotele su APS-C e un tele su Quattro Terzi.
full frame APS-C Quattro Terzi
Grandangolare 35mm o meno 23mm o meno 18mm o meno
Standard 50mm circa 33mm circa 25mm circa
Teleobiettivo 80mm o più 55mm o più 40mm o più
Qui vediamo tre diverse focali in azione. In alto, ecco come cambia un ritratto utilizzando diversi obiettivi fotografici. La fotografia con il 24mm, a meno di non ricercare espressamente effetti grotteschi, è da evitare perché l’esaltazione della prospettiva tipica di quest’ottica deforma il volto della nostra modella. Le cose migliorano con il 50mm, fino a diventare ottimali con il 135mm (non a caso, insieme all’85mm è una delle due focali definite “da ritratto”). Da notare pure come al variare della focale corrisponda una diminuzione della profondità di campo, che sfoca gli elementi di disturbo fin quasi a farli scomparire.
Massima apertura relativa: quanta luce?
Dopo aver sviscerato il concetto di lunghezza focale e le caratteristiche che da questa derivano, ci soffermiamo sul secondo parametro fondamentale nella valutazione dell’ottica: la sua massima apertura relativa. Quando ci si trova di fronte a sigle del tipo f/2, f/2,8, f/4 capita di rimanere disorientati, ma questi valori rappresentano nient’altro che la quantità massima di luce che un obiettivo può proiettare verso il sensore della fotocamera. Più è basso il valore numerico che segue l’f e il segno di frazione, più luce l’obiettivo trasmette al sensore. A parità di tempo di scatto, per esempio, un obiettivo f/2 fa passare il doppio della luce rispetto a uno f/2,8 e il quadruplo rispetto a uno f/4. Ne consegue che, rispetto a un’ottica con luminosità massima f/4, una con apertura relativa f/2 o addirittura f/1,4 ci permetterà di fotografare con meno problemi in situazioni di scarsa luminosità ambientale. Inoltre, le grandi aperture relative o i diaframmi molto ampi consentono di ridurre la profondità di campo, isolando il soggetto dallo sfondo, un effetto molto ricercato soprattutto nel ritratto. Appare abbastanza ovvio, quindi, che a parità di focale l’obiettivo da scegliere sarebbe quello più luminoso. Va però detto che all’aumentare della luminosità crescono pure peso, ingombro e non ultimo il prezzo dell’ottica. Le prime due caratteristiche sono vincolate alle dimensioni fisiche delle lenti: a parità di taglia di sensore cui sono destinati, obiettivi con luminosità massime più elevate sono costruiti con lenti di diametro più grande e quindi sono più pesanti. Questo ha ripercussioni anche su tutta la meccanica che va adeguata al maggior lavoro che deve sostenere. Infine, le grandi aperture relative richiedono schemi ottici molto complessi per limitare le aberrazioni, con ulteriori ripercussioni sul costo finale dell’obiettivo.
Fisso o zoom?
Finora abbiamo parlato delle caratteristiche delle ottiche in maniera piuttosto relativa, introducendo concetti validi per qualsiasi tipologia di ottica. Ma va ricordato che non tutti gli obiettivi fotografici hanno lunghezza focale fissa. Anzi, i più diffusi sono di tipo zoom, ossia permettono di modificare in modo continuo la lunghezza focale e, quindi, l’ampiezza dell’inquadratura. Mentre i primi esistono fin dagli albori della fotografia, i secondi sono stati sviluppati a livello di massa più di recente, quando il progresso tecnologico ha permesso di ottenere una qualità di immagine accettabile mantenendo “contenuti” i costi di progettazione e produzione. Gli obiettivi zoom, qualsiasi sia il loro formato di destinazione, hanno come ambizione principale quella di sostituire nella borsa del fotografo parecchie ottiche fisse: un 24-70mm e un 70-200mm, da soli, sono in grado di rimpiazzare ben sette ottiche diverse nella borsa di un fotografo: 24mm, 35mm, 50mm, 85mm, 100mm, 135mm e 200mm. Ma quali sono i compromessi da accettare? Anzitutto c’è da dire che rispetto a un’ottica fissa, una di tipo zoom ha struttura ottica più complessa, perché per ottimizzare la qualità dell’immagine a tutte le focali i progettisti sono costretti a ricorrere a un maggior numero di lenti; mentre un obiettivo fisso è formato da sette, otto elementi, un obiettivo a focale variabile può arrivare a ospitarne anche più di venti, con prevedibili ripercussioni su peso, ingombro e prezzo. Ecco perché di solito i fotoamatori che scelgono obiettivi zoom puntano su modelli meno luminosi ma più abbordabili e leggeri. Nella maggioranza dei casi ci si accontenta di zoom relativamente economici la cui massima apertura relativa varia con la focale; è un espediente utilizzato dai fabbricanti per limitare tutti i fattori appena citati. Ecco spiegata dunque la presenza di sigle come f/3,5-5,6: stanno a significare che l’ottica in questione ha luminosità massima che varia da f/3,5 alla focale minima a f/5,6 quando si seleziona quella massima. Questo non si verifica con gli obiettivi fotografici di rango professionale, che non solo hanno luminosità generalmente maggiore (f/4 o f/2,8, in alcuni casi anche f/1,8), ma la mantengono costante indipendentemente dalla focale impostata. Chi ha il pallino della qualità non trascuri questo semplice assunto: nonostante gli sforzi profusi dall’industria nella progettazione degli zoom, la migliore focale fissa sarà sempre un gradino più in alto del migliore zoom che include tale focale, e le maggiori aperture relative saranno sempre appannaggio delle ottiche fisse. Non è un caso che negli ultimi anni tutti i produttori siano tornati con rinnovato entusiasmo alla progettazione di ottiche fisse di elevata qualità: chi sposa un sistema fotografico a ottica intercambiabile cerca il massimo, a cominciare dalle ottiche. Senza contare poi che la risoluzione esuberante delle moderne fotocamere digitali consente di ritagliare l’immagine per trovare la composizione perfetta senza grandi sacrifici in termini di qualità. Una sorta di zoomata a posterior
Stabilizzatore e motore AF
Per contrastare eventuali cali di nitidezza dovuti ai movimenti trasmessi dal fotografo al sistema di ripresa, alcuni obiettivi, identificati da sigle come IS, OS, OSS, Power O.I.S e così via, integrano un sistema di stabilizzazione costituito da un gruppo di lenti che si sposta in controfase rispetto alle vibrazioni, così da compensarle. I migliori tra questi permettono di aumentare il tempo di sicurezza fino a 4 o 5EV oltre quello suggerito dalla focale: in pratica, se con un 135mm non stabilizzato, scattando con tempi inferiori a 1/125sec siamo a rischio mosso, con un 135mm stabilizzato possiamo scattare tranquillamente anche con 1/15sec. Da qualche anno sono sempre più diffuse le fotocamere (mirrorless, ma anche reflex) con sensore stabilizzato, ossia montato su un supporto mobile che compensa le vibrazioni introdotte dal fotografo; questo sistema ha il grande vantaggio di funzionare anche con ottiche molto datate o moderne ma prive di stabilizzatore. L’ultima frontiera della stabilizzazione consiste nell’integrazione tra la stabilizzazione dell’ottica e quella della fotocamera: in questo modo si somma la compensazione sugli assi verticale e orizzontale offerta dalle ottiche IS a quella del rollio, del beccheggio e dell’imbardata effettuate dal sensore della fotocamera. Da quando poi le fotocamere fanno anche i video, sempre più ottiche vengono costruite con motori autofocus di tipo ultrasonico e con movimento passo-passo. Tale tecnologia (che riconosciamo grazie a sigle come STM, HSM, USD, ecc… ) consente di attuare la rotazione dell’albero motore tramite microvibrazioni create da un elemento piezoelettrico, e non solo permette di muovere le lenti a intervalli minimi e con assoluta fluidità, ma soprattutto di farlo in maniera assai più silenziosa rispetto ai vecchi motori AF a ingranaggi.
Un obiettivo a elevata luminosità ci permette di enfatizzare lo stacco dei piani e isolare il soggetto dallo sfondo. In condizione di scarsa luce ambientale, è ottimale anche per fotografare senza l’ausilio del flash, con tempi di scatti più rapidi o a sensibilità ISO inferiori.
Gli innesti per gli obiettivi fotografici
I fattori di compatibilità tra fotocamera e ottica sono numerosissimi e quindi consigliamo sempre di consultare la scheda tecnica della fotocamera sul sito del Produttore prima di procedere all’acquisto di un nuovo obiettivo. In linea di massima, comunque, valgono queste regole: mentre le ottiche destinate alle reflex APS-C di Nikon (DX) possono essere montate tranquillamente – previo ritaglio dell’immagine operato in automatico dalla fotocamere – anche sulle fotocamere con sensore full frame (cui sono destinate le ottiche FX); nessun problema, invece, montando le ottiche FX su fotocamere DX. Sul fronte Canon, invece, le ottiche EF-S per le reflex con sensore APS-C non possono essere abbinate alle full frame della Casa per le quali occorre acquistare invece un’ottica di tipo EF; queste ultime, d’altro canto, vanno d’accordo anche con le Eos dotate di sensore APS-C. Le fotocamere Pentax, siano APS-C o full frame, accettano tutte le ottiche con innesto KAF; vale sempre la regola che le ottiche nate per l’APS-C sfrutteranno solo parte della superficie e quindi della risoluzione del sensore a formato pieno. Per le mirrorless di Sony occorre invece acquistare un’ottica di tipo E per le Alfa con sensore APS-C e FE per le full frame; le E possono essere usate sulle mirrorless full frame sfruttando solo la parte centrale del sensore; le FE non hanno limitazioni sulle Alfa con CMOS APS-C. Condividendo l’innesto Micro Quattro Terzi, le mirrorless di Panasonic e Olympus accettano tutte le ottiche originali prodotte dall’uno o l’altro produttore. Alle mirrorless APS-C di Fujifilm occorre invece abbinare ottiche Fujinon con innesto X-Mount. Per finire, progettando ottiche destinate a fotocamere di produttori terzi, quando si acquista un obiettivo di Samyang, Sigma, Tamron, Tokina e Zeiss ricordate sempre di fare attenzione al tipo di innesto, tenendo presente che mentre Samyang produce solo obiettivi full frame ovviamente compatibili con i sensori di taglia inferiore, gli altri Produttori hanno linee separate per mirrorless e reflex, così come per sensori APS-C e full frame.
Si tratta dell’obiettivo che copre le focali tra il grandangolo e il mediotele, passando per il normale. È generalmente la prima ottica con cui un amatore muove i primi passi nel mondo della fotografia a sistema. Il più diffuso è il 18-55mm f/3,5-5,6 che spesso si trova abbinato alle reflex APS-C, ma nel catalogo dei maggiori produttori sono presenti versioni anche più costose con luminosità costante (f/4 o f/2,8) lungo tutta l’escursione focale. Un eventuale miglioramento del proprio corredo può passare per zoom standard con escursione leggermente maggiorata, ad esempio un 24-120mm nel formato 135, 16-80mm in quello APS-C, 12-60mm nel QuattroTerzi.
Solitamente è l’obiettivo che ottiene più preferenze quando si è in procinto di aggiungere una seconda ottica al corredo. Questo perché permette di iniziare a cimentarsi in ambiti fotografici difficili da praticare con lo zoom standard, come la fotografia naturalistica o sportiva. Le versioni (fino a 300mm sul full frame) con massima apertura relativa variabile, solitamente compresa tra f/4,5-6,3, sono le più economiche e leggere, mentre quelle con apertura f/4 o f/2,8 costante lungo tutto il range di focali, oltre a essere più grosse e pesanti, sono anche parecchio costose: si parte da poco meno di mille euro.
Anche se può sembrare un controsenso per chi ha scelto una fotocamera a ottica intercambiabile, la soluzione tuttofare riscuote parecchio successo. Zoom 28-200mm o 28-300 sul full frame (e i corrispondenti per le fotocamere con sensori di taglia inferiore, ad esempio, 18-200mm per l’APS-C e 14-140mm per il QuattroTerzi) sono effettivamente molto comodi e, ultimamente, hanno raggiunto livelli di qualità più che discreta.
L’ottica grandangolare vi permetterà di ottenere inquadrature di più ampio respiro rispetto a quelle a cui lo zoom standard acquistato in kit con la vostra prima fotocamera vi ha abituato. Quest’ottica permette di esasperare la prospettiva offrendo ampi spunti di creatività. Si utilizza nella fotografia d’architettura, di paesaggio, ma può essere utile anche per realizzare ritratti ambientati nei quali si desidera mettere in relazione – anche in modo originale – il soggetto con altri elementi presenti all’interno della scena.
È l’ottica professionale per eccellenza, è quella che si vede a bordo campo nelle partite di cartello, quella che fa sognare tutti gli amatori: i supertele, tanto per tornare con i piedi per terra, nelle versioni più luminose possono arrivare a costare anche 15.000 euro. La cosa interessante è ultimamente il mercato ha iniziato a offrire alternative interessanti a focale e apertura variabili con prezzi anche di dieci volte inferiori. Ci riferiamo a zoom che partono da 100-150mm per arrivare a 400-600mm, con luminosità comprese tra f/4 e f/6,3. Siamo lontani dalla perfezione ottica di un 400mm f/2,8, ma per cominciare sono davvero ottimi.
Per utilizzi particolari come la fotografia a distanza molto ravvicinata, o macrofotografia, esistono ottiche dedicate che mantengono altissima la qualità d’immagine anche quando ci si trova a pochi centimetri dal soggetto. I macro più gettonati sono quelli da 90-100mm sul formato pieno, perché sono utilizzabili anche nel ritratto con ottimi risultati. Alcuni zoom sono indicati come macro perché in grado di focheggiare più da vicino rispetto agli standard di quella focale, ma i veri obiettivi fotografici macro sono tutti di tipo fisso e offrono un rapporto di riproduzione elevato, da 1:2 a 1:1.
Sono obiettivi fotografici per intenditori, che non cedono alle lusinghe degli zoom preferendo l’elevata luminosità e la qualità che spesso accompagna queste realizzazioni. Sono focali solitamente comprese fra 28mm e 135mm, con aperture relative f/2 o maggiori (ossia f/1,8 o f/1,4, con rare eccezioni che arrivano a f/1,2 e addirittura a f/0,95). Obiettivi di questo tipo permettono stacchi dei piani mozzafiato, ma soprattutto consentono di fotografare anche “al buio” senza scendere troppo con il tempo di scatto o innalzare gli ISO.