Di matrice neorealista, la produzione di Ernesto Fantozzi, in mostra al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo fino al 29 gennaio 2023, si è sempre concentrata su un uso della fotografia come specchio del reale. In conversazione con Sabina Colombo, co-curatrice della mostra e responsabile dell’Archivio Cesare Colombo, Ernesto Fantozzi ci rende partecipi del suo modo di lavorare, risalendo alla prima immagine “consapevole” prodotta, datata 1958, che ritrae la sua famiglia davanti alla televisione intenta a guardare il Festival di Sanremo.
Ernesto Fantozzi, "fotoamatore" ispirato da Cartier-Bresson e Capa
Artefice di fotografie rigorosamente in bianco e nero, con un occhio sempre rivolto alla poetica di Henri Cartier-Bresson, o come ci rivelerà anche di Robert Capa, il fotografo milanese alla fine del 1965 fonda, insieme a Carlo Cosulich e Mario Finocchiaro, il “Gruppo 66”, composto da fotoamatori con l’intento comune di raccontare i cambiamenti della città di Milano e del suo hinterland.









Fantozzi maestro di "street photography"
Per documentare l’humanitas che animava la città, dagli anni Sessanta fino ai nostri giorni, Ernesto Fantozzi è ricorso agli escamotage più divertenti e fantasiosi pur di carpire la realtà nel suo fluire, senza artifici o troppe orchestrazioni.








Direttamente dalla sua voce il racconto di alcuni dei suoi stratagemmi che gli hanno permesso di definire la sua narrazione fotografica e di produrre alcune delle sue immagini più iconiche, facendo pensare, nel caso specifico del progetto prodotto nella metropolitana di Milano, ai colpi di genio di un Walker Evans in incognito nella metropolitana di New York alla fine degli anni Trenta.
Per informazioni sulla mostra: “Testimonianza autentica di una situazione spontanea. Ernesto Fantozzi Fotografie 1958-2018“.

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