I personaggi che inquadra Bubi Canal sembrano supereroi usciti da un fumetto, vestiti di colori brillanti, di maschere e di oggetti che rendono l’immagine interessante e divertente. I suoi soggetti, spesso, posano in scenari sospesi, molte volte al tramonto, permettendogli, in questo modo, di sottolineare la vivacità dei loro colori e la particolarità dei loro costumi. Bubi compone le sue immagini in un avvincente dialogo tra l’estetica fashion, il design e il gusto per la cultura pop, rendendo evidente una progettualità ben calibrata, ma anche la giusta attenzione per l’elemento ludico. Abbiamo intervistato Bubi per parlare della sua creatività.
Come definiresti il tuo modo di intendere la fotografia? C’è un’idea generale che abbraccia tutta la tua produzione?
La mia pratica spazia dalla fotografia alla scultura e al video, esplorando concetti legati all’identità, alla mitologia ibrida e alla storia personale. La fotografia mi permette di combinare elementi della natura, forme, disegni e figure per costruire il mio mondo per la macchina fotografica. Questo mondo è spesso abitato da personaggi e nature morte che creo fondendo elementi della mitologia americana e spagnola con simboli e ricordi personali.
Nei tuoi ritratti, che valore hanno le forme e gli oggetti che dialogano con la figura umana? Sembrano, in certi casi, degli oggetti di culto, hanno una loro sacralità…
Quando studiavo scultura, ricordo di aver scattato fotografie per documentare le opere. In seguito, ho iniziato a fotografarle insieme alla figura umana. Qualcosa è cambiato allora e ho sentito una connessione con le immagini che non avevo mai sperimentato prima. Volevo continuare a esplorare come le opere che creavo potessero esistere all’interno delle mie fotografie.
Quando realizzo opere nel mio studio, cerco di aiutarle a trovare il loro posto. A volte esistono solo all’interno di un’immagine, a volte sono sculture indipendenti, a volte entrambe le cose. Possono vivere dentro l’immagine e fuori da essa. Quando le opere interagiscono con la figura umana, generano un proprio significato. Attraverso questo dialogo nascono nuove narrazioni.
Nelle tue fotografie spesso l’uomo è mascherato o comunque la sua figura è sempre alterata da oggetti colorati che estendono il suo corpo. Perché?
La maschera è un elemento ricorrente nel mio lavoro. Ci permette di trasformarci in qualcos’altro, un ingresso verso una dimensione diversa. Le maschere e gli oggetti trasformano il corpo, permettendomi di esplorare l’identità come qualcosa di fluido e in continua evoluzione. Creano figure che collegano emozione, mitologia e gioco, trasformando il corpo in un veicolo per molteplici identità e possibilità di essere.
Il colore per te non è solo un elemento estetico, ma ha un chiaro valore di significato. Quale?
Nel mio lavoro, ho iniziato a usare colori con cui mi sentivo in sintonia e, col tempo, ho iniziato a incorporarne di nuovi, creando una palette personale in continua evoluzione. Sento una connessione con il colore e credo che possa influenzarci. Non è qualcosa che calcolo; è qualcosa che trovo. Il colore mi parla, come se dicesse: “Ciao, sono qui, usami”.
Ci racconti a cosa ti ispiri per creare le tue messe in scena?
Posso essere ispirato da qualsiasi cosa: esperienze, ricordi, musica, parole, natura. Una formazione rocciosa può ispirarmi a creare un’immagine, così come una conversazione, un capo di abbigliamento che ho trovato o le persone a me vicine come la mia famiglia e i miei amici. Le idee spesso nascono mentre creo, principalmente sotto forma di immagini, forme, colori o movimenti.
Cerco di rimanere aperto perché le idee possono arrivare in qualsiasi momento e in modi diversi. Mi piace ciò che David Lynch ha detto sulla creatività, rivedo in queste parole il mio modo di creare: “È come se ci fosse un uomo nell’altra stanza con l’intero film, ma è diviso come i pezzi di un puzzle. E mi mostra un pezzo alla volta. All’inizio è molto astratto, ho un’idea vaga, ma man mano che arrivano i pezzi, le idee si mettono insieme e inizia a formarsi qualcosa. Poi, un giorno, eccola lì”.
Come ti relazioni ai tuoi soggetti in fase di scatto?
Il più delle volte fotografo persone che conosco e che non sono abituate a stare davanti alla macchina fotografica. Spesso i miei stessi amici mi chiedono di comparire nelle foto, e mi piace perché ci divertiamo molto. Apportano sempre qualcosa di unico e inaspettato all’immagine. Spesso, con loro, mi faccio trasportare dal momento, anche se ho sempre bene chiaro in testa l’immagine che vorrei.
I paesaggi in cui ambienti i tuoi scatti che cosa vogliono trasmettere?
Scatto in luoghi a cui mi sento legato, come i paesaggi in cui sono cresciuto in Spagna, i luoghi in cui ho vissuto in passato o New York, dove vivo. È come un diario paesaggistico. Tengo sempre una lista dei luoghi che vorrei fotografare in futuro.
Nel progetto Union si inserisce nell’immagine l’elemento grafico. Come il tuo processo creativo è arrivato a realizzare questo lavoro?
Ho iniziato la serie Union con dei disegni che ho realizzato e, dopo un po’ di tempo, ho sentito il bisogno di incorporarli nella fotografia e di aggiungere un elemento umano. Insieme a mio padre, ho tradotto i disegni in grandi pezzi di legno dipinti e ho ritagliato le sagome. Ho fotografato la serie in Cantabria, in Spagna, con mio fratello come modello. Abbiamo guidato fino alla location da soli e abbiamo scattato al tramonto, combinando luce naturale e flash per creare un vivido senso di contrasto e mistero.
Ulteriori fotografie e informazioni sul lavoro di Bubi Canal sono disponibili sul sito del fotografo bubicanal.com.
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