Realizzato con lo zampino di Leica, ecco com'è fatto e come funziona il comparto fotografico degli ultimi smartphone prosumer di Xiaomi, 13T e 13T Pro.
L’azienda lo chiama LEICA VARIO-SUMMICRON 1:1.9-2.2/15-50mm ASPH, come fosse un tradizionale obiettivo zoom, di quelli che siamo abituati a innestare sulle nostre fotocamere. In realtà agli Xiaomi 13T e 13T Pro servono ben tre moduli (intesi come accoppiata ottica/sensore) per configurare un sistema di ripresa che permetta al fotografo di ottenere l’equivalente di un 15-50mm racchiuso in uno smartphone. Alla fotocamera ultragrandangolare da 15mm e luminosità f/2,2 (abbinata a un sensore CMOS da 12MP di risoluzione), troviamo infatti affiancati un grandangolare da 24mm f/1,9 e un normale da 50mm f/1,9, entrambi accoppiati con sensori da 50MP di risoluzione. Ecco come funzionano uno a uno e come, invece, interagiscono tra loro per configurare l’equivalente di uno zoom ottico 3,33x.
Gli Xiaomi 13T e 13T Pro sono già disponibili all’acquisto in tre colorazioni (Alpine Blue, Meadow Green e Black) a partire da 670 euro. Più nel dettaglio, il prezzo d’accesso è riservato allo Xiaomi 13T nella configurazione 8+256GB, mentre occorrono rispettivamente 800, 900 e 1.000 per lo Xiaomi 13T Pro nelle versioni 12-256GB, 12+512GB e 16GB+1T. A prescindere dalla versione acquistata, il Costruttore assicura quattro generazioni di aggiornamenti del sistema operativo Android e cinque anni di patch di sicurezza.
Xiaomi 13T: la fotocamera principale (W)
Il modulo da 24mm f/1,9 è quello principale: il CMOS ha dimensioni pari a 1/1,28” e pixel pitch reale di 1,22 micron. I suoi 50MP di risoluzione, però, possono essere sfruttati appieno solamente a 24mm di focale spuntando la voce “50MP” in modalità PRO. In tutti gli altri casi il sensore lavora in modalità pixel binning, ossia combinando gruppi di pixel adiacenti; a fronte di un decremento della risoluzione (che scende a 12MP), questa tecnica riduce la quantità di dati da elaborare migliorando al tempo stesso la resa alle alte sensibilità e ampliando la gamma dinamica. Il pixel pitch passa di conseguenza a 2,44 micron. Dei tre presenti, il modulo con sensore da 24MP è anche l’unico dotato di sistema OIS per la compensazione ottica delle vibrazioni.
Inoltre, il CMOS lavora lungo una scala ISO – regolabile anche manualmente – tra 50 e 12.800. In basso, il nostro classico banco di prova per valutare la qualità dell’immagine a diverse sensibilità ISO. Le foto non risultano perfettamente allineate perché l’OIS della fotocamera principale non può essere disattivato e il sistema non riconosce se lo smartphone, come nel nostro caso, è su treppiedi.
A Berlino, in occasione della presentazione dei due nuovi smartphone della serie T di Xiaomi, abbiamo scambiato qualche battuta con Davide Lunardelli, Head of Marketing di Xiaomi Italia.
Raccontaci di questa partnership con Leica…
Abbiamo studiato alcuni aspetti tecnici con loro, in più si sono occupati della realizzazione delle lenti dei tre moduli. Insomma, non stiamo parlando di una collaborazione meramente commerciale tra due brand come ce ne sono state in passato, ma di co-engineering vero e proprio.
Una collaborazione destinata a durare?
Non posso comunicare gli accordi, ma ti posso dire che stiamo parlando di qualcosa a medio-lungo termine.
Pensi che gli smartphone fotografici abbiano raggiunto l’optimum? Insomma, oramai il lavoro dell’elettronica è impressionante. I limiti sono solamente fisici…
Ci siamo quasi, siamo arrivati a un buon compromesso. Tant’è che non parliamo più di fotografia “fatta con”, ma di fotografia e basta. Per questo motivo oggi puntiamo anche sulle masterclass dove insegniamo ai ragazzi come si fa fotografia a prescindere dal mezzo utilizzato.
A quale “pubblico” puntate con questo smartphone?
A coloro che non sanno di voler diventare fotografi. Vogliamo fornirgli uno strumento attraverso il quale approcciare la fotografia impegnata. Ma anche a chi è affascinato dal mondo Leica e magari non ha la capacità di spesa per arrivare a una fotocamera vera e propria.
TI chiedo una cosa che normalmente avrei chiesto a un responsabile di un’azienda fotografica. Vi affiderete a degli Ambassador per promuovere, con le loro immagini, questi nuovi dispositivi?
Non avremo testimonial per questa campagna, ma un progetto in corso che si svilupperà nelle prossime settimane. Un racconto del nostro Paese, da Nord a Sud, attraverso dei ritratti realizzati da diversi fotografi (la nuova campagna Italia Riflessa, n.d.r.).
Xiaomi 13T: il normale da 50mm (T)
Per il modulo con focale equivalente a un 50mm f/1,9, il Costruttore ha optato invece per un sensore da 1/2,8” e pixel pitch pari a 0,6µm. Rispetto al CMOS principale non lavora in pixel binning, ma sfrutta tutti e 50 i megapixel a sua disposizione per simulare, tramite crop, tutte le focali in allungo fino a 480mm equivalenti (ingrandimento 20x prendendo come riferimento i 24mm del modulo principale). La scala ISO (qui sotto altri scatti per un confronto a diverse sensibilità) in questo caso è compresa tra i valori di 50 e 3200.
Xiaomi 13T: l’ultragrandangolare da 15mm (UW)
Ed eccoci infine al modulo con ottica ultragrandangolare (0,6X rapportati sempre al 24mm principale), al cui servizio troviamo un CMOS da 12MP e appena 1/3,06″, con pixel pitch di 1,12 micron. Equivale a un 15mm su formato pieno, ma è in grado anche di proporre tutte le focali comprese fino a 50mm. Dato il modesto ingrandimento richiesto per passare tra i due estremi, per mantenere inalterata la risoluzione anche alle focali più lunghe l’elettronica applica sia il crop, sia l’interpolazione. Anche in questo caso gli ISO sono regolabili lungo una scala compresa tra 50 e 3200. Qui sotto, un confronto nella resa alle varie sensibilità ISO.
Xiaomi 13T: come utilizzare il comparto fotografico in modalità Pro
La fotocamera da 15mm (UW) consente la zoomata progressiva fino a circa 50mm croppando e interpolando il sensore per mantenere i 12MP di risoluzione. È a dir poco controproducente, però, superare i 23mm di focale perché oltre tale soglia possiamo far entrare in gioco la fotocamera principale (W) e sfruttare la maggiore superficie del suo CMOS per ottenere una qualità dell’immagine decisamente superiore rispetto alla prima. Il modulo da 24mm di focale e 50MP di risoluzione (che scendono a 12MP per via del pixel binning) scatta senza perdita di qualità almeno fino ai 50mm di focale in allungo (2X). Oltre tale soglia e fino a 240mm vale invece la solita regola del ritaglio, fatti fermi i 12MP di risoluzione. Ecco perché può valere la pena, raggiunti i 50mm di focale, attivare il modulo indicato con la lettera T e sfruttare appieno la qualità dell’abbinata ottica/sensore. Questo normale, che come il grandangolare può contare su ben 50MP di risoluzione, riesce altresì a simulare tutte le focali fino a 480mm. In certi casi però, ossia quando le condizioni di luce non sono ottimali, chi non desidera oltrepassare i 240mm coperti anche dal modulo principale W, farebbe bene a preferire ancora quest’ultimo per almeno un paio di buoni motivi: innanzitutto per il miglior rapporto segnale/rumore – a parità di impostazioni – dato dalla maggiore superficie del CMOS. Secondo perché, essendo il modulo W stabilizzato, permette di impostare un tempo di scatto più lento e quindi lavorare a sensibilità ISO più basse. Non è un caso che anche in modalità punta e scatta, dove è consentito zoomare da 15 a 480mm senza soluzione di continuità (è il telefono a preoccuparsi di attivare via via il modulo più adatto alla ripresa), se la luce ambiente è scarsa il modulo T entra in gioco solo dopo i 240mm (limite oltre il quale non può spingersi quello principale W).
Qui sotto uno schema che illustra quanto appena descritto.
JPG e RAW a confronto
In modalità Pro gli Xiaomi 13T e 13T Pro permettono di attivare anche lo scatto in RAW per ottenere immagini in formato DNG finalizzate alla postproduzione. Chiaramente i principali vantaggi del formato non compresso anche nel caso degli smartphone sono da ricercarsi nella migliore resa in termini di gamma dinamica (osservate la custodia della Rolleicord in primo piano che, a parità di alteluci, risulta eccessivamente sottoesposta in JPG e ben rappresentata nel RAW sviluppato in ACR), ma pure nella riproduzione dei dettagli più minuti. A tal proposito, però, c’è da dire che già in JPG gli Xiaomi della serie T assicurano una buona resa, soprattutto utilizzando il modulo principale a 24mm di focale (in basso un esempio per un confronto).
La tenuta in controluce fotografando con gli Xiaomi 13T
Un difetto comune a molti smartphone fotografici, anche assai più costosi di quelli in prova, è la scarsa tenuta al controluce e anche questi Xiaomi non fanno eccezione. Tutti e tre gli obiettivi, difatti, lo soffrono in maniera abbastanza critica. Più in particolare è proprio il modulo principale da 24mm a rivelarsi il più “sensibile”: in assenza di una schermatura della lente frontale, eseguibile con la mano libera, il flare diventa il vero protagonista della scena e la perdita di contrasto si fa davvero consistente. Questo, probabilmente, è uno dei fronti dove i Costruttori di smartphone, compresa Xiaomi, possono e devono ancora migliorare.
Il sistema autofocus degli Xiaomi 13T
Indipendentemente dal modulo di ripresa selezionato, gli Xiaomi 13T e 13T Pro sono in grado di riconoscere e mantenere agganciato un soggetto umano o animale tramite PDAF (acronimo che sta per Phase Detection Autofocus). In modalità di scatto Normale la messa a fuoco è quasi sempre perfetta, vuoi per l’estesissima profondità di campo caratteristica dei sensori di taglia piccola, vuoi per l’assenza di un vero teleobiettivo. In questo esempio, si noti come la cornice bianca dell’AF si sia adattata perfettamente alla sagoma del piccolo Riccardino.
La modalità ritratto degli Xiaomi 13T
Il riconoscimento del soggetto è alla base del funzionamento anche della modalità Ritratto. L’elettronica in questo caso applica una sfocatura artificiale sullo sfondo (l’intensità è graduabile manualmente), tentando di simulare già in ripresa la resa di un’ottica da ritratto. Non sempre, però, gli scontorni dei soggetti riescono alla perfezione: la macchia scura sul dorso della piccola Camilla, ad esempio, è stata scambiata per un elemento in secondo piano e, di conseguenza, impropriamente sfocata. Più meticoloso il lavoro svolto sulle immagini già presenti in galleria dalla cosiddetta AI, non solo per quanto riguarda la simulazione dello stacco tra i piani, ma pure per ciò che riguarda soprattutto i punti luminosi fuori fuoco, che possono essere rappresentati in diversi modi (in basso a destra, un video di esempio).
Xiaomi 13T: le conclusioni
Cosa aspettarsi da uno smartphone di fascia prosumer? Esattamente quello che gli “T” sono in grado di offrire, vale a dire una qualità d’immagine più che buona (soprattutto alla focale grandangolare equivalente a 24mm) e tutto il necessario per praticare o iniziare a sperimentare diversi generi fotografici tra cui il reportage, la street photography e il ritratto. I millimetri in allungo fino alle focali tele ci sono e ben vengano, ma ricordiamoci di utilizzarli senza troppe pretese sul fronte della qualità dell’immagine, soprattutto se la luce ambiente scarseggia. Chi scatta già con una fotocamera avrà senz’altro di che divertirsi utilizzando i due smartphone in modalità Pro (ma facendo attenzione a selezionare, caso per caso, il modulo fotografico più adatto per la ripresa). Tutti gli altri, vale a dire coloro che sono soliti utilizzare lo smartphone in modalità punta e scatta, troveranno invece soddisfazione nei numerosi strumenti di assistenza alla ripresa e di ottimizzazione dell’immagine dopo lo scatto. Se, insomma, il compito assegnato a questi due smartphone è quello di attrarre e traghettare verso la fotografia impegnata potenziali appassionati, crediamo che possano svolgerlo in modo soddisfacente.
Per ulteriori info: Xiaomi