Nella fotografia notturna i cieli stellati, la luna e i pianeti affascinano da sempre. Per catturarli non basta di certo uno smartphone, ma come scopriremo neppure occorrono attrezzature speciali. A meno che non si voglia sperimentare la ripresa astronomica vera e propria…
Una delle ragioni del fascino della fotografia notturna è che ci offre la possibilità di vedere “al buio” come il nostro apparato visivo non riesce a fare. Il sensore fotografico (e anche l’ormai dismessa pellicola, seppure con maggiori limiti) può, infatti, registrare ciò che ai nostri occhi sfugge: è da un lato questione di sensibilità (quindi si parla sostanzialmente di ISO), e dall’altro di durata della posa che, se opportunamente prolungata, dà la possibilità di distinguere i dettagli di una scena anche nel caso in cui la luce ambientale disponibile sia scarsissima (quindi, in una condizione che ci appare come buio pesto…), come pure di ottenere particolari effetti nelle zone rischiarate dalle luci artificiali o magari dalla Luna.
I tempi degli ISO nella fotografia notturna: velocità di scatto e sensibilità
Fissiamo dunque un primo punto: come nel caso della fotografia diurna, anche nella ripresa notturna i tempi di posa e gli ISO sono indissolubilmente legati. Prolungando i primi, si può lavorare con sensibilità più basse e, con ciò, ottenere una superiore qualità d’immagine. Ma attenzione: “prolungare”, nello specifico, significa passare da frazioni di secondo a diversi minuti quando non ore di posa. A tal proposito è anche il caso di rilevare che (se si eccettuano applicazioni particolari che richiedono tecniche complesse, come per esempio lo stacking), per quanto si possa innalzare il valore ISO, molto difficilmente si arriverà ai risultati ottenibili con le lunghe esposizioni: un problema noto a chi pratica riprese astronomiche di corpi celesti, che richiedono tempi di posa relativamente brevi. Per queste ragioni, la fotografia notturna impone la gestione di variabili che nelle riprese diurne non si verificano: un esempio banale è costituito dal fatto che nelle pose prolungate il sensore può surriscaldarsi e generare rumore termico. Un caso di scuola più complesso, invece, riguarda il moto relativo delle stelle: al fenomeno, ben noto agli astrofotografi, come vedremo più avanti si rimedia con accessori dedicati che si chiamano “inseguitori”.
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