Per la prima volta nella storia del World Press Photo, l’immagine dell’anno non include la presenza di alcun essere umano. Al contrario, grida la sua assenza.
A vincere il titolo di World Press Photo of the Year 2022 è stato lo scatto Kamloops Residential School, della fotografa canadese Amber Bracken. È un’immagine che denuncia una grave violenza perpetrata per quasi un secolo in Canada, a seguito dell’istituzione delle Kamloops Indian Residential School, sui figli dei nativi locali. Le “scuole residenziali” furono aperte nel XIX secolo come mezzo di inclusione degli indigeni nella cultura occidentale, che era a prevalenza cristiana. Gli studenti nativi nordamericani, oltre 150.000 fino al 1996 (anno di chiusura dell’istituzione), sono stati allontanati dalle loro case, dalle famiglie, dalla loro cultura, ed è stato loro vietato persino l’uso della propria lingua.
La frequentazione di quelle scuole era obbligatoria. Almeno 4.100 studenti sono morti a causa di maltrattamenti, negligenza, malattia, violenze e incidenti. I resti di queste creature sfortunate sono stati ritrovati in una fossa comune: un vero genocidio culturale travestito da istituzione scolastica. Lo scatto della Bracken rappresenta un monumento costruito con semplici croci di legno, alle quali sono stati appesi simbolicamente degli abiti. Realizzata a cielo aperto, questa sorta di via crucis laica vuole essere un monito per ricordare i bambini morti per cause ricollegabili al loro inserimento coatto nella Kamloops Indian Residential School.
Come ci parla l'immagine
Nella fotografia vincitrice – essenziale e, probabilmente anche e soprattutto per questo, scelta dalla giuria – vesti colorate adornano croci di legno piantate per terra, abbiamo detto. Ma nessun corpo, volto, gesto, sguardo, è presente. Manca l’elemento umano. Alle urla di madri addolorate, ai canti di popoli in rivoluzione o alle scene poetiche che suscitano grande contemplazione (e che finora hanno primeggiato al WPP), si è sostituita una rappresentazione assai più semplice, a un primo sguardo quasi banale.
Lo scatto della fotogiornalista freelance canadese Amber Bracken, che si occupa da sempre di documentare i problemi dei popoli indigeni in Nord America, ci lascia tuttavia affascinati per la luce calda del sole e incuriositi dall’inquadratura dal sapore amatoriale eppure surreale, per l’atmosfera quieta che entra in contraddizione con il senso drammatico dello scatto.
La seconda “arma” di questa immagine è la sua bellezza bucolica, con annesso arcobaleno sullo sfondo, che ci fa restare “dentro” la foto quel tanto in più che basta per attivare riflessioni più profonde, e con queste arrivare al senso – questo sì, drammatico – della scena.
L'assenza umana: al WPP non era mai successo prima
Il fotoreporter Pietro Masturzo, nel 2010, aveva vinto il WPP con Women shout their dissent from a Tehran rooftop, una scena in cui la proporzione uomo-contesto era invertita a favore dell’ambientazione; negli anni Ottanta e Novanta, in diversi casi, a vincere è stata un’immagine dai toni estremamente disperati come quelli nello scatto di Georges Mérillon, datato 1991, in cui nella ex Jugoslavia delle donne piangevano al capezzale di un uomo rimasto ucciso durante una protesta. E ancora, l’anno scorso Mads Nissen aveva vinto con The first embrace, raccontando un escamotage attuato in piena pandemia per tornare ad abbracciarsi, riempiendo completamente il fotogramma con i corpi di un’anziana signora e dell’infermiera che la abbracciava, separate da un telo di plastica.
L’immagine vincitrice del WPP è stata spesso diretta e cruenta, come ad esempio quella dell’assassinio in diretta ripreso nel 2017 da Burhan Ozbilici che aveva fotografato Mevlüt Mert Altıntaş dopo l’uccisione dell’ambasciatore russo Andrey Karlov, in una galleria d’arte ad Ankara (Turchia).
Inoltre in più di un’occasione il WPP è stato vinto da immagini nate già iconiche come quella di Ronaldo Schemidt, nell’edizione 2018, che ritrae il giovane argentino in fiamme José Víctor Salazar Balza o andando più indietro nel tempo, nel 2011 il ritratto di Bibi Aisha, 18 anni, trasfigurata dall’acido per mano del marito e fotografata da Jodi Bieber.
Tutte immagini straordinarie nel loro genere, e soprattutto ciascuna di esse prevedeva la presenza di una o più figure umane. Questo cambio di passo determinato dalla vittoria di una fotografia così semplice, simbolica, efficace ma senza uomini o donne, segna inevitabilmente un punto di svolta. Vedremo se il futuro riserverà ancora spazio per scene come questa.
Gli altri vincitori
Ma dopo questo excursus concettuale torniamo al 2022. Al primo posto della sezione Long-term Project Award quest’anno c’è Amazonian Dystopia del fotografo brasiliano Lalo de Almeida. La serie documenta lo sfruttamento della foresta amazzonica, incrementato sotto il governo dell’attuale Presidente Jair Messias Bolsonaro.
L’Open Format Award invece è stato assegnato a Blood is a Seed della fotografa ecuadoriana Isadora Romero. Un lavoro strepitoso, un tema poetico e molto legato alla cultura sudamericana che racconta un viaggio nel villaggio di Une, nel dipartimento di Cundinamarca, Colombia. Qui, il nonno e la bisnonna dell’autrice erano i “guardiani dei semi” e coltivavano alcune varietà di patate. Una storia personale che diventa universale e che parla di biodiversità, migrazione forzata, colonizzazione e perdita delle più antiche tradizioni.
Infine, il riconoscimento per il World Press Photo Story of the Year è stato assegnato al progetto dell’australiano Matthew Abbott, Saving Forests with Fire, un documento sulla pratica degli incendi boschivi controllati che da sempre la comunità degli Nawarddeken, nel West Arnhem Land, in Australia, adopera per governare le loro terre.
WPP, la mostra in Italia
WORLD PRESS PHOTO 2022
Forte di Bard, Aosta. fortedibard.it
7 maggio – 3 luglio
GAM Torino gamtorino.it/it
Fino al 18 settembre
Palazzo delle Esposizioni, Roma. palazzoesposizioni.it
28 aprile – 12 giugno
Photolux, Lucca. photoluxfestival.it
Fino al 12 giugno
Tutte le informazioni sul premio e sulle prossime tappe della mostra in Italia e all’estero sono reperibili al sito web worldpressphoto.org