Ci sono fotografie che colpiscono immediatamente lo sguardo e altre che per essere comprese hanno bisogno di uno studio più attento. Quelle di John Waller sono la prova che molto spesso è la sensibilità dell’autore, complice lo strategico ricorso alle focali lunghe, a fare la differenza tra uno scatto buono e uno da cestinare.
A quello che in letteratura è lo scrittore flâneur corrisponde, in fotografia, colui che pratica la street photography. Non si tratta semplicemente di una persona che vaga per le strade di una città, ma di qualcuno che con esse entra in un rapporto quasi affettivo e i cui stati d’animo mutano in base a ciò che incontra sul proprio cammino. John Waller, americano classe 1976, illustra perfettamente come molto spesso siano le cose apparentemente insignificanti a far vibrare la sensibilità di chi si avventura per una città non alla ricerca di ciò che è eclatante, ma alla scoperta di ciò che è ordinario, allo scopo di estrapolarne una foto che colpisca l’osservatore per la sua poetica anziché per l’eccezionalità del soggetto.
Così nel suo libro fotografico di recente pubblicazione, intitolato Permanent Drift, non ci sono scene di vita urbana che stupiscono per la loro stranezza, né scorci che possano aspirare a diventare immagini da cartolina. Anzi, per dirla tutta, Waller non ha nemmeno girovagato per New York, Los Angeles o una delle altre metropoli d’oltreoceano che ci si aspetterebbe di trovare in un libro come il suo. Al contrario, ha scattato le sue fotografie a Philadelphia, dove viveva prima di trasferirsi nel Massachusetts, e per giunta ha circoscritto il suo campo d’azione al sobborgo di Olde Kensigton.
Contrasti
Parliamo quindi di un luogo che sicuramente non può dire un granché a chi non vive nelle sue immediate vicinanze, eppure gli scatti in bianco e nero contenuti in Permanent Drift hanno una forza espressiva che cattura l’attenzione dell’osservatore spingendolo frequentemente a porsi delle domande su di essi. Gli edifici e i vicoli che documentano sono anonimi, uguali a quelli che si possono trovare in centinaia di altre cittadine della provincia a stelle e strisce. Inoltre i pochi individui che vi compaiono sono persone comuni, ritratte mentre camminano, ovverosia mentre sono impegnate in un’attività per nulla speciale. Infatti, il vero soggetto di tutte le immagini del libro è il contrasto tra il bianco e il nero, tra i toni chiari dei dettagli illuminati dal sole e quelli scuri degli elementi in controluce, tra le superfici che diventano quasi abbaglianti e le ombre gettate dalla silhouette di una casa o da un piccolo stormo di uccelli in volo.
È come se Waller avesse usato il suo obiettivo – non a caso preferendo quasi sempre le lunghe focali – per portare in primo piano i due estremi della fotografia in bianco e nero senza tuttavia rinunciare a mantenere i suoi soggetti nel loro contesto urbano. Così gli scatti raccolti nel libro non vogliono mai ammiccare all’astrazione, anzi consegnano all’osservatore degli scorci che sono riproduzioni fedeli del sobborgo di Olde Kensington.
Nella sua postfazione al libro, lo scrittore Pete Duval asserisce che quella praticata da Waller è una fotografia “interstiziale”, vale a dire che si concentra sui luoghi e sugli elementi che si collocano nelle fessure, cioè negli spazi apparentemente privi di interesse che prendono forma là dove in città non è ancora presente qualcosa che abbia una chiara funzionalità. La stessa Olde Kensington è un’area molto anonima di Philadelphia, essendo incastrata tra altre due zone molto più conosciute e ben definite.
Ma più importante della cartografia è ciò che è finito nelle foto: cantieri edili, stradine laterali, facciate di case senza finestre, edifici e oggetti abbandonati al loro destino, incroci semideserti. In poche parole tutti quegli angoli di città a cui risulta difficile dare un senso, una destinazione d’uso o qualsiasi ragion d’essere. E tale sensazione è amplificata dal fatto che solo in pochi scatti compaiono figure umane, quasi che la loro assenza stia a sottolineare la vacuità dei luoghi inquadrati da Waller.
Meditazione visiva
Allora, se si segue la linea interpretativa offerta da Duval che parla di psicogeografia, si giunge alla conclusione che ciò che è stato catturato dall’obiettivo del fotografo americano sono gli spazi in cui il flâneur sofferma lo sguardo nei momenti di meditazione, quei dettagli dell’architettura urbana che, proprio in virtù della loro essenza incospicua, si prestano a farsi cogliere come elementi da caricare di nuovo significato.
E per fare ciò non serve l’obiettivo grandangolare in grado di raccogliere il panorama urbano nella sua interezza, ma sono piuttosto utili le qualità di un teleobiettivo, che consente di avvicinare le cose per imbastire con esse un rapporto quasi di intimità. Così la particolare resa prospettica tende a schiacciare le vedute della città, a farle diventare piatte come schermi su cui il fotografo può proiettare le riflessioni dettate dalla propria sensibilità.
In riferimento a quest’ultima va notato che un famoso fotografo scomparso nel 2014, anch’egli di Philadelphia, è stato tirato in ballo da Duval per le similitudini delle sue opere con quelle di Waller. Si tratta di Ray Metzker, celebre per la sua street photography in un bianco e nero molto contrastato. Tuttavia l’autore di Permanent Drift sembra distanziarsene in quanto nelle sue immagini non viene catturato il momento decisivo di bressoniana memoria che, invece, si riconosce in tutte le opere di Metzker. Se proprio si dovessero individuare dei parallelismi con altri maestri sarebbe forse più opportuno notare come in Waller convivano la curiosità per tutto ciò che si trova in città che fu di Eugène Atget e l’attrazione per la poeticità del banale che segnò tutta la carriera di Luigi Ghirri.
Ovviamente ciò non significa che il suo lavoro sia allo stesso livello del loro, piuttosto che per comprenderlo appieno non basta inquadrarlo solo nella tradizione della street photography come verrebbe spontaneo fare di primo acchito. Dunque, il linguaggio di Waller va letto tenendo a mente anche tutti gli autori che, per strada o in studio, hanno cercato di catturare nei loro soggetti una forma o un dettaglio che fossero, in qualche modo, in risonanza con la propria sensibilità.
Titolo Permanent Drift
Autore John Waller
Illustrazioni 53
Pagine 112
Prezzo 42 euro
Editore Daylight Books, 2021