Fotografia digitale, monitor, comunicazione visiva, software di fotoelaborazione, grafica web, retina, file e formati, sRGB, bastoncelli e coni, gamut, compressione, HDR. Cos’hanno in comune questi termini che sembrano accostati alla rinfusa? Semplicemente, che sono tutti riferibili al concetto di colore.
Ebbene sì, concetto. Perché tale è, prima che evidenza oggettiva. Lo sa bene Manuel Babolin, l’autore, il quale apre il volume raccontando un aneddoto professionale che rispecchia esperienze vissute da chiunque e a qualsiasi titolo si sia occupato di immagini: racconta di quando lavorava come operatore di prestampa in una tipografia.
La “resa” del colore è un’opinione?
Questo professionista, noto anche come prestampatore, è nodale nel rapporto con il cliente, specie se questi è insoddisfatto di come un determinato colore “rende” sul supporto stampato. In caso di contestazioni – posto che il processo di stampa sia corretto – va aperta una vera e propria indagine che riguarda proprio il modo in cui il colore viene percepito. E qui Babolin già entra nel vivo: sotto quale luce il suo cliente osservava la stampa che ha contestato? E siamo certi che non soffrisse di difetti visivi? Perché se da un lato i colori “rendono” in modo diverso in base a come sono illuminati, dall’altro dovete sapere che possono entrare in gioco anche anomalie della vista. Meno rare di quanto si pensi: i problemi di percezione cromatica, solitamente di origine genetica, interessano all’incirca l’8% della popolazione, specialmente quella maschile. E se in molti casi sono lievi, non è detto che passino inosservati. Babolin, e non solo lui, ne sa qualcosa.
Dalla rotativa al monitor
Oggi che l’uso dei supporti cartacei è ridotto rispetto al passato, l’accurata ricerca della fedeltà cromatica resta in voga soltanto in ambiti specialistici (esempio fra molti, i cataloghi di prodotti come stoffe oppure opere d’arte). Però il problema della percezione dei colori non è scomparso. Al contrario, è diventato molto più complesso perché nel mondo digitale sono proliferati i modi in cui possiamo visualizzare le immagini a colori. Dove e come lo facciamo? Inutile prendersi in giro: la prima risposta è sul display dello smartphone. Senza nulla togliere allo schermo della TV o al monitor del computer, ci mancherebbe.
Ne vediamo di tutti i colori
Di conseguenza sono divenuti più complessi anche gli strumenti che permettono di gestire i colori in funzione dei vari dispositivi sui quali saranno visualizzati, magari con un sito web a fare da tramite fra creatore e fruitore dell’immagine: aspetto da non trascurare. Perché sotto questo profilo la tecnologia digitale ha rotto le dighe delle possibilità, richiedendo sempre maggiori conoscenze. Perciò, che siate fotografi, web designer, social media manager, direttori creativi, grafici pubblicitari e via dicendo, probabilmente vi sarete già imbattuti in alcuni dei termini citati nell’incipit di questo articolo e in molti altri ancora. E non è detto che li conosciate tutti approfonditamente. Come invece dovreste.
Il colore raccontato da chi ci lavora dentro
Oggi Manuel Babolin, dopo aver lasciato il suo lavoro di operatore di prestampa, è diventato un esperto riconosciuto in ambito imaging, postproduzione, gestione di contenuti visivi e digital branding. Svolge anche l’attività di consulente, formatore e divulgatore.
Il suo “Digital Spectrum – Il colore dal prisma al web” ha una storia abbastanza romantica perché è stato concepito durante i famigerati mesi di lockdown del 2020. Successivamente è stato rivoluzionato e rielaborato sino alla pubblicazione, avvenuta la scorsa primavera. Quindi è l’esatto contrario di quelle opere improvvisate per cavalcare una moda, ma d’altronde conosciamo l’approccio di Manuel alla materia (e forse anche voi, se lo avete già notato fra le firme di fotocult.it). Per inciso, è un’opera self-published ma la struttura grafica non ha nulla da invidiare alle edizioni tradizionali.
Quattro fette di torta
Il volume è strutturato in quattro macro aree. Si parte dalla percezione dei colori, quindi dalla fisiologia dell’apparato visivo umano, per poi esplorare la colorimetria, disciplina nella quale la fotografia, letteralmente, naviga. La terza area scava nella storia dello spazio colore sRGB prima di arrivare a esplorare la gestione dei profili colore nel web (con numerosi QR che puntano a fonti dirette). Infine, la quarta, dedicata ai monitor, accende il desiderio di rimanere aggiornati sulla tecnologia, specialmente quando si affronta il tema della calibrazione (cioè il purgatorio di molti fotografi).
Non è mai ostico
Il lungo sottotitolo (“Manuale di percezione visiva, colorimetria e gestione colore in ambito digital”) rispecchia il pragmatismo con cui il libro è concepito. Stile accessibile, molte illustrazioni esplicative, completezza nella trattazione degli argomenti. Si può andare oltre? Sì, rivolgendosi ai testi accademici, ma difficilmente ne sentirete il bisogno.
“Il libro che avrei voluto leggere all’inizio della mia carriera”, lo definisce Manuel. All’inizio tutti hanno bisogno di un buon maestro, e lui nel tempo lo è diventato.
Titolo Digital Spectrum – Il colore dal prisma al web
Autore Manuel Babolin
Formato 15x23cm
Pagine 248
Lingua italiano
Prezzo 36,90 euro
Lingua italiano
Editore manuelbabolin.com
Data di pubblicazione marzo 2025
Copertina flessibile
ISBN 9798307548103
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