Quest’immagine dal sapore iperrealistico è valsa allo statunitense Jason Allen un premio nell’ambito della Colorado State Fair, manifestazione cui è associato un concorso artistico che fra le varie sezioni comprende la “Digital Art/Digitally-Manipulated Photography”. Ma il fatto che il nome di Allen compaia al primo posto nella classifica di categoria ha dato adito a polemiche che si protraggono da settimane.
Cosa più che comprensibile, per carità, dal momento che l’opera in questione, intitolata Théâtre D’opéra Spatial, è stata ottenuta mediante il ricorso a un software di intelligenza artificiale, che è disponibile in rete e si chiama Midjourney: previa registrazione è accessibile dalla piattaforma Discord e permette l’iniziale utilizzo gratuito, poi ci si deve abbonare a pagamento.
Ma siamo proprio certi che Théâtre D’opéra Spatial sia in effetti attribuibile a una macchina piuttosto che a un essere umano? Il dubbio è lecito, perché il software in questione consente di generare opere digitali di notevoli impatto e complessità partendo da elementi testuali, dunque anche da una semplice descrizione (in inglese) di ciò che si desidera “creare”, e lo fa individuando e rielaborando contenuti già presenti in rete.
A ogni richiesta l’algoritmo genera velocemente quattro risultati scaricabili ed eventualmente modificabili (perciò è l’utilizzatore che continua a “condurre” il processo creativo). Abbiamo ottenuto le quattro proposte di girasoli e nuvole che vedete qui sotto semplicemente digitando “sunflower field under cloudy sky”, senza richiedere miglioramenti successivi.
Tornando alle critiche, Jason Allen continua a rispedirle ai mittenti: non ha mai nascosto di aver realizzato la sua opera con Midjourney, che dal punto di vista qualitativo è uno strumento digitale al pari di qualsiasi programma di fotoelaborazione. A questo punto si potrebbe discutere sull’aspetto quantitativo, cercando di valutare il peso dell’apporto informatico rispetto a quello umano, tuttavia sarebbe come dire che un pilota di Formula 1 vince un Gran Premio esclusivamente perché dispone della vettura migliore.
Assodato che l’argomento implica una sorta di rivoluzione culturale e non può essere esaurito in queste poche righe, bisogna farsi una ragione del fatto che in futuro l’AI sarà sempre più coinvolta nelle arti (fotografia inclusa) per un motivo molto basic: facilita i processi e perciò “corrobora” le capacità creative di chiunque. Anche di chi non possiede competenze, d’accordo. Ma se l’arte è democratica, questo non dovrebbe essere un problema.