Ukraine: A War Crime è un libro e una mostra collettiva prodotta da FotoEvidence che documenta i crimini di guerra russi in Ucraina, esposta fino al 25 giugno a Padova in occasione dell’IMP – International Month of Photojournalism. Ce ne parlano i due organizzatori del progetto Svetlana Bachevanova e David Stuart.
Come nasce Ukraine: A War Crime? E come avete proceduto alla selezione dei fotografi e delle loro immagini?
SB: Sono cresciuta nella Bulgaria sovietica e so benissimo di cosa sono capaci i russi. Dopo la caduta del regime comunista, nel 1989, i nuovi media bulgari iniziarono a denunciare i crimini commessi dai comunisti: campi di concentramento, fosse comuni e omicidi politici. Ma c’erano poche prove visive di questi crimini. Questo è ciò che ha portato alla creazione di FotoEvidence e del FotoEvidence Book Award: attirare l’attenzione sull’ingiustizia attraverso l’obiettivo dei fotografi che lavorano con la tradizione umanista e creare una registrazione visiva delle violazioni dei diritti umani.
Partecipanti all’addestramento alla difesa civile gestito da un’organizzazione politica di estrema destra si esercitano con armi di legno improvvisate.
La notizia di una probabile invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha provocato la diffusione di sessioni di addestramento alla difesa civile – a Kiev e in altre grandi città – spesso organizzate da istituzioni formali come le Forze di difesa territoriale, una forza di riserva dell’esercito ucraino.
Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, sapevo che si sarebbero verificati crimini di guerra e sentivo fortemente che, invece di premiare un fotografo con il nostro solito book award, avremmo dovuto fare un invito aperto ai fotogiornalisti che lavoravano in Ucraina per produrre una documentazione sull’impatto della guerra. Più di centoventi fotografi provenienti da trenta Paesi hanno risposto, inviando più di cinquemila immagini. Il compito di fare l’editing del libro, selezionare e mettere in sequenza le immagini, era effettivamente enorme. Fortunatamente stavo lavorando con Sarah Leen, ex direttrice della fotografia al National Geographic, che vanta un’ampia esperienza. Insieme abbiamo costruito una struttura e una sequenza che segue una serie di temi tratti dagli eventi che vengono mostrati nelle fotografie. Alla fine era chiaro, dai report che abbiamo ricevuto, che i crimini di guerra erano dilaganti, così abbiamo intitolato il libro Ukraine: A War Crime.
Alina, Victor e altri soldati rivolgono un ultimo saluto alle loro compagne prima di partire per il fronte.
Il libro è diventato anche una mostra, ora esposta a Padova in occasione dell’IMP FESTIVAL. Come avete lavorato per la dimensione espositiva rispetto al libro?
SB: Il libro è una collaborazione tra FotoEvidence e novantatre fotografi, che hanno contribuito con le loro immagini e, in molti casi, anche con alcune riflessioni scritte a proposito della loro esperienza di documentazione della guerra. Abbiamo ricevuto sostegno finanziario per il progetto dalla Open Society Foundations e dal Grodzins Fund. La mostra è una piccola selezione del libro e segue la stessa divisione tematica: distruzione, esodo, affermazione culturale e resistenza. È stato difficile creare una mostra di trenta immagini delle cinqucentosessanta che compongono il libro, ma in entrambi i casi si vuole mettere in evidenza la devastazione che la Russia ha perpetrato sulla popolazione ucraina; la massiccia fuga di civili di fronte alla violenza indiscriminata; la potente affermazione dell’identità ucraina in risposta alla pretesa genocida della Russia sulla nazione; e il peso della guerra che ha colpito il popolo ucraino che combatte per difendere la propria terra e cultura.
Maxim e Andrii, 11 anni, sono armati di pistole di plastica e salutano i soldati ucraini di passaggio a un posto di blocco autocostruito su una strada nella regione di Kharkiv.
Oltre a rappresentare la guerra secondo i diversi sguardi dei fotografi invitati, esiste un’estetica della guerra che congiunge la collettiva come un filo rosso?
SB: Non esiste un’unica estetica della guerra condivisa dagli autori in mostra. Il lavoro presentato varia notevolmente tra alcuni fotografi che lavoravano in prima linea e altri che documentavano la vita dei civili in fuga lontano dal conflitto. Il libro include un’ampia varietà di approcci che raccontano la guerra: dai resoconti dei crimini di guerra alle storie personali di perdita, sfollamento e morte. Con i commissionati di importanti riviste, molti fotografi andavano in luoghi come Bucha, dove sono stati tra i primi testimoni di prove inconfutabili di esecuzioni civili e altre violenze indiscriminate. Affrontare il lavoro tematicamente ci ha permesso di accogliere l’ampia gamma di prospettive offerte dai fotografi.
L’esperto forense Serhiy Motrych esamina il corpo riesumato di Viktoria Volokhova, una ragazza di 15 anni che secondo i residenti locali è stata giustiziata dalle forze russe insieme a sette uomini. Sei dei loro corpi sono stati riesumati il giorno precedente dal giardino di una casa vicina. I cadaveri sono stati trovati bendati, alcuni con le mani legate e la nuca colpita da uno sparo a distanza ravvicinata.
In Ukraine: A War Crime il racconto della guerra da parte di fotografi ucraini è differente?
SB: I fotografi ucraini costituiscono circa il 25% del lavoro nel libro e c’è una dedica a Maks Levin, un fotoreporter ucraino giustiziato dai soldati russi. Si dice che ogni fotografo ucraino voglia scattare la fotografia che porrà fine alla guerra. Un noto fotografo ucraino, Maxim Dunduyk, scrive che non ha mai avuto intenzione di essere un fotografo di guerra, ma ora non ha scelta. Questo sentimento attraversa il lavoro di molti fotografi ucraini: sono diventati fotografi di guerra.
Due anziani si confortano a vicenda, in una clinica medica, dopo che un missile russo ha distrutto la loro casa.
Pensate che la fotografia possa essere ancora uno strumento che risveglia le coscienze?
DS: La convinzione che la fotografia possa ispirare un cambiamento sociale è alla base di tutto ciò che FotoEvidence fa. Le fotografie da sole non possono portare cambiamenti. Le persone fanno cambiamenti sociali, le fotografie possono fornire un accesso intimo, ispirare empatia e spingere le persone ad agire. FotoEvidence ha alcuni casi di studio che mostrano come il lavoro che abbiamo sostenuto e pubblicato abbia provocato una risposta istituzionale che ha portato a qualche miglioramento. Crediamo fermamente nel potere della fotografia e della narrazione visiva per spingere le persone all’azione. La nostra speranza per Ukraine: A War Crime è che riveli l’enorme impatto che la violenza indiscriminata della Russia sta avendo sulla vita civile in Ucraina e che diventi una registrazione storica dei crimini di guerra perpetrati dai russi durante il primo anno della loro invasione
Questo è un articolo premium.
Sei nuovo su fotocult.it?
Registrati e leggi gratis per 30 giorni! Non è richiesta carta di credito.
Se hai già usufruito del periodo di prova gratuito, abbonati o acquista dei FOTO Credit.
Fai Login se sei registrato, se hai un abbonamento o dei FOTO Credit.