Il virtuosismo tecnico affascina, ma il racconto consapevole vince. I "Sony World Photography Awards" premiano, più di tutto, la capacità di osservare prima di fotografare, e di comprendere prima di scattare.
Si dice che ormai la fotografia sia alla portata di tutti. Ma è davvero così? Tutti possono congelare un istante usando uno smartphone, questo è vero, ma in che percentuale quel messaggio visivo transita correttamente dal mittente al destinatario? E soprattutto, quante volte un’immagine contiene effettivamente un messaggio? Si vive di corsa, si nota qualcosa che stuzzica lo sguardo, si punta la fotocamera (anzi, il telefonino…), si scatta d’impulso e si passa oltre senza troppo riflettere sulla questione. Ma non è così ovunque e dappertutto: chi avesse in mente di candidare le proprie immagini alla prossima edizione dei Sony World Photography Awards si guardi bene dal proporre fotografie mordi e fuggi, perché per la giuria del prestigioso concorso internazionale il messaggio è fondamentale, e le immagini devono saper creare una connessione tra il loro contenuto e chi le osserva.
Pensiamo al soggetto come a una matassa: il fotografo ne studia a lungo la natura intricata per poi estrarne un capo e porgerlo al pubblico. Il capo del filo è una chiave di lettura, un invito a cogliere ciò che l’autore stesso ha guardato con molta attenzione. Il filo capace di incuriosire il pubblico vince.
Comprendere il soggetto
Curiosando nel carosello di gallerie dei vincitori dell’ultima edizione dei Sony World Photography Awards, ci si può lasciar sorprendere dal modo in cui gli autori selezionati dalla giuria hanno deciso di raccontare i loro soggetti. Per esempio il fotografo inglese Scott Wilson, vincitore della Open Competition, ha studiato a lungo le abitudini degli stalloni mustang del Colorado nord-occidentale, e ne ha racchiuso i principali tratti comportamentali in un’immagine in bianconero. Lo scatto, intitolato Anger Management (gestione della rabbia), ritrae il cavallo intento a sollevare energicamente una nube terrosa, e riesce a trasmetterne l’indole fiera e temeraria. L’ungherese Milan Radisics, invece, ha vinto nella categoria Wildlife & Nature della sezione Professional Competition con una serie dedicata a una volpe che visita abitudinariamente il suo quartiere. L’autore ha monitorato l’animale tanto a lungo da riuscire a prevederne i movimenti, così da poter piazzare in anticipo fotocamera e flash nei punti in cui ne ipotizzava il passaggio. Scattando da remoto, Radisics ha immortalato la volpe in contesti alquanto bizzarri, che fanno riflettere sulla questione dell’insediamento degli animali selvatici in ambienti antropizzati e sull’importanza delle relazioni tra uomo e natura.
Il celebre fotografo Edward Burtynsky, infine, si è aggiudicato il premio Outstanding Contribution grazie all’accurato lavoro con cui ritrae, da oltre dieci anni, l’impatto devastante delle attività umane sul territorio e sulle altre specie viventi. Le immagini realizzate dall’autore canadese catturano l’attenzione suscitando sensazioni contraddittore: osservando le sue opere l’iniziale senso di meraviglia di fronte a immagini che sembrano innocenti astrazioni cede presto il passo all’indignazione, che subentra non appena il pubblico acquisisce la consapevolezza di ciò che sta realmente osservando.
Un filo reale
Se, nella maggior parte dei lavori vincitori, il filo che cattura il pubblico è puramente ideale, l’australiano Adam Ferguson va oltre e rompe gli schemi, introducendo nelle immagini anche un elemento di connessione reale, ossia fisicamente presente nella scena. Vincitore assoluto dei Sony World Photography Awards 2022, Ferguson ha conquistato il titolo di Photographer of the Year con la serie intitolata Migrantes. La raccolta, candidata nella categoria Portraiture della sezione Professional Competition, si compone di nove fotografie in bianconero scattate nel 2021 ad alcuni migranti in attesa di varcare il confine tra Messico e Stati Uniti. La peculiarità, nonché la forza, del progetto sta nella scelta dell’autore di coinvolgere attivamente i soggetti fotografati, aiutandoli a realizzare dei veri e propri autoritratti. Infatti, dopo aver posizionato e impostato una fotocamera analogica medioformato su treppiedi, Ferguson ha consegnato il telecomando per lo scatto remoto ai migranti stessi, invitandoli a premere il pulsante nel momento da loro ritenuto più opportuno per raccontarsi.
La giuria, che ha definito le immagini estremamente coinvolgenti e di ottima qualità, ha apprezzato il valore umano della condivisione del processo di ripresa, concetto perfettamente sintetizzato nel dettaglio coerente ed emblematico del cavo del telecomando volutamente lasciato “a vista”. Un filo conduttore (letteralmente!) discreto ma inequivocabile, che compare nella quasi totalità delle composizioni, fornisce una chiave di lettura delle immagini, suscita empatia e racconta l’approccio nuovo e diretto che i migranti hanno avuto con la fotografia come mezzo di comunicazione. Ferguson, che spesso si è addirittura allontanato dal set per non compromettere la spontaneità dei soggetti, ha avuto la sensibilità di prestare attenzione, e concedere ai soggetti-autori della sua iniziativa lo spazio, il tempo e il mezzo per parlare di sé in un momento particolarmente complesso e delicato della loro vita. “Le persone – ha rimarcato l’autore – hanno voglia di raccontare le loro storie a chi si mostra interessato ad ascoltarle”. Dunque, aggiungiamo noi, a chi si lascia coinvolgere afferrando il bandolo della matassa.
Nel 2007 Scott Gray fondava la World Photography Organization, una piattaforma finalizzata alla crescita e alla diffusione della cultura fotografica su scala mondiale. Da quindici anni i Sony World Photography Awards costituiscono una prestigiosa maglia della rete di iniziative ideate dall’Organizzazione con lo scopo di far emergere fotografi talentuosi e offrire loro l’opportunità di avviare una solida carriera professionale attraverso un’indiscussa garanzia di visibilità. La nobile finalità del progetto è condivisa da noti marchi del settore fotografico, tanto che Yann Salmon-Legagneur, direttore marketing di Sony, ha annunciato che il supporto alla competizione da parte della sua azienda sarà rinnovato per almeno altri cinque anni, in onore del prolifico percorso di crescita condivisa che continua ininterrottamente da quindici anni.
Da sempre il concorso è alla ricerca di prospettive fresche, competenze tecniche e idee originali, e anche quest’ultima edizione, conclusasi lo scorso aprile, ha raccolto come da tradizione un corpus di lavori estremamente eterogenei e profondi.
Questo premio offre un’ammirevole completezza di opportunità di partecipazione, rivolgendosi a fotografi di tutte le età, agli studenti di fotografia, agli amatori e ai professionisti, attraverso categorie indipendenti e attentamente differenziate, le cui proposte sono valutate in base a criteri specifici. La prassi di candidatura varia di categoria in categoria, facendo sì che tutti i partecipanti possano individuare il “contenitore” più consono alle loro esigenze espressive e contare altresì su una metodologia di giudizio ad hoc.
Tutte le fotografie vincitrici dell’edizione 2022 sono state esposte presso la Somerset House di Londra dallo scorso 13 aprile al 2 maggio, insieme a quelle dei finalisti e ai lavori vincitori delle due precedenti edizioni del concorso, la cui esposizione era stata posticipata per via dell’emergenza sanitaria globale. Le gallerie sono visibili in versione digitale sul sito ufficiale worldphoto.org