L’industria torna a investire sui formati inferiori al full frame con ottiche di qualità e Sigma si sta dando molto da fare. Il suo lancio più recente in tal senso è l’aggiornamento di uno zoom “storico”, il 18-35mm f/1,8 del 2013, periodo in cui le reflex APS-C avevano una rilevante quota di mercato. Il nuovo nato si chiama Art 17-40mm F1.8 DC e costa 999 euro di listino.
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Un ruolo importante nell'evoluzione del mercato
Il Sigma Art 17-40mm F1.8 DC è uno zoom progettato esclusivamente per le mirrorless e in particolare, come ormai sarà chiaro, per quelle con sensore di formato APS-C. I marchi serviti sono Canon (RF), Fujifilm (X), Panasonic, Leica e Sigma (L-Mount) e Sony (E). Su Fujifilm, Sony e sulle fotocamere della L-Mount Alliance equivale a 25,5-60mm (fattore 1,5x). Su Canon equivale invece a 27,2-64mm avendo il sensore di questo Marchio un fattore di moltiplicazione 1,6x.
La disponibilità di questa ottica per Canon è la seconda buona notizia: la vivacità di un mercato si misura anche attraverso la possibilità di creare mix inter-marca. L’accordo tra Canon e Sigma, ancorché limitato ad alcuni settori, è quindi incoraggiante per chi volesse costruire un corredo di alta qualità intorno alle mirrorless Eos, senza spendere cifre esagerate.
Nikon, che pure ha delle ottime mirrorless APS-C come la Z50 II, sembra al momento ancora lontana dal raggiungere un accordo con Sigma, mentre altri marchi, come Viltrox e Laowa, producono già ottiche AF con innesto Z.
Cosa vuol dire f/1,8
Sigma non è nuova a zoom così luminosi dedicati al formato APS-C: oltre al citato 18-35mm f/1,8, lanciò nel 2016 un telezoom 50-100mm f/1,8. Poter disporre di uno zoom così luminoso ha grandi vantaggi sul fronte esposimetrico perché a parità di altri fattori ritarda il momento in cui è necessario alzare la sensibilità ISO o avvalersi di un supporto. Ma è bene ricordare che la profondità di campo, altro aspetto dell’immagine che si ricollega all’apertura del diaframma, è altresì legato alle dimensioni del sensore. In estrema sintesi, su APS-C la profondità di campo che si ottiene con un 17-40mm f/1,8 a tutta apertura equivale a quella di un 25,5-60mm f/2,5 su full frame. Il che a ben vedere pone lo zoom Sigma su un gradino superiore rispetto agli zoom f/2,8 destinati al full frame, battuto solo dai due 28-70mm di Sony e Canon che però costano rispettivamente 3.600 e 3.720 euro.
La struttura del Sigma 17-40mm
Lo zoom Sigma Art 17-40mm F1.8 DC è lungo 115,9mm e ha un diametro massimo di 72,9mm, con passo filtri da 67mm. Non siamo di fronte a un’ottica tascabile, è insensato pretenderlo con luminosità ed escursioni focali simili. Va per giunta considerato che le mirrorless hanno un tiraggio più corto delle reflex, ciò nonostante il 17-40mm è più corto di 5mm rispetto al 18-35mm del 2013: possiamo stimare in 30mm l’accorciamento effettivo dello zoom… Ancor più sorprendente la riduzione di peso, che scende da 810 grammi a poco più di “mezzo chilo”.
In mano il nuovo Sigma appare davvero solido, con ghiere dalla scorrevolezza ben calibrata. La più avanzata è destinata alla messa a fuoco e il suo funzionamento, in alternanza all’autofocus, è ampiamente personalizzabile tramite le fotocamere di destinazione. Tra questa e la ghiera della focale trova posto una fascia che ospita due pulsanti personalizzabili e il cursore AF/MF. Più vicina all’innesto c’è una terza ghiera con click stop che su Canon è anche un anello di controllo rapido, mentre sulle altre versioni è solamente una ghiera dei diaframmi. Noi abbiamo provato la versione per Canon RF: le mirrorless Eos offrono un controllo molto agevole dell’apertura con un selettore sul dorso (in particolare la R7), per cui abbiamo trovato davvero preziosa la possibilità di dedicare l’anello “extra” del Sigma a una delle tante funzioni cui accedere rapidamente, ad esempio, alla compensazione dell’esposizione o al valore ISO.
Metallo, resine e protezioni, ma niente stabilizzatore
Possiamo definire professionale il nuovo zoom Sigma senza tema di smentita, non solo per la solidità della struttura, ma anche per la resistenza alle intemperie garantita da una nutrita serie di guarnizioni. Sigma sottolinea la costruzione “in casa”, ossia ad Aizu, del nuovo zoom, una rarità in un’epoca di delocalizzazione della produzione verso il sud-est asiatico.
Dal punto di vista strutturale e operativo l’optimum sarebbe stato un valido stabilizzatore OS, ma dobbiamo rassegnarci: per fotografare a mano libera con tempi lenti o eseguire video fluidi e stabili è necessario affidarsi a quello eventualmente incorporato nella fotocamera.
HLA, il motore lineare di Sigma
Sebbene questo non sia uno zoom destinato alla fotografia sportiva, un autofocus reattivo e silenzioso non si rifiuta mai. E così ci è sembrato quello del nuovo Sigma, enfatizzato dalla Eos R7, fotocamera con cui molti fotografi naturalisti si tolgono grandi soddisfazioni.
La minima distanza di messa a fuoco non porta a rapporti di riproduzione eccezionali: a 40mm si ottiene al massimo 1:4,8. E va bene così, perché comunque alle distanze più corte la resa ottica cala alla massima apertura e non avrebbe avuto senso tirare ulteriormente la corda.
Di seguito, tre esempi di resa alle brevi e brevissime distanze.
17-40mm: troppo poco zoom?
Scheda tecnica Sigma Art 17-40mm F1.8 DC
- Prezzo 999 euro
- Apertura massima f/1,8
- Apertura minima f/16
- Schema ottico 17 lenti in 11 gruppi (4 SLD, 4 asferiche)
- Angolo di campo (APS-C Sony, Fujifilm e L-Mount) 79,7°-39,1°
- Angolo di campo (APS-C Canon) 76,5°-37,1°
- Minima distanza di messa a fuoco 28cm
- Rapporto di riproduzione 1:4,8 (a 40mm)
- Lamelle del diaframma 11
- Diametro filtri 67mm
- Paraluce in dotazione, a corolla
- Dimensioni diametro 72,9mm, lunghezza 115,9mm (Canon e L-Mount); 117,9mm (Sony); 118,2mm (Fujifilm)
- Peso Canon RF 560g; L-Mount 535g; Fujifilm X 530g; Sony E 525g
- Innesti disponibili Canon RF, Fujifilm X, L-Mount, Sony E
- Importatore M-Trading
17 lenti, quasi la metà delle quali è "speciale"
Nonostante le dimensioni relativamente compatte, lo zoom Sigma ospita ben 17 lenti, molte delle quali asferiche o a bassissima dispersione. Niente di meno è stato ritenuto necessario per mantenere su standard elevati la qualità a qualsiasi focale, diaframma e zona dell’immagine. Vediamo se e come è stato raggiunto questo traguardo, non prima di aver messo a disposizione dei più curiosi una dovuta precisazione.
Nell’analizzare un obiettivo il cui profilo non è ancora presente nel nostro software di conversione standard dei RAW, ossia ACR di Photoshop, bisogna adottare qualche precauzione. In particolare, considerato pacifico che la valutazione qualitativa delle immagini debba essere svolta sui file grezzi sviluppati canonicamente, l’analisi dei bordi va eseguita dopo aver trovato un valore adeguato di correzione della distorsione. Nel caso del nostro Sigma 17-40mm, infatti, come vedremo la distorsione è piuttosto accentuata sia a 17mm sia a 40mm, annullandosi solo intorno a 24mm. A 17mm la distorsione è a barilotto e quando questa viene corretta gli angoli estremi sono tagliati fuori dall’inquadratura, cosa che non avviene quando si corregge la distorsione a cuscinetto (presente alle focali maggiori). Questo è un aspetto di cui gli ingegneri tengono ovviamente conto, curandosi meno delle prestazioni assolute in zone del fotogramma che non “possono” essere utilizzate, salvo accettare la distorsione delle immagini. Sbaglierebbe chi, quindi, dovesse valutare la resa a 17mm ai bordi prima della correzione della distorsione, perché prenderebbe in considerazione aree dell’immagine esterne al cerchio immagine effettivo, quello risultante dalla correzione della distorsione.
Chi scatta in JPG ha normalmente l’opzione per gestire la correzione digitale delle aberrazioni direttamente dalla fotocamera. Ad esempio, con la Canon Eos R7 utilizzata per il test è possibile compensare o meno la caduta di luce ai bordi, le aberrazioni cromatiche laterali e la diffrazione (ossia il calo di resa ai diaframmi più chiusi). Non è disponibile ancora il profilo specifico del Sigma 17-40mm, ciò nonostante non è proprio disattivabile la correzione della distorsione, questo perché, come già detto, l’entità del difetto ottico è troppo ingente per non essere corretta in un formato di file, il JPG, che si presume debba essere ottimizzato in camera e pronto all’uso.
Quando invece si importa un RAW in ACR di Photoshop si ha la correzione delle aberrazioni cromatiche laterali abilitata in automatico e quella della distorsione disattivata. Noi abbiamo trovato che una correzione positiva pari a 23 corregge bene la distorsione a 17mm, mentre una a -9 è adeguata per la distorsione a 40mm. Restiamo sul “vago” perché, essendo presenti lenti asferiche nello schema del Sigma, la distorsione non ha un andamento lineare e non esiste un fattore di correzione perfetto per ogni zona del fotogramma: i valori indicati sono quindi un compromesso, e piccole variazioni sono applicabili nel caso in cui linee rette, alle quali va ovviamente data la priorità, siano vicine al lato corto (che dista 18mm dal centro del sensore) o a quello lungo (che invece dista solo 12mm).
La nitidezza a 17mm
A 17mm la resa è molto buona al centro anche a tutta apertura e migliora fino a f/4 restando stabile fino a f/5,6. La diffrazione, a questa come alle altre focali, insorge abbastanza precocemente, inducendoci a consigliare l’uso dei diaframmi più chiusi solo per effettive esigenze di profondità di campo.
Ai bordi la nitidezza parte in sordina a f/1,8: siamo di fronte all’unico vero tallone d’Achille di questo zoom superluminoso. Intendiamoci, la resa non è scandalosa, ma non può essere considerata sufficiente. Fortunatamente la reazione alla chiusura del diaframma è fulminea, tanto che a f/2,8 e fino a f/5,6 i bordi sfoggiano una resa molto buona. Per il paesaggio e l’architettura riteniamo quindi f/5,6 il diaframma ideale.
Alle focali intermedie, non illustrate, lo zoom Sigma dà il massimo per valori assoluti e uniformità di resa tra centro e bordi. La morbidezza degli angoli è nettamente ridotta rispetto alla focale minima e anche le aberrazioni cromatiche laterali, evidenti a 17mm a monte della correzione digitale, sono molto contenute. Nel complesso la resa può essere considerata ottima.
17mm al centro
17mm ai bordi
La nitidezza a 40mm
Sorprendente e gradita è invece la tenuta alle focali maggiori, da 35mm in poi, alle quali il Sigma arriva senza fatica. Non sono quindi “ruote di scorta”, ma punto forte del proprio armamentario. Come vedremo, infatti, questa focale, che equivale a 60/65mm sul formato pieno, oltre ad avere una nitidezza ottima sfoggia un bokeh molto convincente.
40mm al centro
40mm ai bordi
Le aberrazioni cromatiche assiali
Il Sigma 17-40mm mostra aberrazioni cromatiche laterali alle focali più corte e soprattutto assiali a quelle più lunghe. Le prime possono essere corrette già in ripresa o in fase di elaborazione del RAW, mentre le altre sono contenibili solo diaframmando, quindi rinunciando al carattere pastoso e alla profondità che questo zoom regala alle focali più lunghe. Parliamo comunque di aberrazioni non invalidanti, che assumono una tonalità ciano nei piani posteriori e rossicce (meno evidenti) in quelli anteriori.
Di seguito, un esempio di aberrazioni cromatiche laterali a 17mm prima e dopo la correzione, l’effetto del diaframma sulle aberrazioni assiali a 40mm su una mira ottica e, infine, un caso “reale” su un simpatico gatto di strada.
Il bokeh è molto piacevole soprattutto alle focali da ritratto
Lo sfocato offerto dal Sigma è sempre molto convincente, senza indurimenti o sdoppiamenti degni di nota. Anzi, alle focali più lunghe ci è parso degno di obiettivi specialistici da ritratto. L’effetto “occhi di gatto” o “mandorla” è visibile ma non eccessivo, mentre è decisamente più apprezzabile il fatto che anche a diaframmi medi i punti fuori fuoco restino pressoché circolari anche a f/5,6.
A seguire, una sequenza di immagini intere e il confronto ai vari diaframmi sul bokeh posteriore e anteriore e, a chiudere, un esempio di bokeh pittorico su un soggetto a basso contrasto.
40mm - immagini intere
40mm - bokeh anteriore e posteriore
40mm - soggetto a basso contrasto
Il controluce
Lo schema da 17 lenti genera un gran numero di superfici aria-vetro che, nonostante gli sforzi di Sigma, è all’origine di un flare diffuso nei controluce più arditi. Facciamo sempre presente che profondiamo un grande impegno per cacciarci in situazioni come quelle mostrate di seguito e che, con un po’ di accortezza (leggi: mano a schermare la lente frontale), è possibile evitare simili cali di contrasto. Che poi molti fotografi e videomaker oggi cerchino proprio effetti (o difetti) simili è un altro paio di maniche…




La caduta di luce ai bordi e la distorsione
Ricordando che è possibile compensare alcuni difetti ottici già in ripresa, mostriamo qual è la caduta di luce ai bordi del Sigma 17-40mm senza interventi digitali. A 17mm gli angoli accusano una differenza di circa 1,7 EV rispetto al centro, che si riduce a poco più di 1 EV chiudendo il diaframma a f/3,5.
A 40mm il difetto è meno evidente ai diaframmi medi (-0,5EV a f/3,5), mentre resta notevole a f/1,8 (-1,7EV).
Come anticipato, la distorsione reale a 17mm è marcatamente a barilotto, mentre a 40mm assume una conformazione a cuscinetto. La relativa correzione è automatica e non escludibile “in camera” sui JPG, mentre è disattivata aprendo il RAW in ACR e proprio queste sono le immagini pubblicate qui di seguito.
Il focus breathing
A qualsiasi focale il focus breathing è molto ridotto, quindi servono (se servono) minime correzioni in post produzione. Qui sotto, una breve sequenza a 40mm f/16.
Sigma 17-40mm F1.8 DC Art: il verdetto
La lista dei difetti principali di questo zoom è breve: una resa non entusiasmante a tutta apertura negli angoli a 17mm e una resistenza al controluce meno rocciosa del previsto. Sulla bilancia, però, prevalgono una costruzione professionale, una qualità dell’immagine generalmente ottima (peraltro ottenibile già a f/2,8 o f/4 anche alla meno riuscita focale minima) e uno sfocato molto convincente, per giunta unito a uno stacco dei piani unico tra gli zoom destinati all’APS-C.
Manca lo stabilizzatore, crediamo sia stata una scelta sofferta da parte di Sigma: inserirlo avrebbe forse snaturato lo zoom, rendendolo troppo grosso e pesante per il formato APS-C, e di certo più costoso.
È in definitiva uno zoom intorno al quale costruire un corredo di alto livello (nella speranza che, come dieci anni fa, arrivi anche un telezoom di pari luminosità). Non ha rivali di pari livello in casa Canon, e si pone in seria concorrenza con le alternative originali e più costose di Fujifilm, che ha a listino lo stabilizzato XF 16-55mm F2.8 R LM WR II a 1.399 euro, e Sony, che offre l’E 16-55 mm F2,8 G a 1.069 euro.
Sigma 17-40mm F1.8 DC Art: Pro e Contro
- Struttura molto robusta, ben rifiinita e tropicalizzata
- Ghiera dei diaframmi o di controllo rapido (a seconda dell'innesto)
- Nitidezza media molto buona a qualsiasi focale, specialmente alle medie
- Buona resistenza al controluce, sorpattutto alle focali più lunghe
- Bokeh molto piacevole, all'altezza delle ottiche da ritratto
- Focus breathing molto congenuto
- Autofocus rapido e silenzioso
- Nitidezza negli angoli estremi a tutta apertura alle focali più corte
- Calo di contrasto in controluce
- Qualche aberrazione cromatica (laterale alle corte focali, assiale alle lunghe)
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