Henri Cartier-Bresson, oltre ad avere un grande talento nel comporre le immagini e prevedere la concretizzazione di una scena, doveva gestire una fotocamera molto semplice: tempo, diaframma e messa a fuoco erano gli unici parametri da regolare, perché la pellicola, in bianconero nel suo caso, aveva una sensibilità data, ed era anche piuttosto tollerante verso gli errori di esposizione. Il digitale ha rivoluzionato la fotografia, ma ha anche complicato la vita ai fotografi, moltiplicando all’inverosimile il numero di parametri da gestire. Avere il pieno controllo della propria fotocamera è uno degli obiettivi a cui ogni fotografo moderno dovrebbe ambire per ottenere immagini di miglior qualità nel modo più rapido ed efficace possibile. E tra gli strumenti più sottovalutati, ma incredibilmente utili per raggiungere questo scopo, ci sono i modi di scatto personalizzabili C1, C2, C3. A cosa servono esattamente? A richiamare velocemente una serie di impostazioni predeterminate per la ripresa fotografica o video, evitando di perdere attimi preziosi o dimenticare di regolare un parametro cruciale per la riuscita dello scatto.
Solo sulle mirrorless più esclusive? Tutt’altro
I Costruttori piazzano questi registri (sono solitamente tre, ma c’è qualche fotocamera che arriva a cinque, se non addirittura a sette) in condominio con il tradizionale “quartetto” PASM, sulla ghiera dei modi della fotocamera. Tutte le recenti mirrorless in commercio ne sono ormai dotate, ma anche se scattate con una reflex più datata date una controllata: probabilmente ci sono e non ve ne siete mai accorti.
A sinistra (o sopra se leggete da smartphone) la ghiera dei modi di una moderna mirrorless con addirittura 7 registri personalizzabili. A destra – o sotto – quella di una reflex professionale con qualche anno sulle spalle.
Vanno d’accordo con queste funzioni
Questi modi di scatto personalizzabili devono ovviamente essere configurati via menu con una serie di parametri specifici per diverse situazioni di ripresa, tra cui modo di esposizione (M, A, S o P), sensibilità ISO (un valore particolare o l’automatismo), modalità di funzionamento dell’AF (singolo, continuo, manuale) e di inseguimento del soggetto, tipo di scatto (singolo, raffica, ritardato), ed eventualmente anche bilanciamento del bianco, profilo immagine, simulazione colore…
In sintesi, e premesso che ogni Casa ha studiato il proprio modus operandi, è sufficiente impostare la fotocamera come se stessimo per eseguire un certo tipo di ripresa, andare nel menu e salvare questo insieme di impostazioni sotto uno dei registri disponibili.
Si tratta di operazioni preliminari che possono richiedere diverso tempo e alcuni tentativi per trovare le configurazioni più adatte alle proprie esigenze, ma che una volta portate a termine segneranno una svolta nel modo di fotografare.
Due passaggi del menu di una fotocamera (in questo caso si tratta di una Canon) necessari per memorizzare le impostazioni di scatto scelte su uno dei tre registri disponibili.
Se la luce cambia, cambia le impostazioni
Ovviamente le impostazioni memorizzate nei modi “Custom” costituiscono solo un punto di partenza ideale, passibile di ulteriori regolazioni manuali da parte del fotografo. Solo un eventuale spegnimento della fotocamera o il passaggio tra due modi di scatto annullerebbe queste ultime regolazioni. Con la stessa logica possiamo affermare che, nel caso l’esperienza ci insegni che un set di impostazioni va parzialmente modificato, è sufficiente aggiornare quel dato registro (ad esempio, è più indicato l’AF sull’occhio anziché sul volto perché stiamo realizzando ritratti con diaframmi molto aperti e quindi con una profondità di campo che richiede la massima precisione nella messa a fuoco).
Ma che ci guadagno? Ve lo spieghiamo con qualche esempio pratico
Ma ecco con qualche esempio pratico – e ipotizzando di essere fotografi appassionati di paesaggio, fotografia sportiva/naturalistica e ritratto – quanto può essere vantaggioso personalizzare questi registri. Per comodità, fin qui e pure d’ora in poi, li chiamiamo C1, C2 e C3. Ma tenete presente che ogni Costruttore ha il proprio modo di indicarli. Ad esempio Sony si limita a numerarli (vedi foto della Alfa 7 III), mentre Nikon li indica con la lettera U (di user o utente) seguita da un numero. La maggior parte degli altri utilizza proprio la C seguita da un numero, a indicare la customizzazione.
Dal paesaggio…
Ci troviamo di fronte a un paesaggio collinare e, giusto il tempo di tirare fuori la fotocamera dallo zaino e portare la ghiera dei modi in posizione C1, siamo pronti a scattare. La sera prima, infatti, abbiamo assegnato a questo registro le impostazioni di scatto tipicamente più utilizzate nella fotografia di paesaggio: modalità di scatto a priorità dei diaframmi, apertura su un valore medio per avere il giusto compromesso tra profondità di campo e qualità d’immagine, ISO al valore minimo, autoscatto per non innescare vibrazioni, eventuale stabilizzazione disattivata perché si presume utilizziamo un treppiedi, riconoscimento del soggetto disattivato a favore dell’AF Singolo, se non addirittura della messa a fuoco manuale. Tra le nostre preferenze potremmo anche includere una particolare saturazione del colore o un profilo personalizzato, ma non esageriamo…
…alla caccia fotografica…
Immaginiamo ora che, iniziata la nostra sessione di scatti di paesaggio, un uccellino ritenuto estinto da tempo si sia posato su un ramo di fronte ai nostri occhi: passare dalle impostazioni correnti a quelle più adatte per immortalarlo richiederebbe, nella migliore delle ipotesi, diversi secondi. Bisognerebbe spostare gli ISO su Auto o comunque su un valore alto, passare alla modalità a priorità dei tempi e impostare un tempo di otturazione piuttosto rapido, attivare l’AF in modalità continua, il riconoscimento animale, lo scatto a raffica… Tempo di regolare tutto e del volatile che ci avrebbe fatto conquistare la copertina del “National” non ci sarebbe stata più traccia. Ma se le stesse impostazioni le avessimo già assegnate alla posizione C2? A quel punto, con una rotazione istantanea della ghiera dei modi, saremmo stati già pronti per immortalarlo in tutta la sua bellezza.
…al ritratto!
Di ritorno verso casa, poi, la nostra amica ci chiede di fotografarla in posa con la sua nuova attrezzatura. Ma noi, dopo una intensa giornata all’aperto a caccia di paesaggi e animali ritenuti (erroneamente) estinti, di tutto abbiamo voglia tranne che rimettere mano alle impostazioni della fotocamera. Guarda caso, però, la sera prima abbiamo dedicato qualche minuto anche alla personalizzazione della posizione C3, assegnandole proprio le impostazioni di scatto più adatte al ritratto, quindi un diaframma regolato a tutta apertura per sfocare lo sfondo, l’AF in continuo con il riconoscimento dell’occhio e la tonalità più adatta a valorizzare l’incarnato. Un click della ghiera dei modi e facciamo felici noi e la nostra amico…
E se faccio video?
Se siete in possesso di una mirrorless quasi sicuramente vi sarà capitato di utilizzarla anche per realizzare qualche filmato: bene, sappiate che i registri C1, C2 e C3 sono personalizzabili distintamente in modalità foto e video. Anche qui, volendo dare qualche spunto, si potrebbe associare alla posizione C1 la ripresa “classica” in 4K a 30 o 60p, alla C2 la registrazione in quick o slow motion e riservare alla C3 tutte le impostazioni idonee al confezionamento di clip alla massima risoluzione e qualità consentita dalla fotocamera, quindi anche con l’eventuale aggiunta di profili flat e formato RAW (laddove disponibile).
“C” sono anche dei contro?
Se non si utilizzano regolarmente le impostazioni personalizzate o se la fotocamera in nostro possesso ha più delle tre classiche posizioni “C” il rischio è solo uno: quello di dimenticare le impostazioni assegnate a ciascun registro. E questo ci consente di chiudere con un suggerimento alle Case: è tempo di fare ordine nei menu, e per iniziare non sarebbe male introdurre la funzione “cerca”…
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