Premiato il 16 febbraio 2023 da Sebastião Salgado come vincitore del Prix Photo Terre Solidaire per il suo progetto Perù, a toxic state, Alessandro Cinque ci racconta del suo amore per l’America Latina e le origini del suo lavoro.
21 febbraio 2020. Cerro de Pasco è stata per secoli una città mineraria: un tempo offriva argento alla corona spagnola, mentre oggi produce zinco e piombo. Si trova lungo la cordigliera andina, a 4300 metri sul livello del mare, ed è tra le città più alte del mondo, ma anche tra le più inquinate. I suoi 70.000 abitanti vivono attorno a un’enorme miniera a cielo aperto lunga 3 chilometri e profonda quasi 1 chilometro. Alcune abitazioni distano solo 5 metri dalla dolina, mentre a pochi chilometri è in costruzione un nuovo sito minerario. La miniera è di proprietà della Volcan Mining Company, una sussidiaria della anglo-svizzera Glencore. L’approvvigionamento idrico di oltre 100.000 persone è contaminato dai rifiuti minerari. Nel 2012 il Ministero dell’Ambiente peruviano ha dichiarato lo stato di emergenza ambientale a Cerro de Pasco a causa dell’altissima presenza di piombo nel suolo, nei fiumi, nei tessuti animali e nel sangue dei residenti.
Come fotoreporter spesso racconti dell’America Latina. Cosa ti lega a quel territorio?
Ho iniziato molto giovane aiutando mio padre, fotografo di matrimoni in Umbria. Poi ho gestito un mio studio fino all’età di trent’anni, ma la mia passione è sempre stata la fotografia di reportage, alimentata dalla visione dei fotografi Magnum che mio padre mi aveva mostrato. Con i soldi ricavati dal lavoro nello studio ho iniziato a viaggiare per dedicarmi, come era il mio sogno, al reportage, ma i risultati tecnici non arrivarono subito, e decisi così di mettermi a studiare, iscrivendomi ad un corso all’ICP di New York.
Nel 2017 andai per la prima volta, per caso, in Perù e lì scoprii di avere un legame fortissimo con quella terra, appassionandomi inizialmente alla storia delle miniere sul suolo peruviano e allo sfruttamento delle multinazionali che provoca gravi conseguenze sulla salute della popolazione indigena e sul territorio stesso.
23 marzo 2021. Silvia Chilo Choque, 40 anni, fa il bagno a suo figlio, 13 anni, affetto da paralisi cerebrale, a Espinar. L’acqua è scarsa, quindi molte persone la raccolgono durante la stagione delle piogge per fare il bagno e per altre attività. Nella stagione secca non hanno altra scelta che utilizzare l’acqua contaminata del fiume, facendola prima bollire e poi aggiungendo il cloro. Poiché si tratta di un processo lungo, spesso le persone riescono a fare la doccia solo una volta alla settimana.
Così nasce Perù, a toxic state, un progetto ancora in corso, e il mio interesse per l’America Latina, che ho imparato ad amare studiandone la lingua, la cultura, la storia. I primi due anni ho fatto avanti e indietro con l’Italia, poi mi sono trasferito definitivamente in Perù come collaboratore della Reuters. L’idea era, quindi, di vivere del lavoro con l’agenzia e sviluppare, parallelamente, il mio progetto Perù, a toxic state.
21 maggio 2021. Prima che la compagnia mineraria Arasi arrivasse ad Ayaviri, Puno, la gente viveva di formaggio e latte. Il formaggio di Ayaviri veniva esportato in tutto il Perù, arrivando fino a Lima e Cuzco. A causa dell’inquinamento delle acque e della siccità, le mucche iniziarono a produrre meno latte e di qualità inferiore. Di conseguenza, le condizioni economiche degli allevatori sono diminuite notevolmente. I produttori di formaggio hanno ora difficoltà a vendere i loro prodotti fuori città. La gente dei mercati vicini non vuole comprare quello che potrebbe essere “formaggio contaminato”. Nella foto, il livello di siccità del terreno è evidente.
Oltre a Perù, a toxic state hai prodotto anche altri progetti sull’America Latina. In Cile ad esempio…
Io penso che il Sud America stia vivendo un momento di rivoluzione generazionale, da parte soprattutto della popolazione giovane. La loro è una rivoluzione contro il neoliberismo che ha portato a proteste non solo in Perù, cosa che sta accadendo anche in questi giorni, ma anche, per l’appunto, in Cile, in Colombia, in Ecuador, in Brasile. Ribellioni che hanno fatto eleggere dei governi di sinistra. Questo contesto stimola la mia voglia di uscire e raccontare cosa succede con la mia macchina fotografica.
24 agosto 2019. I residenti di Mollendo hanno protestato per più di 60 giorni nel 2019 contro il progetto minerario Tia Maria proposto dalla Southern Copper. Gli scontri tra polizia e manifestanti si sono trasformati in una guerra urbana, con le forze di polizia armate di gas lacrimogeni da una parte e gli abitanti del luogo che lanciavano pietre dall’altra. I manifestanti temono che il loro destino sia simile a quello di altre città minerarie: che le loro fonti d’acqua si prosciughino, che la fertile Valle del Tambo venga inquinata, che i camion che trasportano il rame turbino la loro vita e la inquinino. Le proteste contro l’attività mineraria sono aumentate sotto la breve presidenza di Pedro Castillo, tra il 2021 e il 2022. Castillo si è opposto al progetto Tia Maria, affermando che mancava di legittimità sociale. Ma l’azienda insiste che il progetto verrà realizzato.
9 agosto 2018. Gli agricoltori spengono un incendio in un campo coltivato vicino a Espinar, dove sono bruciati 380 ettari e sono state colpite 40 famiglie. Il problema degli incendi affligge spesso i territori intorno alla città di Espinar e ad altre città minerarie, poiché le polveri sottili rendono le colture più infiammabili, soprattutto durante la stagione secca che va da aprile a ottobre. La mancanza d’acqua non facilita le operazioni di spegnimento degli incendi, e la gente deve affidarsi a coperte, maglioni e vestiti dei contadini locali per spegnere il fuoco.
Molto spesso per i tuoi reportage usi il colore, mentre Perù, a toxic state è un racconto in bianco e nero, con contrasti molto morbidi, per certi versi cinematografici. Perché?
Ho scelto il bianco e nero perché mio padre mi ha fatto crescere fotograficamente con i reporter della Magnum e la classica fotografia di reportage in bianco e nero è stata, quindi, la mia scuola. Per quanto riguarda invece la specifica resa di un bianco e nero più morbido è legata al fatto che il contrasto eccessivo e la drammatizzazione non mi sono mai piaciuti. Si tratta di attribuire la giusta dignità al soggetto. Accentuarne l’espressività con la luce e le ombre non mi sembra eticamente corretto. Volevo, poi, creare un’aura di eleganza nell’estetica dell’immagine. Per me i progetti sono importanti per il messaggio che trasmettono e per il lavoro in Perù volevo specificatamente concentrarmi sui gesti delle persone, sulla loro storia, e il bianco e nero come dicevi tu “cinematografico” mi ha consentito di farlo.
21 maggio 2017. Gli indigeni Quechua del Perù hanno un legame speciale con le terre dove vivono loro e i loro animali. La delicata cura che dedicano all’agricoltura consiste nel parlare alla terra chiedendo la pioggia e un buon raccolto. Poi eseguono una danza rituale alla “Pacha-mama”, che in quechua significa Madre Terra, con passione e grazia per esprimere la loro gratitudine. Tuttavia, dove c’è l’estrazione mineraria, i terreni agricoli e il bestiame finiscono spesso per essere contaminati da metalli tossici come piombo, arsenico, cadmio e mercurio, mentre le antiche tradizioni con l’ambiente scompaiono lentamente.
In Perù, a toxic state oltre al reportage sociale si scorge nelle tue immagini anche una certa oggettività soprattutto nel raccontare i luoghi intesi come spazio.
Sì, anche se sia la ritrattistica che le fotografie più topografiche confluiscono tutte nella mia idea di creare delle immagini senza tempo, la quintessenza dei luoghi e delle persone. Non cerco di collocare con precisione le mie immagini nel tempo. Voglio che si insinui il dubbio sul momento in cui la fotografia è stata fatta perché penso che l’odierna condizione di sfruttamento delle popolazioni indigene ad opera delle multinazionali dell’industria mineraria sia la stessa del del secolo scorso. Non è cambiato nulla.
28 aprile 2021. Diga di contenimento nella comunità rurale di Mimosa, Huancavelica. L’attività mineraria spesso genera rifiuti liquidi e tossici che devono essere stoccati e messi in sicurezza con una diga. Se la diga si rompe o perde, può inquinare le colture e rendere l’acqua inutilizzabile. La comunità indigena di Mimosa ora vive sul lato della diga che preoccupa i residenti locali per la sua possibile rottura. Le perdite delle dighe non sono rare in America Latina. La comunità usa l’acqua dei fiumi vicini per bere, cucinare, lavarsi e lavare i vestiti, nutrire gli animali e irrigare i campi.
È un progetto che ti vede a stretto contatto con le popolazioni indigene peruviane. Immagino non sia stato facile creare un rapporto di vicendevole fiducia. Come ti sei mosso per riuscirci?
Prima dello scatto c’è una preparazione molto lunga, non sono un fotografo rapace che ruba la fotografia e viene via. Tra poco, ad esempio, partirò verso il nord del Perù, una zona che non ho ancora documentato, e rimarrò quindici giorni, ma non prima di aver organizzato con il mio fixer, una figura essenziale per vivere e conoscere il territorio. Ho stampato anche una fanzine del mio lavoro, in spagnolo, che regalerò alla comunità del posto per instaurare con loro una connessione. La fiducia arriva con il tempo e solo allora potrò permettermi di iniziare a scattare. A dire il vero, poi, il mio essere fotoreporter “gringo”, come mi chiamano loro, è stato di aiuto. La stampa locale, infatti, più focalizzata sulle vicende che accadono a Lima, la capitale del Perù, e al servizio dei poteri forti, non è ben vista dai peruviani. Hanno più fiducia in una voce internazionale. Addirittura sono gli stessi dirigenti delle varie comunità che mi danno informazioni in merito a quello che accade in tempo reale.
21 maggio 2021. Gli abitanti di Ayaviri non bevono l’acqua dei loro fiumi e laghi perché sostengono sia inquinata dai rifiuti minerari. L’inquinamento ha creato un’industria di camion dell’acqua, che fanno pagare 25 volte il prezzo dell’acqua di Lima. Altri quartieri hanno accesso all’acqua solo per 6 ore alla settimana. L’acqua è scarsa per la popolazione, mentre la compagnia mineraria ha accesso a grandi quantità. Di conseguenza, i campi sono sterili e le poche colture che crescono sono tossiche o non sufficienti per il sostentamento delle famiglie, dicono gli abitanti del luogo. Il governo peruviano ha trovato metalli pesanti nei fiumi di Ayaviri.
Perù, a toxic state è un progetto in divenire. Pensi finirà mai?
Effettivamente me lo sono chiesto, soprattutto dopo l’elezione di Pedro Castillo a presidente della repubblica di Pedro Castillo, figlio delle Ande, perché pensavo che le cose sarebbero andate meglio. Ma non è stato così (attualmente Castillo è destituito dalla carica e detenuto in carcere, n.d.r.) e quindi mi sono rimesso a lavorare sul progetto. Anche se dovessi continuare a raccontare del problema delle miniere in Perù voglio estendere la mia documentazione oltre le Ande peruviane, andando in Bolivia, in Ecuador, e lungo tutte le Ande del Sud America, creando così una mappa visuale della situazione.
21 maggio 2021. Una donna mostra il suo raccolto di patate ad Ayaviri, dove l’attività mineraria ha influito sulla produzione agricola. Le patate fanno parte della tradizione e del folklore del Perù. È la principale fonte di carboidrati e quasi tutte le famiglie delle Ande peruviane la coltivano. Nelle città minerarie, a differenza delle città turistiche, la gente del posto è preoccupata che la coltivazione delle patate sia messa a rischio dall’inquinamento.
Prima mi parlavi dei fotografi Magnum come di coloro che in qualche modo hanno influenzato il tuo pensiero fotografico. Chi sono, quindi, i tuoi riferimenti fotografici?
Sebastião Salgado sicuramente, ma anche Martìn Chambi, fotografo peruviano e discendente indigeno nato a fine Ottocento, che ha dato voce alla sua gente. Racconta le Ande come vorrei tanto fare io. Poi ancora Abbas dell’agenzia Magnum o Paolo Pellegrin.
27 aprile 2021. Mernardo Sarabia Flores, 60 anni, presidente della Commissione di irrigazione di Torata Alta. La Southern Copper gestisce la miniera di rame di Cuajone vicino alla comunità di Moquegua, che un tempo viveva di agricoltura e allevamento, soprattutto grazie all’alta qualità dei suoi avocado, che richiedono molta acqua. Negli ultimi anni, gli alberi di avocado sono morti, compromettendo la fonte di reddito della popolazione locale. Moquegua e gran parte della regione meridionale del Perù, ricca di rame, hanno votato a grande maggioranza per Pedro Castillo nel 2021, che è diventato il primo presidente campesino del Paese. Ma Castillo è stato messo sotto impeachment ed estromesso alla fine del 2022 dopo aver cercato di chiudere illegalmente il Congresso. Sebbene la mossa di Castillo fosse illegale, molti nel Sud del Perù approvarono la sua decisione e scesero in piazza per protestare. La risposta militare del Paese alle proteste ha provocato la morte di oltre 50 civili.
Per saperne di più sul lavoro di Alessandro Cinque.