Il più recente tra gli obiettivi Nikkor Z è un pancake da 26mm, una insolita focale intermedia che ha un suo perché… Destinato alle mirrorless full frame, è compatibile anche con le APS-C (DX). Detiene il record di obiettivo AF per full frame più sottile al mondo, ma non è particolarmente economico: costa 599 euro di listino. Ecco la prova completa.
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Se c’è una categoria di obiettivi che enfatizza le caratteristiche tipiche delle mirrorless, ossia compattezza e leggerezza, questa è costituita dai pancake: queste “leccornie”, farcite con poche ma selezionate lenti, spesso guarniscono la fotocamera con un ingombro appena superiore a quello del tappo. Il nuovo Nikkor Z 26mm f/2,8 è l’ultimo arrivato in questa variegata famiglia, e si aggiudica subito il primato di obiettivo autofocus per mirrorless full frame più sottile al mondo: senza paraluce, è profondo solo 23,5mm. Se restiamo in casa Nikon, il 26mm è anche il più leggero, fermando l’ago della bilancia ad appena 125 grammi.
Nikkor Z 26mm f/2.8: caratteristiche tecniche
Se di fronte a queste quote ci aspettiamo una costruzione plasticosa, siamo fuori strada. Pur non essendo di certo un obiettivo vecchio stile, in ottone tanto per intenderci, il Nikkor Z è impermeabile a polvere e umidità e mostra un equilibrato mix di resine sintetiche e leghe metalliche: queste ultime, opportunamente, riguardano l’innesto e l’area più esposta e soggetta a usura, ossia la ghiera di messa a fuoco multifunzione. Questa, come di consueto nelle ottiche Nikon dalla costruzione più semplice, ha più compiti: può, per l’appunto, essere utilizzata come ghiera di messa a fuoco, oppure per compensare l’esposizione, impostare il diaframma o la sensibilità ISO. Purtroppo, però, a nostro avviso la risposta della ghiera quando non utilizzata per la messa a fuoco è troppo sensibile. Questo carattere, riscontrato anche in altre ottiche Nikkor Z, fa sì che, ad esempio, con una minima rotazione della ghiera si attui una compensazione dell’esposizione, o una variazione ISO, davvero ingente. Sarebbe sufficiente aggiungere, tra le tante personalizzazioni concesse dalle attuali fotocamere, un’opzione per regolare la sensibilità della ghiera multifunzione.
Pancake Nikkor Z 26mm f/2.8: il segreto della compattezza
Per ottenere un corpo così compatto Nikon ha dovuto adottare diversi accorgimenti in fase di progettazione. Innanzitutto è stato necessario contenere la luminosità a f/2,8, un valore modesto per un’ottica a focale fissa dei nostri tempi (ma più che sufficiente per ottenere un notevole sfocato grazie all’elevata risoluzione dei moderni sensori).
Inoltre ha dovuto rinunciare a un sistema di messa a fuoco interno e a lenti flottanti: quindi tutti e otto gli elementi che compongono lo schema ottico traslano in blocco durante la messa a fuoco, e la struttura che li contiene fuoriesce di circa 6mm dal barilotto. Questo rende più che consigliabile l’utilizzo del paraluce in dotazione, che se da un lato rende il pancake un po’ meno pancake, dall’altro protegge meccanicamente tale struttura mobile (oltre a prevenire riflessi interni in controluce). Nel caso la parte mobile dell’ottica venga spinta o la fotocamera venga accesa con il tappo ancora applicato, aggiungendo un tentativo di messa a fuoco, l’obiettivo va in protezione del motore AF di tipo STM e la mirrorless mostra un messaggio che invita a premere il pulsante di scatto per ripristinare il corretto funzionamento. Restando in tema di messa a fuoco, il Nikkor scende fino a 20cm dal piano focale, dove raggiunge un discreto rapporto 1:5.
Schema ottico e “carattere” del Nikkor Z 26mm f/2.8
Come accennato, il pancake di Nikon ha uno schema relativamente semplice, composto da 8 elementi in 6 gruppi: 3 lenti sono a superficie asferica. I 26mm di focale coprono 79° sul formato pieno e 57° sull’APS-C. Nel primo caso, siamo di fronte a un’interessante via di mezzo tra 24mm e 28mm. L’affermazione è meno banale di quanto si pensi. Non ci riferiamo infatti all’angolo di campo, parametro cui troppo spesso viene la priorità se non l’esclusiva, quanto all’enfasi della prospettiva, quindi al “linguaggio” tipico di ogni focale. Se a volte un 24mm viene considerato troppo enfatico, mentre un 28mm troppo anonimo, il 26mm è spesso una valida soluzione di compromesso. Su APS-C, invece, i 39mm effettivi si presentano come ulteriore via di mezzo tra un troppo grandangolare 35mm e un troppo lungo 50mm. E per una volta, data anche la compattezza dell’ottica, non ci sentiamo di sconsigliare l’uso di un obiettivo nato per il full frame su una mirrorless con sensore APS-C.
Nikkor Z 26mm f/2.8: la nitidezza
La nitidezza del pancake Nikkor è molto buona al centro anche a tutta apertura e resta sostanzialmente immutata anche chiudendo il diaframma fino al valore ottimale, che si trova tra f/5,6 e f/8.
Questo intervallo è anche il migliore per quanto riguarda i bordi, che invece partono piuttosto morbidi a tutta apertura e richiedono per l’appunto la chiusura del diaframma di un paio di stop per raggiungere buoni livelli di nitidezza.
Chiudere oltre il diaframma innesca diffrazione, quindi va fatto solo se si cerca la massima profondità di campo.
Analisi della nitidezza
Nitidezza al centro
Nitidezza ai bordi
Le aberrazioni cromatiche assiali del pancake Nikkor
I tre ingrandimenti che seguono l’immagine di riferimento mostrano le moderate aberrazioni cromatiche assiali che caratterizzano il Nikkor Z 26mm f/2,8. Il difetto, che consiste in sbavature tendenti al verde nei piani posteriori al fuoco e al magenta in quelli anteriori, non è correggibile al computer, ma si riduce fortemente diaframmando.
La gestione del controluce
Il controluce più “feroce” mette in crisi questo compattissimo grandangolare come la maggior parte delle ottiche in commercio. La coppia di riprese in interni è stata eseguita senza e con schermatura della lente frontale. Nel primo caso, il ridotto differenziale esposimetrico tra soggetto principale e immagini fantasma compromette l’uso dell’immagine, se questa non ha intenti “creativi”. In condizioni meno estreme, di cui trovate vari esempi sia qui sotto sia nella galleria a complemento di questa recensione, lo strato antiriflessi del Nikkor Z 26mm f/2,8 mostra un’efficacia nella norma.
Il bokeh del Nikkor Z 26mm f/2.8
La qualità dello sfocato nel Nikkor Z 26mm f/2,8 dipende molto dal soggetto: in presenza di dettagli lineari e ad alto contrasto è possibile imbattersi in sdoppiamenti o indurimenti del bokeh non troppo naturali. Ma nella maggior parte delle situazioni, pur non essendo paragonabile a quello delle migliori ottiche da ritratto (e il pancake in prova non appartiene a questa categoria), il bokeh del compattissimo Nikkor è più che soddisfacente.
Nikkor Z 26mm f/2.8: distorsione e caduta di luce ai bordi
La forte asimmetria e la relativa semplicità dello schema ottico del Nikkor non permettono una forte correzione della distorsione in fase di progettazione ottica. Per tale motivo, innestando il Nikkor Z 26mm f/2,8 sulla fotocamera di destinazione, la correzione digitale della distorsione si attiva automaticamente e non è disattivabile. Ovviamente, quindi, l’immagine test che mostriamo non evidenzia deformazione alcuna. Per i più curiosi: disinnestando parzialmente l’obiettivo a fotocamera accesa, quindi disattivando la correzione digitale, è possibile apprezzare l’effettiva distorsione del Nikkor, che ha una marcata conformazione a barilotto.
La caduta di luce ai bordi è forte a tutta apertura e si riduce a livelli irrilevanti solo a f/5,6. È uno dei piccoli dazi da pagare alla miniaturizzazione, ma anche t
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