Ecco la recensione completa del Nikkor Z 17-28mm f/2.8, uno zoom supergrandangolare dedicato alle mirrorless full frame Nikon Z. La nuova ottica è anche la più abbordabile tra le supergrandangolari originali: il prezzo di listino è di 1.376 euro. Vediamo se impone qualche compromesso.
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Sul finire di settembre Nikon ha annunciato il nuovo zoom supergrandangolare Nikkor Z 17-28mm f/2.8. Abbiamo finalmente avuto l’occasione di sottoporlo a test. L’interesse per questa ottica è dovuto al fatto che tra i tanti zoom originali Nikon che coprono focali spiccatamente grandangolari, questo è il più economico, pur non essendo in assoluto a buon mercato. Il suo prezzo è di 1.376 euro.
Nikkor Z 17-28mm f/2.8: con chi compete e con chi si sposa
Sempre restando in casa Nikon (e non possiamo fare altrimenti dato che finora nessuna Casa indipendente produce zoom grandangolari autofocus con innesto Nikon Z) il nuovo obiettivo costituisce l’alternativa economica al Nikkor Z 14-30mm f/4 S (1.590 euro) e al Nikkor Z 14-24mm f/2,8 S (2.820 euro). Se quest’ultimo è riservato a professionisti o amatori abbienti, la scelta tra il nuovo 17-28mm f/2.8 e il 14-30mm f/4 può riservare qualche grattacapo, perché a fronte di prezzi simili (soprattutto quelli attuali e reali di mercato) sui piatti della bilancia pesano la maggior luminosità del primo e la maggiore escursione focale del secondo.
A dare maggior peso alla luminosità potrebbe concorrere il genere di ripresa praticato: chi fa fotografia dinamica tende a preferire un f/2,8 rispetto a un f/4. Chi invece si dedica al paesaggio o all’architettura potrebbe preferire il 14-30mm f/4. Quest’ultimo, per giunta, è un “classe S”, etichetta negata da Nikon al 17-28mm forse perché frutto di un’unione non sbandierata: appare piuttosto evidente, osservando lo schema ottico, che il 17-28mm è identico al pari focale e luminosità di Tamron (prodotto solo con innesto Sony E). E non è un caso che, a nostro avviso, il Nikkor Z 17-28mm f/2.8 in prova si accoppi benissimo con il Nikkor Z 28-75mm f/2.8, un altro zoom prodotto in cooperazione con Tamron (anche questo disponibile solo con innesto E), che nei nostri test ha mostrato un notevole rapporto prezzo/prestazioni. Insieme, i due zoom formano un binomio versatile ed economicamente abbordabile, un aspetto non da poco in questo periodo in cui la fotografia digitale full frame sembra diventata una “roba da ricchi”.
Nikon 17-28 mm: stile ed ergonomia
Lo zoom Nikkor in prova è caratterizzato dallo stile essenziale al quale Nikon ha improntato tutta la recente produzione di ottiche. Il barilotto è privo di fregi estetici vezzosi o di forme sinuose: pressoché cilindrico, dedica gran parte della superficie alla ghiera dello zoom, che scorre con fluidità ben calibrata. Più vicina alla fotocamera si trova una seconda ghiera. In linea di principio è l’anello di messa a fuoco, ma in realtà è a tutti gli effetti l’anello personalizzabile che in ottiche di maggior costo ha un’identità tutta propria, non condivisa con la messa a fuoco. Per contenere i costi, questo anello può servire per la messa a fuoco manuale, ma anche per la regolazione del diaframma, della sensibilità ISO o della compensazione dell’esposizione. L’idea è ottima, ma come già rilevato in occasione del test del Nikkor Z 28-75mm, l’effetto su alcuni parametri è difficilmente controllabile, innanzitutto perché non ha click-stop (ed è normale, avendo anche la funzione di ghiera del fuoco) e in secondo luogo perché a minime rotazioni corrisponde una variazione notevole del parametro associato. Dopo vari tentativi di ottimizzare la personalizzazione di questo anello, in particolare associandovi la compensazione dell’esposizione, ci siamo arresi e gli abbiamo restituito la funzione nativa di ghiera di messa a fuoco, quella più facilmente gestibile.
Sotto la pelle
Lo zoom Nikon, che copre un angolo compreso tra 104° e 75° sulla diagonale del formato 24x36mm (Nikon FX), è realizzato in policarbonato, ma ha l’innesto metallico. La struttura, che è farcita di guarnizioni per proteggerlo da polvere e umidità, appare solida anche perché monoblocco, non telescopica: tutti i gruppi di lenti si muovono internamente, anche quelli adibiti alla messa a fuoco.
Questa è affidata a un motore STM (passo-passo) piuttosto silenzioso e molto veloce. Ma in video, in ambienti in cui regna la massima quiete, il lieve sibilo del motore AF può essere registrato dai microfoni interni della fotocamera.
La minima distanza di messa a fuoco varia tra 19 e 26cm a seconda della focale, e porta a un ingrandimento massimo 1:5,2, sufficiente per contestualizzare anche oggetti di ridotte dimensioni.
Curioso notare come il Nikkor disponga di una diaframma a 9 lamelle, mentre l’omologo Tamron ospita un’iride a 8 lamelle. Ipotizziamo almeno tre possibili spiegazioni: il Tamron è del 2019, quindi in questi tre anni è stato sviluppato un diaframma più efficiente; Nikon ha espressamente richiesto un diaframma più articolato; lo sconquasso causato dal Covid19 ha imposto l’approvvigionamento da altro fornitore. Fatto sta che questo componente funziona egregiamente, e anche in video, dove è possibile gestirlo con continuità (e non necessariamente a passi discreti).
Nikkor Z 17-28mm f/2.8: la nitidezza
La resa ottica dello zoom supergrandangolare Nikkor è complessivamente molto soddisfacente. La nitidezza nella zona centrale del fotogramma è sempre almeno molto buona se non ottima, e diviene eccellente ai diaframmi medi. I bordi estremi sono più che discreti anche a f/2,8 e persino alla critica focale minima di 17mm. Qui, a onor del vero, a f/2,8 riscontriamo un po’ di astigmatismo (vedi i dettagli dei tiranti del ponte, caratterizzati da un alone esterno) che però svanisce già a f/4.
Il comportamento del Nikkor, quindi, è molto omogeneo lungo tutto l’arco delle focali, con una lieve morbidezza residua limitata agli angoli estremi, contenibile in gran parte già a f/4 e annullabile a f/5,6. Quest’ultimo è il diaframma ideale dell’ottica; utilizzare f/8 o f/11 può essere ovviamente utile per incrementare la profondità di campo. F/16 e f/22, invece, introducono una diffrazione che anche al centro provoca una chiara riduzione del potere risolvente. Da notare l’assenza di aberrazioni cromatiche laterali, un pregio non da poco per uno zoom grandangolare.
Nitidezza a 17mm
17mm centro
17mm bordi
Nitidezza a 28mm
28mm centro
28mm bordi
Le aberrazioni cromatiche assiali dello zoom grandangolare Nikkor
Le tre immagini che seguono e i relativi ingrandimenti al 100% consentono innanzitutto di avere un primo assaggio del bokeh offerto da questo zoom. Ma questo banco di prova è volto a evidenziare le aberrazioni cromatiche assiali, che sono praticamente incorreggibili in post-produzione, quindi importanti nella valutazione di qualsiasi ottica. Nel caso del Nikkor sono trascurabili: nei pani posteriori al fuoco assumono una lieve dominante ciano/verde, magenta/rossa in quelli anteriori. Ma nulla che pregiudichi la qualità dello sfocato e dell’immagine in generale. Il fenomeno, che si riduce grandemente con la chiusura del diaframma, è ancora più facilmente individuabile nei dettagli relativi alla scala millimetrata.
La gestione del controluce
Osservando la coppia di immagini che segue c’è da credere che il controluce sia un nemico giurato del Nikkor Z 17-28mm f/2.8. Ma non è così. Lo zoom supergrandangolare ha un comportamento assolutamente normale, ma ne abbiamo voluto saggiare la resistenza al limite anche per annunciare la prossima pubblicazione di un approfondimento: il controluce è troppo spesso trascurato se non misconosciuto o addirittura sfruttato inopportunamente a fini di marketing con immagini apparentemente miracolose. Senza anticipare troppo, le immagini fantasma generate dal Nikkor appaiono così evidenti perché il differenziale esposimetrico tra queste, provocate dal sole, e la scena principale, è elevatissimo, fuori dalla portata di qualsiasi strato antiriflesso applicato a obiettivi di uso civile. Lo stesso assetto di ripresa, con il sole laterale che incide direttamente sulla lente frontale, ma al cospetto di una scena molto più luminosa, avrebbe portato a riflessi interni molto più contenuti se non addirittura irrilevanti. Per la cronaca, l’immagine “corretta” è realizzata semplicemente schermando la lente con una mano: il paraluce è tarato per la focale minima, quindi copre poco a quelle maggiori.
Il bokeh in un grandangolare: quanto è importante?
La qualità dello sfocato è un parametro vitale per le ottiche da ritratto, ma lo è anche per certe ottiche da reportage come il Nikkor in prova, perché la combinazione di sensori ampi e luminosità elevate riduce molto la profondità di campo, rendendo protagoniste anche le aree fuori fuoco.
Anche se non da concorso, l’immagine che proponiamo è molto eloquente: le griglie, con la combinazione di linee regolari e alto contrasto, sono tra i soggetti più difficili da riprodurre in maniera “morbida”. E a nostro avviso è quanto riesce a fare il Nikkor Z 17-28mm f/2.8, qui impiegato a 28mm lungo quasi tutta la scala delle aperture disponibili. Il bokeh è vivace, ma non ruvido, o se vogliamo descrittivo, ma non invadente.
Nikkor Z 17-28mm f/2.8: distorsione e caduta di luce ai bordi
Senza applicare correzioni digitali, la distorsione dello zoom Nikkor appare evidentemente a barilotto alla focale minima e a cuscinetto a quella massima. Fortunatamente, sia in ripresa sia in post è possibile applicare il profilo di correzione automatica: data la conformazione irregolare, tipica delle ottiche asferiche, correggere manualmente il difetto sarebbe stato a dir poco difficile.
La caduta di luce ai bordi è forte a tutta apertura a qualsiasi focale. Chiudere il diaframma uniforma l’illuminazione del sensore, ma non del tutto. Anche in questo caso, non essendo il difetto debordante, si può ricorrere alla correzione digitale in postproduzione senza compromettere la qualità dell’immagine.
Distorsione a 17mm
Distorsione a 28mm
Caduta di luce ai bordi a 17mm
Caduta di luce ai bordi a 28mm
Il focus breathing
Il Nikkor Z in prova è una valida opzione anche per la ripresa video e a questo concorre anche un focus breathing moderato, che non comporta quindi un’eccessiva variazione dell’angolo di campo anche quando si passa da un estremo all’altro del campo di messa a fuoco.
Nikkor Z 17-28mm f/2.8: il verdetto
Il nuovo Nikkor Z 17-28mm f/2.8 è uno zoom molto convincente. La struttura non è di stampo spiccatamente professionale, anzi, ma appare comunque ben costruita. Da rivedere, magari con un aggiornamento firmware, la gestione dell’anello personalizzabile tramite menu della fotocamera.
La resa ottica è molto buona, di certo più di quanto ci aspettassimo non solo per la presenza della focale 17mm (perché corta, non per scaramanzia…), ma soprattutto per l’apertura f/2,8 costante.
A questo diaframma, invece, l’obiettivo è utilizzabile senza remore: ovviamente, per paesaggio e architettura è consigliabile chiudere a f/4 o f/5,6, valori ai quali si ottiene un’uniformità di resa elevatissima e livellata su valori ottimi, a qualsiasi focale.
Le misure complementari, distorsione e caduta di luce ai bordi, non godono dello stesso livello di correzione che, ad esempio, abbiamo riscontrato verso le varie aberrazioni cromatiche, ma grazie agli strumenti digitali preoccupano relativamente. Il controluce va affrontato con attenzione – e sicuramente con il paraluce innestato – soprattutto in caso di forte differenziale esposimetrico.
Alla luce di quanto appena visto e delle qualità riconosciute anche al Nikkor Z 28-75mm f/2.8, non resta che augurarsi che arrivi presto il telezoom 70-180mm f/2,8 presente nella roadmap di Nikon. Anche se non stabilizzato (lo sono i sensori delle mirrorless) e meccanicamente meno raffinato dell’attuale 70-2
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