Firenze
Dal 24 marzo al 14 luglio 2024
Firenze celebra Mimmo Jodice con la mostra Mimmo Jodice. Senza Tempo, a Villa Bardini fino al 14 luglio 2024. L’esposizione si compone delle immagini più rappresentative del maestro napoletano, dagli esordi più concettuali alle ultime produzioni. Il concetto di tempo, rappresentato nell’interezza della sua opera, funge da fil rouge del percorso espositivo, un viaggio lungo tutta la vita artistica di un fotografo che ha espresso, tramite le sue immagini, la sua prospettiva unica e riflessiva sulla vita e sulla natura fotografica. Per comprendere meglio tutto il percorso creativo che ha reso Mimmo Jodice uno dei maestri della fotografia contemporanea abbiamo intervistato la figlia, Barbara Jodice, responsabile dell’Archivio Mimmo Jodice, e Roberto Koch, editore e curatore della mostra Mimmo Jodice. Senza Tempo.
La resa concettuale del tempo ha sempre avuto una grande rilevanza per la poetica di Mimmo Jodice. Come è evoluta nel tempo la sua estetica e il suo pensiero in merito a questo concetto?
R.K. Il tempo, la capacità di ribaltarne il senso e di non farsi assoggettare alle sue regole, sembra essere la caratteristica principale del lavoro fotografico di Mimmo Jodice, che rifiuta le regole della realizzazione fotografica e del consumo rapido di immagini, con il cronometro dell’immediatezza in mano. Jodice cerca, per sé e per le sue visioni, un tempo lungo che è quello della comprensione, della sintonia profonda con ciò che ha davanti. Il suo è anche il tempo lungo della camera oscura in cui, di nuovo, è a contatto diretto con le sue immagini e le sue visioni, per creare, alla fine, opere che ci appaiono come reperti di un “mondo altro”, tracce di un universo magnifico, poetico e straniante che potremmo definire “senza tempo”. Da qui il titolo della mostra Mimmo Jodice. Senza Tempo.
La mostra include anche uno specifico omaggio a Michelangelo. Qual è il collegamento tra l’opera di suo padre e quella michelangiolesca?
B.J. L’amore profondo di mio padre per la scultura è un amore antico, nato quando percorreva, ancora ragazzo, le ampie sale del Museo Archeologico di Napoli. È un rapporto quasi fisico, come se attraverso l’immagine e la luce potesse accarezzare le sculture e toccare l’intimità della loro natura infinita. I primi lavori – iniziati con il progetto Mediterraneo, dove la ritrattistica scultorea diventava un dispositivo pretestuoso per “rianimare” i volti del nostro passato – si sono nel tempo evoluti conducendo alle ricerche sui gruppi scultorei di Michelangelo e di Canova. Nel profondo e corposo lavoro svolto da mio padre su Michelangelo è evidente l’interesse non tanto per la perfezione tecnica dell’artista, quanto per la sua capacità di liberare dal marmo figure spirituali, vive, carnali, le cui fattezze e movenze tradiscono la pietra per dare vita a corpi, a gesti e a emozioni tanto umane quanto escatologiche ed eternizzanti.
Il senso di appartenenza a Napoli, alla sua cultura e al suo paesaggio, è un elemento importante per suo padre. Su tutte le sue opere, le vedute della città prodotte negli anni Ottanta, ed esposte in mostra, ne sono un chiaro esempio. Come Napoli ha influenzato lo stile di Mimmo Jodice?
B.J. Mio padre ha scelto di formarsi come artista e come persona a Napoli. Una decisione difficile ma imprescindibile per lo sviluppo della sua poetica. Ma la Napoli che Mimmo Jodice porta dentro di sé non è il luogo oleografico e convenzionale spesso associato alla città. Come scrive Stefano Boeri nel testo Rabdomanzia visiva nel catalogo Città visibili: “…Napoli, …una città che Mimmo Jodice conosce così a fondo da averla oramai interiorizzata. …Ogni grande fotografo porta con sé una sua città, che si dipana dall’altra parte dei suoi occhi e che accompagna come modello, come misura, come nostalgia, ogni sguardo sulle infinite città di pietra che l’obiettivo incornicia”. Così, dalle Vedute di Napoli del 1980 fino ai progetti dedicati alle grandi città del mondo, la sua ricerca, senza soluzione di continuità, ha restituito una lettura vivida e intensa delle metropoli contemporanee. Mimmo Jodice ci accompagna con mente ferma attraverso questi paesaggi urbani sempre per sottrazione, dove il silenzio ed il vuoto si manifestano come presenza, dove il respiro della quotidianità si fa sentire senza essere percepito.
In mostra anche il documentario di Mario Martone Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Jodice. Come è nata l’idea del documentario?
B.J. L’amicizia tra Mario Martone e mio padre è di lunga data. È nata dalla condivisione delle vicende artistiche, politiche e culturali della scena napoletana degli anni Settanta, sempre in fermento e brulicante di persone geniali e fuori dall’ordinario. Credo che questo humus li abbia forgiati artisticamente e che abbia anche contribuito a saldare l’amicizia e la solidarietà intellettuale di molti napoletani eccellenti. Il lavoro per la produzione del documentario su mio padre è iniziato proprio in studio da noi, in uno dei loro incontri abituali fatti di lunghe conversazioni, mentre si aggiravano insieme fra gli archivi, ripercorrendo storie ed incontri con amici ed artisti che sono stati stimolo per le carriere di entrambi. Da parte di nessuno dei due c’era, a monte, una finalità lavorativa, ma solo la voglia di stare insieme, legati da un grande affetto; lo stesso valeva per Luciano Stella, il produttore del documentario.
Come avete progettato la mostra, scelto le sezioni, le immagini?
R.K. Il lavoro di Mimmo Jodice testimonia un impegno e una continuità incredibile. In virtù di questo grande corpus di immagini che è l’intera opera di Jodice, non era possibile mostrare tutto in un’esposizione di ottanta immagini, perciò abbiamo lavorato cercando di mettere insieme una selezione delle sue fotografie più belle, più rappresentative. Il ventaglio temporale che abbracciano inizia dai suoi primi lavori di ricerca che denotano la sua volontà di continui “azzardi” e sperimentazioni artistiche, concettualismi che lo hanno accompagnato durante tutta la sua carriera; e termina con le ultime immagini che sottolineano come il mare possa essere, nella sua ampiezza e magnitudine, un concetto essenziale della ricerca artistica del maestro.
L’archivio di Mimmo Jodice riserva ancora degli inediti o dei suoi lavori è stato ormai storicizzato tutto?
B.J. Negli ultimi anni mio padre ha concentrato il suo lavoro proprio sull’archivio e su progetti e lavori inediti che in passato, a volte per mancanza di tempo, aveva per così dire “sospeso”. In questi ultimi anni abbiamo dedicato molta attenzione al recupero di questi progetti e all’archivio documentale, lavoro importante per la memoria e la storia di un artista. Al momento l’attività che stiamo portando a termine è la catalogazione, sistemazione e conservazione di tutti i lavori vintage, per noi importantissimi. È necessario ricordare che mio padre ha sempre stampato personalmente i suoi lavori nella camera oscura.
Ci può dare qualche anticipazione sulla progettualità relativa ai lavori ancora inediti?
B.J. Mio padre sta lavorando a progetti che richiamano sempre il tema del vuoto e dell’assenza, tematica ampiamente affrontata ed esposta all’interno dell’antologica, Attesa/Waiting for, con cui il Museo Madre di Napoli l’ha omaggiato nel 2016. Nell’arco della sua maturità artistica, infatti, per Mimmo Jodice, lo spazio ed il tempo sono diventati una costante della sua ricerca visionaria, luogo in cui le sue incertezze, desideri, dubbi e speranze si incontrano in un silenzio totalizzante.
Lei è curatore della mostra, ma in passato è stato anche editore di Mimmo Jodice con la casa editrice Contrasto. Ci può raccontare il vostro rapporto?
R.K. Il rapporto tra me e Mimmo Jodice dura da oltre trent’anni e incontrarlo, parlarci, confrontarsi con lui, continua a essere un’esperienza bellissima, come all’inizio, perché la sua capacità di ascolto e divulgazione è del tutto speciale. Mimmo è un fotografo che, da quando ha avuto modo di esporre progressivamente la sua poetica, è stato considerato da tutti – a Napoli, in Italia, ma anche all’estero – un riferimento assoluto della potenza rivelatrice della fotografia. Per questo motivo, poter lavorare con lui è un grande privilegio.
Mimmo Jodice. Senza Tempo
- A cura di Roberto Koch
- Villa Bardini, Costa San Giorgio 2 - Firenze
- dal 23 marzo al 14 luglio 2024
- mar-dom 10-19.30. Lunedì chiuso
- intero 10 euro, ridotto 5 euro
- villabardini.it
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